Ne avevamo già accennato anche su questo sito  un paio di settimane fa, nel registrare la quantità di manifestazioni che il 24 febbraio, anniversario dell’inizio del conflitto russo-ucraino, si erano verificate non solo in Italia (ben 120 città!), non solo a Londra, Berlino, Monaco, Parigi, Barcellona… ma persino oltre-Atlantico, negli Stati Uniti! E battendoci sul tempo, perché già il 19 febbraio a Washington DC c’era stata quella bella, colorata e quanto mai trasversale mobilitazione, per ribadire la Rabbia contro la Macchina della Guerra (questo il titolo del partecipatissimo rally)

E nella stessa spianata di fronte alla Casa Bianca, ecco annunciato da giorni sui più diversi siti questo nuovo appuntamento del 18 marzo, con parole d’ordine e contenuti ancor più radicali, per il ventennale dell’invasione dell’Iraq che le oceaniche proteste in ogni parte del mondo non riuscirono a impedire. Una data che per i movimenti anti-war americani significa moltissimo, non solo perché segna l’inizio di quella Guerra Infinita che ha visto gli Stati Uniti costantemente orientati al più guerrafondaio interventismo contro il ‘nemico di turno’ (e noi con loro), ma perché rappresenta come meglio non si potrebbe la vittoria della manipolazione mediatica sulla ragionevolezza e i più elementari fondamenti di democrazia, il trionfo della menzogna sulla verità. L’orchestrato strapotere di una élite poltico/finanziaria/militare, come ha espressivamente sottolineato Chris Hedges nel suo discorso alla manifestazione Rage against the Wat Machine del 19 febbraio scorso, che neppure il governo di Obama ha osato sfidare e che quello di Joe Biden interpreta al meglio.

Ed eccoci ormai arrivati al count down, con il 18 marzo che è proprio questione di ore. Le notizie che ci arrivano dalle organizzazioni promotrici non potrebbero essere più entusiasmanti, a cominciare da quello slogan che rimbalza di sito in sito e sui vari socialsNO alla Guerra Infinita, Invece della NATO finanziamo i bisogni della gente. Finalmente un messaggio bello chiaro e ancor meglio se ci arriva dal cuore dell’Impero.

Ma quali e quante sono le organizzazioni che hanno aderito a questa straordinaria kermesse di pace? Dall’Associazione dei Veterani per la Pace a quella dei Neri per la Pace, dalla molto professionale World BEYOND War a Pax Christi USA, dai Progressive Democrats of America al Comitato in difesa di Leonard Peltier, solo per citare alcune sigle della lunga lista che conta ormai centinaia di adesioni, alcune delle quali pervenute anche da ‘fuori US’. Per esempio dalla Germania, dalla Palestina, Haiti, Hawai, e anche dall’Italia, come giustamente ha fatto il Comitato NoMuos/NoSigonella. Ed ecco qui sotto il link, per chi volesse far pervenire la sua adesione, sia come organizzazione che individualmente:

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSf-F9E-jwUOV5BlQu-dP6YwHPTLG5GKiRwv_Yhpolt4nsvG9g/viewform

Inutile dire che per raggiungere Washington il 18 marzo in tempo per l’inizio del rally alle ore 13 (che per noi in Italia saranno le 18) si stanno organizzando da giorni vari autobus da ogni parte degli States, oltre alle mobilitazioni ‘sorelle’ che si svolgeranno in contemporanea a Los Angeles, Fresno, San Francisco, San Diego, Chicago, Springfield, Milwaukee, Detroit, Racine, persino New Mexico ad Albuquerque. E proprio mentre chiudiamo queste note ecco che arriva un primo elenco di speakers che si avvicenderanno sul palco: Noam Chomsky che non ha bisogno di presentazioni, Jaqueline Lukman (Black Alliance for Peace), il nativo Mie Inouye (Oahu Water Protectors), Gabriel Shipton (fratello di Julian Assange), ovviamente Medea Benjamin (Code Pink Org), Hermela Aregawl e molti altri, rappresentanti delle tante situazione dal basso, comunità di artisti, situazioni di fair trade ecc che anche in America si impegnano per il cambiamento: sinceri applausi agli organizzatori!
Che sono essenzialmente i primi tre della lunga lista, e cioè:

  • Answer Coalition, fondata subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, di orientamento socialista, con sede a Washington e affiliazioni in numerose altre città;
  • Code Pink, formidabile associazione di donne eco-pacifiste, inaugurata nel 2002 quando era chiaro che subito dopo l’Afghanistan la Guerra al Terrore si sarebbe allargata all’Iraq;
  • The People’s Forum, con sede a New York in forma di libreria, caffè, spazio eventi, qualcosa tra il Centro Culturale e quello che in Italia sarebbe un Centro Sociale, con un fitto calendario di eventi anche online e un raggio di aggregazione ben oltre NY City.

E insomma veniamo a scoprire una realtà talmente sfaccettata e straordinaria, che meriterebbe ben più di questo rapido elenco e sintetico profilo: soprattutto le prime due organizzazioni citate non hanno mai smesso di attivarsi su tutti i possibile fronti della guerra, dei diritti fondamentali, dei soprusi contro le minoranze, delle crescenti diseguaglianze, della pace continuamente compromessa dagli interessi economici, dentro e fuori i confini degli Stati Uniti. Non hanno mai smesso di attivarsi, anche prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino, contro quella guerra che si combatte non solo con le armi ma a colpi di sanzioni,  che gli Stati Uniti infliggono a ben 40 Paesi. “Anche in seguito ai peggiori disastri, come il recente e mortale terremoto” recita il comunicato di Answer Coalition “Washington mantiene le sue crudeli sanzioni in Siria”.

E in particolare sul fronte dell’embargo inflitto alla popolazione cubana dal 1959 ad oggi, si è molto attivata Medea Benjamin insieme alle compagne di Code Pink di cui è la rappresentante indubbiamente più famosa per la quantità di saggi pubblicati, oltre che per l’audacia di quasi tutte le azioni di cui è stata protagonista, nel corso della pluridecennale ‘carriera’ di instancabile attivista.

Senz’altro dovremo ritornare su questo movimento pacifista americano, così ricco di storie e di protagonisti e di episodi, che non abbiamo seguito con l’attenzione che avrebbero meritato – al punto da ritenerlo improvvisamente rinato, quando non aveva mai smesso di manifestarsi in tutti i possibili modi.

Nell’attesa di proseguire in questa esplorazione, ecco spuntare dagli archivi di Pressenza questa bella  intervista, decisamente da rivedere, che Anna Polo e Dario Lo Scalzo fecero proprio a Medea Benjamin durante il Congresso mondiale dell’ International Peace Bureau tenutosi a Berlino dal 30 settembre al 2 ottobre 2016.