mercoledì 29 marzo 2023

FRANCIA, LE CASSE DI SOLIDARIETÀ AGLI SCIOPERANTI

   UN FATTO POLITICO TOTALE DI UNA LOTTA DI CLASSE GLOBALE -Turi Palidda-

La partecipazione alle casse di solidarietà, in Francia, sono una rivendicazione di appartenere allo stesso campo sociale degli scioperanti e diventano un fatto politico totale di una lotta di classe globale

Anche il giornale di destra Le Figaro scrive

La cassa di solidarietà agli scioperi dei sindacati oltrepassa già 2,5 milioni di euro”. Come dice Romain Altmann, della CGT: “Dopo il decreto del governo per imporre la riforma assistiamo a un’esplosione dei doni e a un valanga di solidarietà». La colletta è stata lanciata il 10 gennaio ma ha avuto un enorme incremento nelle due ultime settimane e oltre 405.000 euro in 24 ore, con 5010 doni in vista della mobilitazione di domani 23. Ci sono stati anche donazioni importanti fra cui una di 30.000 euro. Ecco il sito della cassa di solidarietà agli scioperanti: https://caisse-solidarite.fr. Ma ci sono anche tante piccole casse di solidarietà a livello locale o di categoria (lavoratori delle ferrovie, panifici, operatori ecologici (spazzini) ecc. Molti sono i lavoratori che non possono smettere di lavorare e contribuiscono alla lotta con donazioni alle casse di solidarietà. Giovedi scorso si è avuto un dono record di 100.000 euro. La France insoumise (il partito di mélenchon) ha una sua cassa dal 2022 e ha già raccolto 735 143 euro.

Segue un estratto dall’articolo: Caisses de grève, deux siècles de solidarité di Gabriel Rosenmanhttps://theconversation.com/caisses-de-greve-deux-siecles-de-solidarite-129764

Le prime casse di sciopero risalgono alle società di mutuo soccorso sorte negli anni ‘30 dell’Ottocento: in un contesto segnato dall’assenza di protezione sociale, queste prime organizzazioni di lavoratori miravano a mettere in comune le risorse per garantire ai propri iscritti un’indennità in caso di malattia , disoccupazione… o sciopero. È il caso, ad esempio, della “Société du Devoir Mutuel”: fondata dai capi delle botteghe dei tessitori lionesi nell’ambito della loro lotta per una tariffa minima garantita, prevedeva esplicitamente il pagamento di aiuti finanziari ai suoi membri in caso di cessazione del lavoro. I suoi leader giocheranno anche un ruolo importante durante le rivolte di Canuts del 1831 e del 1834 (i lavoratori dell’industria della seta).

 Furono queste prime irruzioni della classe operaia sulla scena politica francese. Dai “Tre gloriosi proletari” del novembre 1831 alla “settimana di sangue” dell’aprile 1834, i due moti dei canuts di Lione sono passati alla storia come le prime lotte operaie. “Il 1848 non ha inventato nulla”, ha scritto lo storico Daniel Halévy. Il 1830, invece – e i tre anni che seguirono – segnarono la vera crisi, l’invenzione delle idee, l’iniziativa dei movimenti. Così si formarono a Parigi nei cenacoli e nei circoli il sansimonismo, il fourierismo e il blanquismo; e il sindacalismo pianta la sua bandiera nera sulla collina della Croix-Rousse. » vedi il libro di Fernand Rude.

Ma, dopo la stretta sorveglianza del mutualismo da parte di Napoleone III (1852), queste società si ritirarono dal sostenere gli scioperanti e cedettero gradualmente il posto alle prime camere del lavoro. Organizzando principalmente lavoratori specializzati, come tipografi, questi ultimi subordinavano la solidarietà con gli scioperanti a un principio di reciprocità: durante gli scioperi il denaro si presta reciprocamente tra sindacati, a condizione che venga restituito o prestato a sua volta ad un altro sindacato o associazione. Dopo la legalizzazione dei sindacati (1884), il movimento sindacale assunse una forte struttura, istituendo anche un “Fondo nazionale di sciopero e resistenza” (1893), la cui idea fu poi ripresa dalla giovane CGT.

 Un cambio di scala

Alla fine dell’Ottocento la morfologia degli scioperi subì una profonda trasformazione. Gli scioperi non solo sono più numerosi e massicci, ma coinvolgono anche lavoratori poco qualificati e poco sindacalizzati. Tra il 1876 e il 1902, invece, i sindacati crebbero da 30.000 a 100.000 iscritti. Ma le esigenze di finanziamento stanno rapidamente superando le magre finanze sindacali. Ecco perché la pratica della sottoscrizione si diffuse allora nella stampa operaia e socialista, nonostante una certa riluttanza ad adottare questo metodo, che era emerso dalla filantropia borghese. La richiesta di donazioni rischia infatti di intrappolare gli scioperanti in una posizione di inferiorità (“la mano che dà è sempre sopra la mano che riceve”). E rischia anche di mischiare il denaro della solidarietà operaia con quello della beneficenza borghese, infrangendo così l’imperativo dell’“autonomia operaia”. Tra i giornali operai che hanno aperto gli abbonamenti si segnala in particolare il Grido del Popolo (Le Cri du peuple), fondato da Jules Vallès nel 1871.



Anche la pratica della solidarietà finanziaria con gli scioperanti cambia sotto l’effetto dei progressi tecnologici: la sua portata geografica si estende notevolmente grazie allo sviluppo del telegrafo e dei bonifici bancari. I primi decenni del Novecento sono stati poi caratterizzati da un forte aumento della durata media degli scioperi – che ha raggiunto punte comprese tra i 15 e i 34 giorni – e ha spinto molti sindacati a istituire casse di sciopero permanenti, cioè registrate negli statuti e integrate nel tesseramento. Questo periodo è anche quello delle “zuppe comuniste”: sindacati e comuni socialisti moltiplicano questi pasti collettivi, che permettono di sostenere sia materialmente che moralmente gli scioperanti.

 Questo graduale sviluppo di pratiche di solidarietà con gli scioperanti conobbe poi una brutale interruzione con lo scoppio della seconda guerra mondiale.


Zuppe comuniste a Gouraincourt (Meurthe-et-Moselle) durante gli scioperi nella zona mineraria di Longwy nel 1905. Louis MOREAU/Grand Est Region


Tra eclissi e istituzionalizzazione

Nella Francia del dopoguerra, i sindacati divennero organizzazioni di massa riconosciute, integrate e dotate di risorse adeguate. Lo sciopero non solo acquista lo status di legge costituzionale, ma ne cambia anche la morfologia, con la forte riduzione della sua durata media – compresa tra uno e due giorni – e il moltiplicarsi delle giornate di massiccia azione interprofessionale. Ecco perché la pratica delle casse di sciopero, che corrisponde piuttosto a lunghi scioperi, è riaffiorata solo in poche occasioni, come durante gli scioperi dei minatori del 1948 e del 1963. Questo periodo è stato caratterizzato da due processi contraddittori: da un lato, la scomparsa virtuale delle casse di sciopero presso la CGT – il sostegno agli scioperanti viene parzialmente delegato ad altre organizzazioni, come il Secours populaire o i municipi comunisti – e, d’altra parte, la loro graduale istituzionalizzazione presso la CFTC poi alla CFDT – con la creazione di diversi fondi permanenti, a livello federale o regionale, e loro successive fusioni.

Gli anni ’70 hanno dato luogo a una temporanea ripresa delle casse di sciopero e delle pratiche di solidarietà finanziaria: i lunghi scioperi del Joint francese (1972), del LIP (1973) o del Parisien Libéré (1975) ne sono esempi emblematici.

Ma dall’inizio degli anni ’80, il movimento operaio si è ritirato. Tra il 1977 e il 1988, la CGT e la CFDT hanno perso la metà dei loro membri e il numero annuale di giorni di sciopero è stato quasi diviso per dieci. Questo indebolimento si riflette anche in una lunga eclissi dei fondi di sciopero, appena interrotta da un lampo di solidarietà con i ferrovieri durante lo sciopero del novembre-dicembre 1995.

Nel 1976, gli scioperanti del quotidiano Le Parisien Libéré lanciano centinaia di giornali nelle strade di Parigi, qui il 21 febbraio. AFP

Un ritorno digitale

Si è dovuto attendere la fine degli anni 2000 per assistere a un duraturo ritorno alle casse di sciopero. Nel 2007 gli operai della fabbrica PSA di Aulnay-sous-Bois hanno aggiornato questa modalità di azione, poi imitata da una serie di lunghi scioperi in vari settori: gli impiegati delle poste di Hauts-de-Seine nei loro numerosi scioperi dipartimentali dal 2009, la raffineria Grandpuits dal 2010, le cameriere di vari alberghi e palazzi dal 2012, le addette alle pulizie di Onet nel 2017, ancora i ferrovieri dal 2018.

Anche in questo caso i cambiamenti tecnologici giocano un ruolo importante, poiché la stragrande maggioranza dei fondi recenti assume la forma di pentole online: facili da creare, consentono, grazie ai social network, di raggiungere un pubblico più ampio rispetto alle tradizionali raccolte al picchetto di sciopero.

Ma il ritorno dei fondi di sciopero si spiega anche con un inasprimento delle condizioni per l’esercizio dello sciopero.

Da un lato, la necessità di sostegno finanziario è in aumento perché alcuni conflitti tendono ad allungarsi nel tempo, sia per l’atteggiamento di rigidità mostrato da datori di lavoro e governi da diversi anni, sia per il loro ricorso sistematico alla sostituzione degli scioperanti. Appare infatti la creazione di servizi dedicati come il Pool Fac presso la SNCF, piattaforme di tipo CTED presso La Poste 92, clausola di mobilità dei subappaltatori nel settore alberghiero e la pulizia…

D’altra parte, aumenta anche la disponibilità a sostenere gli scioperanti, poiché interi settori della forza lavoro incontrano notevoli ostacoli finanziari, statutari e gestionali allo sciopero e si rivolgono sempre più a una forma di delega. Incapaci di scioperare essi stessi, esprimono la loro insoddisfazione sostenendo finanziariamente i settori che lo fanno.

 Il 40% dei donatori guadagna più di 2.400 euro al mese.

Dare soldi per sostenere gli scioperanti appare ormai a migliaia di dipendenti l’unico gesto utile e possibile. La portata sociale della solidarietà finanziaria con gli scioperanti si è infatti notevolmente ampliata dai primi esperimenti di fondi di sciopero.

Mentre il 75% delle donazioni era di origine operaia tra il 1870 e il 1890, gli attuali donatori del fondo CGT InfoCom hanno un profilo sociale ben diverso: il 50% di loro è sindacalizzato e il 40% guadagna più di 2.400 euro al mese.

Piuttosto che vedere la partecipazione ai fondi di sciopero come una rinuncia alla pratica dello sciopero, dovrebbe essere vista come una rivendicazione di appartenere allo stesso campo sociale degli scioperanti.

Le casse di solidarietà agli scioperi diventano un fatto politico totale di una lotta di classe globale.


fonte:OsservatorioRepressione