martedì 31 gennaio 2023

ALLEANZA DELLA PIAZZA

- Antonio Minaldi CONTRO IL GOVERNO MELONI E IL TRIONFO DEL PRIVATO

 Il governo Meloni è ormai oltre l’agenda Draghi. La via che si percorre è certo la stessa: quella del trionfo del privato e delle più becere politiche neo liberiste, ma il processo sembra oggi subire una evidente accelerazione


E’ di questi giorni la notizia che il governo ha chiesto alla Conferenza delle Regioni un parere sulle assicurazioni sanitarie private, sulle quali pare voglia proporre uno specifico disegno di legge. Intanto il ministro dell’istruzione e (si badi bene) del merito Valditara non si ferma più! Prima ha proposto che la scuola pubblica sia finanziata dai privati, poi ha ipotizzato che gli insegnanti vengano pagati secondo il costo della vita dei loro luoghi di lavoro. (In pratica stipendi più alti al nord rispetto al sud, in una logica di perfetta distinzione tra il centro dell’impero e la periferia colonizzata, nella quale a minori servizi e minori opportunità si vuole ora aggiungere anche minori redditi, giusto per chiudere il cerchio!).

 

Quello che veramente bisogna capire, ed anche sottolineare con forza, è il fatto che le attuali tendenze e le relative proposte vanno molto oltre la semplice logica della privatizzazione dei servizi pubblici, che ha dominato la politica italiana negli ultimi trent’anni. 

 

Il cammino del neo liberismo ha iniziato la sua lunga marcia dentro le istituzioni e nella dialettica politica, già ai tempi dei cosiddetti “trenta gloriosi”, in pratica il trentennio che va dalla fine del secondo conflitto mondiale alla metà degli anni settanta, quando le politiche del compromesso keynesiano di sostegno (spesso anche abbastanza “timido”) ai servizi pubblici, soprattutto scuola e sanità, venivano bilanciate con la difesa dei diritti dei “privati” in un’ottica di parità (scuole paritarie, cliniche private ecc.), che si sostanziava spesso attraverso politiche fatte di specifici riconoscimenti normativi e di agevolazioni fiscali. 

 

Poi venne la grande tempesta degli anni novanta, quando a seguito della sconfitta storica dei movimenti di classe e popolari, e in nome del nuovo credo secondo il quale “privato è bello”, tutto il patrimonio pubblico è stato di fatto svenduto. Così è stato in tutta Europa, ma in Italia in particolare e con più convinzione. Ed anche col decisivo contributo degli ex comunisti del PCI, perché, lo diciamo qui per inciso, non c’è peggiore estremista di chi deve dimostrare il proprio pentimento. 

 

Oggi siamo alla terza fase: quella in cui una competizione tra il pubblico e il privato praticamente non esiste più, per il semplice motivo che tutto è ormai privato, anche ciò che risulta ancora essere di proprietà statale. Il pubblico, inteso nel suo senso originario e più proprio, di ciò che riguarda “l’interesse collettivo” è stato semplicemente cancellato. Ciò che ha reso possibile il misfatto è stata anche una ambiguità sempre esistita tra “pubblico e “statale”. I servizi pubblici, scuola e sanità in primis, sono stati gestiti da sempre dagli apparati statali, con l’esclusione delle istituzioni locali e soprattutto, e a maggior ragione, delle comunità di base che delle loro prestazioni erano i beneficiari. 

 

Nell’attuale apoteosi neo liberista, la proprietà statale, lungi dall’essere un valore “pubblico”,  viene gestita sul mercato, (peraltro spesso in maniera pessima anche da questo punto di vista) secondo principi di efficienza produttiva esattamente come qualsiasi altra azienda privata. Colossi industriali come ENI ed ENEL (giusto per fare un esempio) che sono ancora a maggioranza di proprietà statale, non agiscono certo nell’interesse del popolo utente, ma esclusivamente a profitto degli azionisti (di maggioranza e di minoranza). Non si spiegherebbe altrimenti  l’incredibile (apparente) paradosso di due aziende di fatto in mano pubblica che hanno sede fiscale, e pagano dunque le tasse, in Olanda! 

 

Altro esempio di presenza statale nel mercato è quella di Cassa Depositi e Prestiti, che pur vedendo nel ministero dell’Economia e delle Finanze il socio di maggioranza, agisce sul mercato finanziario come qualunque altra banca privata (ovviamente anche quando concede prestiti a istituzioni pubbliche). Per non parlare di Leonardo, anch’essa a maggioranza di capitali pubblici, che producendo armi, non ha neppure bisogno di rendere conto ad un ”popolo utente”, essendo i suoi interlocutori gli Stati, che più sono guerrafondai e portatori di morte, meglio è!

 

In sostanza nell’ottica neo liberista, lo Stato agisce in una doppia veste. La prima è quella classica marxiana del capitalista collettivo (nel senso di riprodurre i rapporti sociali esistenti). L’altra è quella (secondaria) che lo porta a volte ad agire come soggetto privato di mercato. 

 

Le cose però diventano più complesse rispetto a scuola e sanità, per varie ragioni. La prima è che, malgrado tutto, esiste ancora a livello popolare, una memoria diffusa del valore pubblico (nel senso di “bene comune”) che queste istituzioni avevano nelle vecchie politiche del welfare. Nel recente passato i nostri governanti hanno provato a invertire la rotta affermando una logica privatizzante attraverso processi di aziendalizzazione. Ma i risultati non sono evidentemente ancora soddisfacenti per gli estremisti del libero mercato. Ora il governo Meloni sembra disposto al passo decisivo: quello di attirare i capitali privati. Non è necessario che ospedali e scuole vengano ceduti dallo Stato. Quello che conta è che vengano trasformati in società per azioni,  nelle quali i rispettivi ministeri possono tranquillamente continuare ad essere gli azionisti di riferimento.                       

 

Ma come sia possibile mettere in pratica simili scelte è tutt’altro che semplice. L’investitore ha infatti bisogno di essere allettato con la prospettiva degli utili, se non certi almeno probabili, e a breve scadenza.  Al momento, specialmente il nostro sistema scolastico sembrerebbe avere bisogno di profonde e radicali trasformazioni per potere compiere il salto definitivo dentro l’agone del mercato. Una cosa tuttavia appare certa: se si lascia al governo il tempo d’agire una qualche catastrofica soluzione, state sicuri, la trova. 

 

L’unica vera possibilità di fermare i processi di privatizzazione e le martellanti narrazioni che li accompagnano, sta solo in una rinascita dei movimenti di massa, di lotta e di opposizione, che sappiano superare quella che sembra essere oggi una sorta di passiva rassegnazione. Bisogna ripartire dall’idea che la prospettiva neo liberista non è un inevitabile destino, e che una società basata sul valore dei beni comuni, per quanto difficile, è comunque possibile. Bisogna che le forze politiche che si posizionano a sinistra di un agonizzante Partito Democratico (da rottamare ma recuperandone tanti sinceri militanti), a cominciare da Unione Popolare e passando per la sinistra sindacale e il sindacalismo di base, fino a coinvolgere il movimento 5Stelle ridestandone l’anima popolare, si coalizzino in una sorta di “ALLEANZA DELLA PIAZZA”. (Invece di pensare, come spesso avviene, a difficili alleanze elettorali, che caso mai, del trovarsi a fianco nella lotta, possono essere la conseguenza e non la premessa).

 

Il cammino è difficile. Ma se anche solo una piccola e fioca luce si intravedesse alla fine del tunnel, sarebbe comunque nostro dovere percorrerla.