Felice Mometti
a proposito del recente
congresso dei
Democratic Socialists of America
Nel primo
weekend di agosto si è tenuta ad Atlanta la convention dei Democratic
Socialists of America (DSA). Per due motivi, si è trattato di un
appuntamento importante non solo per i DSA
– la più grande organizzazione della
sinistra americana da molti decenni a questa parte ‒
ma anche per gran parte di coloro che si collocano alla sinistra del partito Democratico. Il primo motivo era una verifica della tenuta politica di una formazione che in tre anni ha avuto una crescita esponenziale, passando da 5 mila a 56 mila iscritti. Il secondo riguardava la scelta di una forma organizzativa e le conseguenti come ambiti di coordinamento che come organismi politici decisionali
ma anche per gran parte di coloro che si collocano alla sinistra del partito Democratico. Il primo motivo era una verifica della tenuta politica di una formazione che in tre anni ha avuto una crescita esponenziale, passando da 5 mila a 56 mila iscritti. Il secondo riguardava la scelta di una forma organizzativa e le conseguenti come ambiti di coordinamento che come organismi politici decisionali
Nei tre scorsi anni di forte crescita dei DSA la geografia politica interna è mutata più volte. Correnti politiche ‒ caucus, secondo la definizione in vigore ‒ si sono formate, alleate e sciolte a seconda della discussione politica interna e delle proposte avanzate a livello locale e centrale. Alcune correnti hanno cambiato più volte nome pur rimanendo le stesse. Attualmente se ne possono individuare quattro di una certa consistenza, sempre però nell’ordine di alcune centinaia di aderenti. Il caucus di «Bread & Roses», politicamente il più strutturato, fa capo alla rivista «Jacobin» e propone un percorso strategico di una linearità politica a dir poco astratta. Prima si agisce nel partito Democratico come «partito nel partito» conquistando posizioni ed eletti nelle istituzioni e al tempo stesso ci si inserisce nelle strutture sindacali per democratizzarle. Una volta costituita una «massa critica» sufficiente si esce dal Partito Democratico per costruire il partito della classe operaia e Kautsky è il riferimento teorico esplicito di una possibile presa del potere necessariamente preceduta da una vittoria elettorale. «Build» è il «caucus non caucus». Una corrente politica che vede l’organizzazione dei DSA basata sull’azione dei caucus come il principale problema della proiezione politica esterna e del dibattito interno. Build ha una visione decentrata dell’attività sociale ed è contrario ad ambiti decisionali nazionali con troppo peso politico. Il caucus «Socialist Majority» è composto in gran parte da responsabili locali delle singole città e delle commissioni nazionali, vuole migliorare l’attuale assetto organizzativo del partito senza però stravolgerlo e non condivide la prospettiva di una rottura completa con il Partito Democratico. Il «Libertarian Socialist Caucus» raggruppa soprattutto iscritti di ispirazione anarchica e consiliarista. È contrario ad avere un Comitato Politico nazionale e propende per organismi nazionali solo amministrativi. Le strutture locali devono avere la massima autonomia politica, finanziaria e decisionale. Il panorama interno non si esaurisce con questi quattro caucus. Ce ne sono di altri più piccoli che in certe occasioni politiche e in alcuni dibattiti nazionali vengono «ospitati», il termine è proprio questo, nei caucus più grandi.
I tre giorni della convention sono stati occupati da
votazioni continue e dalle schermaglie procedurali tra i vari caucus che hanno
raggiunto vette surreali nelle sei ore di discussione sull’ordine del giorno
della convention. Tanto da sollevare critiche da parte di vari delegati per la
mancanza di analisi e discussione politica. Alla fine, sono state votate solo
la metà delle risoluzioni delegando al nuovo Comitato Politico nazionale il
compito di discutere le rimanenti. Ciò che emerge è una concezione della
politica come sommatoria di singoli temi disposti in un mosaico dai molteplici
colori. L’organizzazione politica, il partito se si vuole, non deve far altro
che contenerli stabilendo man mano un ordine gerarchico che il più delle volte
si rivela non rispondente ai processi di politicizzazione potenziali o in atto.
Si sono scontrate due visioni contrapposte di come dovrebbero
essere organizzati i DSA, dove nessuna delle due è prevalsa nettamente. Al
termine della convention rimanevano in sospeso molti interrogativi. Che cosa ci
unisce se non la lotta contro Trump e il sostegno ai vari conflitti sociali che
nascono? Ma questo è sufficiente per una sinistra che deve essere all’altezza
delle sfide che pone il capitalismo contemporaneo negli Stati Uniti? Le
risposte a queste domande saranno il futuro dei DSA.