domenica 7 aprile 2019

ZICCARDI, TECNOLOGIE PER IL POTERE


Come usare i social network in politica 
[da Lelio Demichelis]
Ovvero: 
come i social ci usano 
per la peggiore politica

“Occorre chiedersi se la democrazia esista ancora o non si viva già nell’età della post-democrazia che assume il volto del populismo, della smobilitazione e dell’infantilizzazione delle masse, dell’autocrazia elettiva, del conformismo, della degradazione della verità a semplice opinione e dell’inaridimento della facoltà di giudicare” (Remo Bodei)
Tecnologie per il potere. Pregevole analisi dei modi con cui la politica usa le tecnologie e di come la tecnologia produce quella post-politica che le serve, aggiungiamo, per la propria riproducibilità tecnica. Il sottotitolo del volume è: Come usare i social network in politica, noi avremmo preferito: Come i social ci usano per la peggiore politica. Riassumeva forse meglio ciò che ci è rimasto dopo la lettura del saggio di Ziccardi - che si aggiunge ad altre sue riflessioni sulla rete, come Internet, controllo e libertà (2015) e L’odio on line (2016), anche questi editi da Cortina Editore. Un saggio che dà coerenza a tutte le nuove tecniche che vengono usate dal potere per il proprio potere, illustrandone il funzionamento persuasivo/pervasivo/manipolativo; ma che si offre soprattutto come un manuale per una possibile resistenza/autodifesa digitale - riprendendo una definizione ancora del Gruppo Ippolita.
Ziccardi parte ovviamente dal riconoscimento “dell’importanza centrale che ha assunto l’algoritmo in politica e del ruolo indispensabile che rivestono le analisi dei big data, le attività di profilazione e il trattamento automatizzato di enormi quantitativi di informazioni”. Per fini commerciali e per fini politici, dove “la capacità che ha un uso scorretto delle tecnologie di alterare equilibri elettorali e democratici è provata”, ma sembra che nessuno riesca o voglia davvero impedire questo uso scorretto; anche perché la velocità con cui si propaga sembra decisamente maggiore della capacità e della volontà del demos di riappropriarsi della propria sovranità, forse perché illuso che davvero con la tecnica uno vale uno, senza vedere che questa è solo apparenza o l’ombra sulla parete della caverna platonica del sistema.
Ziccardi è esaustivo. Parte dalla California degli anni ’70 per arrivare al big data, alla politica sullo smartphone, alle app, alle piattaforme e ai bot, alla fast politics, alla predictive analytics e alla psicopolitica digitale, passando per trollecho chambersfake news e compulsività dei tweet - che replicano oggi le vecchie tecniche di manipolazione pubblicitaria via parole/concetti-chiave ripetuti infinite volte, immergendoci “in una campagna elettorale permanente”. Soprattutto, la democrazia viene appaltata a società private a cui nulla importa della democrazia e della libertà (supra). Ne consegue - ma non può non conseguirne - che l’attenzione ai diritti auspicata a suo tempo da Stefano Rodotà, “diventa sempre più complessa in un ambiente che sembra volere, in ogni momento, sfuggire alle regole, anche per volontà di politici/comunicatori/influencer che spesso, dato il potere mediatico che hanno in mano, si sentono al di sopra di tutto: leggi, Costituzione, magistratura, Europa, divisione dei poteri”.
Giovanni Ziccardi, Tecnologie per il potere.  Come usare i social network in politica, Cortina Editore, pp. 255, € 16,00

scheda tratta da Lelio Demichelis, Rete, social e post-democrazia, Alfadomenica # 1 – aprile 2019