A quarant’anni dal
“Caso 7 aprile” del ’79
riprendiamo qui la
trascrizione dell'intervista di
Emilio Vesce
a Luciano Ferrari Bravo
del 3 febbraio 1986
pubblicata ieri sull’ Archivio multimediale LFB sul processo al troncone padovano
“Caso 7 aprile” del ’79
riprendiamo qui la
trascrizione dell'intervista di
Emilio Vesce
a Luciano Ferrari Bravo
del 3 febbraio 1986
pubblicata ieri sull’ Archivio multimediale LFB sul processo al troncone padovano
Emilio Vesce: Il professor Luciano Ferrari Bravo: professore all’Università di Padova alla facoltà di Scienze Politiche, arrestato il 7 aprile 1979 insieme a Toni Negri, Dalmaviva, Scalzone e il sottoscritto Emilio Vesce, fu accusato di costituzione di banda armata, per aver militato in Potere Operaio e di insurrezione armata contro i poteri dello Stato. Assolto dall’accusa di insurrezione a Roma, fu condannato per costituzione di banda armata. Ferrari Bravo, come Vesce – cioè, il sottoscritto – Negri, e altri, rispondeva al processo padovano della detenzione, non morale, ma simbolica delle armi di una banda, il Fronte Comunista Combattente. La sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Padova di giovedì assolve Ferrari Bravo, Negri, Vesce e gli altri da questo reato per non aver costituito il fatto. Questa sentenza, di cui si è discusso in questi giorni, è una cosa decisamente nuova. Luciano, tu cosa ne pensi?
Luciano Ferrari Bravo: Mah,
innanzitutto devo fare, come dire, mettere tra parentesi in qualche maniera la
reazione personale che è di grande gioia come si può immaginare, ma è anche una
reazione necessariamente intrisa di rammarico per tutte le traversie, gli anni
persi, per la galera… Perché alla luce di questa sentenza per la prima volta
emerge, e con effetti anche di sbigottimento per moltissimi a quanto vedo, che
poteva darsi – come in effetti era – che gli imputati, peraltro gli imputati di
spicco, fossero davvero semplicemente innocenti. E allora se uno ripensa dopo
molti anni e anni di questo genere a tutto quello che è accaduto è chiaro che è
difficile quasi essere felici, perché quasi prevale il rammarico, il dispiacere
per il tempo perduto, la sofferenza subita, e via dicendo… Occorre però
evidentemente, chiudendo la parentesi, superare questo tipo di reazione
istintiva e valutare la sentenza per quello che è, per il suo significato
giudiziario prima di tutto, e poi politico generale insomma. Cioè, effettivamente,
un punto di svolta insomma. Un turning
point per la vicenda ‘7 aprile ma anche con riflessi più
generali, come sempre è stato del resto in qualche modo nel caso di questa
nostra travagliata storia processuale insomma. È una sentenza che, insomma
voglio dire, due o tre anni fa sarebbe stata difficilmente concepibile nel
clima di allora. Oggi finalmente era concepibile ed è convenuta.
EV: Sì. Dalla lettura che faceva
il Presidente del dispositivo, eravamo lì a sentirlo, pare emergere appunto che
la valutazione che ha fatto la Corte delle testimonianze dei pentiti siano
state ricondotte al ruolo che il Codice le assegna, cioè di essere chiamate di
correità e anche chiamate “vestite”, come si dice in gergo, cioè con dei
riscontri oggettivi, poiché questi non ce ne sono stati l’assoluzione è stata
una conseguenza, mi pare. Ma io quello che volevo chiederti è: pensi che questo
ridimensionamento duro, drastico, del ruolo del pentitismo dentro i processi
penali abbia un grosso significato, sia, diciamo, derivato dalla grande
discussione che c’è nel paese su questo argomento e che, comunque, come può
incidere ulteriormente su questa discussione?
LFB: Mah, certo questo è
difficile da dire… Io non so se ho letto bene il dispositivo, l’ho proprio
scorso e l’ho sentito allora e l’ho scorso, e c’è addirittura qualcosa di più
di quello che dicevi, mi pare, se non mi sbaglio. C’è che addirittura per i
pentiti c’è stato in alcuni casi un aumento di pena rispetto a quanto chiesto
dal Pubblico Ministero…
EV: Sì è vero…
LFB: E forse questo è stato
l’unico caso in cui la Corte è stata più severa delle richieste. Il che mi
farebbe pensare che, in effetti… chissà, o forse i giurati popolari, gli stessi
giudici togati, hanno interpretato una reazione generale che in questi anni si
è mantenuta soprattutto nei confronti di questo tipo di testimonianze,
chiamiamole così. Quanto a sapere se questo significhi un primo segno della
fine dell’era del pentitismo, naturalmente questa è una questione più
complessa. Io in generale voglio dire: la questione grossa, secondo me è
questa, che la vicenda del ‘7 aprile, ma poi tutte le altre che sono seguite
sul piano delle cronache giudiziarie, del modo di funzionare della giustizia,
hanno cambiato in maniera, secondo me, in qualche modo irreversibile il modo di
funzionare della macchina giudiziaria, e forse non soltanto della macchina
giudiziaria. C’è stato un dislocamento di tipo, come dicono i sociologi,
“sistemico” di questi meccanismi. Ma “sistemico” significa poi, semplicemente
se vuoi, la complessità sociale va ridotta autoritativamente con delle scelte,
dei blitz, delle scelte che modificano il modo di funzionare di… in questo caso
della giustizia, forse il discorso si potrebbe allargare ad altri comparti
della macchina statale. La cosa importantissima che questa sentenza mostra è
che questo funzionamento sistemico nuovo, che pur c’è, e non è facilmente
reversibile, è però resistibile! Non è irresistibile l’ascesa di questo moderno
[ndr: 06.00 – non udibile, iuris?],
insomma…
EV: Sì, sì…
LFB: Si può vincere! Si può in alcuni
casi insistendo su funzioni di verità rompere questo tipo di macchina, riaprire
una dialettica, uno spazio di conflitto tra più verità – non c’è una sola
verità omologata e statale – ed è questa la cosa importantissima. Che poi i
pentiti d’incanto possano scomparire, o la logica o la cultura del pentitismo,
sulla base di una sola sentenza, mi guardo bene dal dirlo. Significherebbe
essere un po’ troppo ottimisti su come vanno le cose rispetto al funzionamento
della giustizia. Ma questa è una grossa indicazione che può essere ripresa per
riuscire a venire a capo di quello che questo tipo di figura presenta
come problema, non come
alternativa secca da accettare o da rifiutare, insomma. La Corte ha indicato
una strada che è quella appunto della verifica non nella forma un po’ spesso
puramente verbale, labiale, “vabbè si ma ci vogliono i riscontri”, ma proprio
di una verifica in senso più pieno, più serio insomma, laddove non ha creduto,
ha addirittura aumentato le pene ai pentiti e assolto gli imputati insomma.
EV: Sì. Luciano, tu vivi a Padova, e la città, dai titoli dei
giornali, io purtroppo sono partito la sera stessa della sentenza, non ho
potuto saggiare diciamo le reazioni della città… ma dai titoli dei giornali, in
particolare il Corriere della Sera devo dire, dà un’idea di questa città
divisa, spaccata su questa sentenza. Ecco, invece mi pareva che dalle stesse
dichiarazioni del sindaco Gottardo, che in fondo è il primo cittadino di
Padova, che non ci fosse questa spaccatura netta… Ecco, volevo sentire una tua
opinione in merito.
LFB: Ma guarda, è proprio un’opinione nel
senso letterale del termine…
EV: Sì…
LFB: Nel senso che non ho alcun genere di
elemento di riscontro, diciamo nessun modo per verificare l’opinione della città.
Da quello che vedo io e che percepisco, con le antenne piuttosto limitate che
posso… direi che non c’è assolutamente divisione. Ma era già un fatto in parte
avvenuto nel corso degli anni che questa fosse una questione pur presente ma
che volesse essere in parte superata, superata in avanti. Il problema è capire
come si va oltre questa
vicenda.
EV: Certo.
LFB: Che poi ci siano personaggi, se è
questa la cosa a cui ti riferisci…
EV: Beh volevo arrivare a questo…
LFB: Che tornano a ripetere le vecchie solfe…
vabbè, ma questo non significa una visione della città. Per quel che mi
riguarda personalmente sto meditando di querelare il professor Ventura perché
mi sembra indecente che dopo un processo di questo genere, durato un anno, con
una sentenza del genere, continui a dire “ma i capi sono stati assolti”. Ma se
è la sentenza stessa a dire che non c’erano, che non erano quelli i capi!
EV: Questo lo dice anche Violante devo dire, nella prima
dichiarazione che ha fatto.
LFB: Eh, vabbè, vedremo cosa fare. Ma voglio
dire, al di là della questione del singolo personaggio che è bloccato, diciamo,
inchiodato sui propri ruoli, direi invece che non vi è divisione per quel che
ne capisco, posso sbagliarmi naturalmente, sul fatto che vi sono state
sicuramente dei grossi errori nella gestione di tutta questa vicenda, che è si
tratta di rivederla, di andare avanti in un clima e in un contesto che è
necessariamente mutato insomma.
EV: E non può che essere mutato. Un’ultima domanda Luciano, e
naturalmente è chiaro che dopo questa sentenza il processo romano acquista un
altro significato da un altro punto di vista. Perché mi pare che una delle
novità fondamentali di questa sentenza sia quella che dichiara Potere Operaio,
su cui si basa la sentenza romana, non è una banda armata. Ecco, allora,
secondo te quali sono i passaggi possibili, quali possibili revisioni sono da
prendere in considerazione nell’appello romano?
LFB: Più che di passaggi per il momento
riesco solo a immaginare e a sperare ovviamente che in sede di appello del
processo romano si vorrà prendere atto del fatto che proprio nella sede nella
quale si è giudicato più da vicino, perché non dimentichiamoci mai il fatto che
lo stesso processo romano è nato a Padova ed è arrivato a Roma sulla base di
operazioni su cui varrebbe la pena – adesso non c’è spazio, non è il momento –
tornare… Dicevo, proprio nella sede nella quale c’era modo di verificare da
vicino si è arrivato al quel risultato che hai appunto ricordato, che
ricordavi. E dunque non si può che concludere, e augurarsi che anche a Roma in
sede di appello, si vorrà prendere atto di questo tipo di… Che farebbe, credo,
non dico crollare ma certamente radicalmente modificare il quadro del giudizio
di primo grado insomma, che è stato un giudizio… è certamente un’opinione
interessata la mia come la tua, ma credo anche in qualche maniera di
osservatori obiettivi, un giudizio fortemente determinato in maniera decisiva
da una logica puramente e semplicemente emergenzialista, insomma…
EV: Ho capito. Luciano, ti ringrazio…
LFB: Figurati.
EV: Spero di risentirti ancora a Radio Radicale per commentare
notizie così importanti e così felici per noi…
LFB: Va bene! Auguri a tutti!
EV: Ciao.
LFB: Ciao.
L’audio è disponibile sul sito di radioradicale