-
roberto ciccarelli-
\ casualizzazione del lavoro subordinato – trasformazione
del lavoro salariato in un patchwork di impieghi a termine,
intermittenti e aleatori
\ autonomizzazione dal lavoro salariato attraverso il lavoro autonomo, l’auto-impresa e la microimpresa \ mobilitazione permanente tra forme contrattuali parasubordinate, formazione permanente e partita-Iva
\ immersione nel lavoro nero, grigio, volontario e gratuito
\ autonomizzazione dal lavoro salariato attraverso il lavoro autonomo, l’auto-impresa e la microimpresa \ mobilitazione permanente tra forme contrattuali parasubordinate, formazione permanente e partita-Iva
\ immersione nel lavoro nero, grigio, volontario e gratuito
In un’economia basata sul sotto-salario, la prestazione e l’iper-precariato un reddito non basta mai. E nemmeno due o tre, dato che i compensi sono volatili e durano solo qualche mese. L’intermittenza non è una realtà marginale o di passaggio in una vita costellata da impieghi a tutto tondo che hanno un capo e una coda attraverso i quali l’essere umano ritrova una dignità. La prospettiva è rovesciata: nella ricerca di un reddito si esprime il senso di una cittadinanza attiva, la conquista di un lavoro qualsiasi è contabilizzata nelle statistiche, celebrata nei vertici economici internazionali. Se in quella emersa non trova le risorse sufficienti, il lavoratore è costretto a credere che qualsiasi mezzo è necessario per sopravvivere nell’economia sommersa.
Per trovare un lavoro si è anche disposti a pagare. Il salario è sostituito
dal pagamento a prestazionee dal lavoro a pagamento: il
lavoratore è costretto a lavorare gratuitamente per ottenere in cambio un
sussidio vincolato e calante. Può anche capitare di pagare per lavorarenel
caso in cui sia necessario frequentare un master per ottenere l’accesso a una
professione, ad esempio. In uno scenario di desalarizzazione del lavoro il
rapporto di lavoro è ridotto alla sfera personale, intima e mentale
dell’individuo (domesticazione). Sulle spalle dell’individuo è scaricato
il peso della sua condizione: la precarietà è una colpa, non è il prodotto di
un sistema.
Ci siamo trasformati in progetti umani alla ricerca di
credito finanziario e morale, non siamo più solo negozianti di forza lavoro.
Dalla lettera di motivazione a un datore di lavoro al pitch dell’imprenditore
commerciale o culturale, dalle garanzie sul rimborso presentate da chi chiede
un credito ipotecario al bilancio che uno Stato espone ai detentori del debito
pubblico, i soggetti in formazione continua non sono considerati solo
produttori di merci, ma portatori di iniziative che aspirano ad essere
giudicati degni di un investimento, un finanziamento, un sussidio. I rapporti
di lavoro sono gestiti in base a una morale che distingue chi vale da chi non
vale, chi ha successo da chi non ha successo. Questo processo non va inteso
solo come l’effetto della derelizione della norma giuslavoristica del contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato o del generale smottamento dei
confini giuridici tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Siamo protagonisti
di un processo di trasformazione dell’essere umano a cui è chiesto di
autogestire una frenetica accumulazione seriale di occupazioni, contratti,
attività più o meno retribuite.
L’evoluzione di questo discorso prevede il lavoro volontario per lo Stato.
Al precario non toccherà solo frequentare corsi fantasma, recarsi più volte al
mese ai colloqui nei centri per l’impiego o nelle agenzie interinali, essere
sottoposto a interviste per dimostrare i suoi avanzamenti: dovrà anche lavorare
senza compenso per otto ore alla settimana per la durata del sussidio. [...]
estratto da Capitale disumano. La vita in alternanza scuola lavoro - Manifestolibri