-collettivo euronomade-
ELEMENTI PER UNA DISCUSSIONE
[...] L’impero non c’è sul livello politico
mentre c’è e si è approfondita la mondializzazione dei mercati e dei movimenti
del sapere e dell’umanità. La tendenza alla costituzione di blocchi continentali,
in queste condizioni, si irrigidisce, da una parte aprendo fronti di potenziale
conflitto in molte aree (dal “Grande Medio Oriente” alla penisola coreana),
dall’altra parte esasperando nazionalismo e autoritarismo e determinando
l’emergere di mutevoli combinazioni tra questi ultimi e un neoliberalismo che
assume caratteri sempre più marcatamente disciplinari. La rottura di queste
combinazioni tra nazionalismo, autoritarismo e neoliberalismo è il problema
all’ordine del giorno oggi in molte parti del mondo, in Russia come negli Stati
Uniti, in Cina come in America Latina.
L’Europa deve costituirsi su
questo terreno, su un terreno di rottura. L’Europa va disfatta nella sua
figura di vecchio attore della «guerra fredda», di strumento americano di
divisione e di provocazione – va ricostruita come autonomo attore globale,
sulla base di una trama di cooperazione, di lotte e di contropoteri che le
consenta di operare contro la guerra e per la costruzione di un ordine mondiale
finalmente libero dall’eredità del colonialismo e da ogni forma di
imperialismo. L’Europa va tolta al neoliberalismo del mercato atlantico, va
liberata dalle forme risorgenti di nazionalismo e autoritarismo, e va
sviluppata nell’assetto globale che ormai molti poteri continentali configurano
ed agiscono. Qui, come altrove, è dunque necessaria una rottura, e dobbiamo
scommettere sul fatto che l’attuale ricomposizione degli assetti istituzionali
europei non sia in grado di contenere e disciplinare i movimenti, le
rivendicazioni, le forme stesse di vita e cooperazione dei soggetti sfruttati.
Una nuova stagione di
insubordinazione, a cui alludono già oggi in particolare le lotte
delle donne e dei migranti, è la condizione necessaria per immaginare e
costruire la nuova Europa di cui abbiamo bisogno. E questa nuova Europa potrà
operare efficacemente come attore globale soltanto nella misura in cui saprà
dotarsi di un programma sociale e politico all’altezza delle sfide poste dal
capitalismo contemporaneo.
È certo
un compito che può apparire arduo nelle condizioni attuali. Rappresenta per noi
un orizzonte al cui interno collocare le più minute lotte quotidiane, progetti
politici che incidono su scala municipale, regionale o nazionale, e soprattutto
la formazione di una nuova generazione di militanti. Il fronte che su questo
programma può essere costruito, è in ogni caso largo. Esso si apre a tutte le
forze che non ne possono più di un’Europa che è diventata il sostegno
essenziale dei dispositivi estrattivi del capitale finanziario e di corrotte
élites nazionali aggrappate al principio di sovranità. Per coloro che hanno
immaginato un’Europa senza guerre, era il principio della sovranità nazionale
che andava distrutto. A questo feticcio lasciato indenne da ogni trasformazione
unitaria dell’Europa, agito come frontiera contro ogni diritto alla mobilità e
alla fuga dalla miseria, dalla guerra e dall’oppressione, l’Unione Europea,
così come è fatta, presta il suo sostegno. E al feticcio del confine, raffigurato nella sovranità
nazionale, accompagna l’altro
feticcio: quello della proprietà privata
e del suo assoluto dominio. Confine nazionale e confine proprietario,
indissolubilmente uniti, sono le trame di una sovranità neoliberale, costruita,
mantenuta e trasfigurata dall’Unione, che li vuole indistruttibili. E che
invece han dimostrato, in queste figure, di non poter essere altro che – a
livello interno –produttrici di miseria per i proletari e per lo stesso ceto
medio; a livello internazionale, succubi del dominio imperiale ed incapaci di
trasmettere i valori dell’esperienza civile e delle lotte sociali delle
moltitudini europee. L’Unione Europea è, in particolare, blocco che oggi
soprattutto si oppone alle lotte delle popolazioni europee per istituire il
comune.
La parola
d’ordine di una repubblica globale
che si opponga alla monarchia imperiale va fatta risonare nella lotta interna
ai singoli paesi europei, sia per la loro ricostruzione repubblicana, sia per
una nuova radicale spinta costituente a livello dell’Europa intera. Ma in che
orribile mondo viviamo, se solo dei comunisti sono capaci di gridare il
generale disprezzo per questo liberalismo diventato dittatura a livello
europeo? Di questo liberalismo distruttivo di ogni forma di «benessere
istituzionale» per le popolazioni povere (ma sempre più lavoratrici)? E come è
possibile che da parte di chiassose minoranze – che pur si dicono socialiste –
si pensi che solo la rinascita di un modello di azione nazionale e sovrano
possa liberarci dal neoliberalismo? L’Europa era nata sostenuta da una forte
aspirazione federalista – ed è solo la ripresa di un federalismo non delle nazioni e neppure delle regioni,
ma delle metropoli e
dei distretti produttivi che può oggi costituire un contropotere effettivo ad
ogni revanchismo liberale e statuale, a livello nazionale come a livello
comunitario.
Attorno a
questi temi c’è molto da fare. Apriamo una discussione larga che attraversi i
movimenti e sappia organizzarsi nella società. Sì all’unità dell’Europa contro
le élites corrotte che la dirigono e contro le politiche neoliberali. Sì a
un’Europa che costruisca il comune contro lo sfruttamento e che sia ridisegnata
quotidianamente dalle lotte, dai desideri, e movimenti di tutti gli uomini e
tutte le donne che si battono contro il razzismo, il sessismo e la distruzione
dell’ambiente.