-tomaso montanari-
PER
RIPARTIRE [?] -ma perché sempre in funzione e nella prospettiva elettorale? Salta l’assemblea convocata
per oggi che vedeva fra i promotori l’Associazione “Democrazia ed Eguaglianza”. Le delusioni e le
prese d’atto di uno dei suoi protagonisti che confermano anche a livello nazionale la già consumata triste messa in scena
siciliana
L’assemblea
generale del percorso del Brancaccio convocata a Roma per oggi, 18 novembre, è annullata. Mi scuso
personalmente con tutti coloro che, non di rado con sacrificio, hanno già
acquistato il biglietto del treno o dell’aereo.
E
mi scuso con tutti i cittadini che sarebbero venuti a discutere la redazione
finale del progetto di Paese che è uscito dalle Cento Piazze per il Programma.
Il
fatto è che sono sparite una ad una, nelle ultime ore, le condizioni minime per
tenere un’assemblea democratica e per pensare che l’itinerario del Brancaccio
possa arrivare a raggiungere il suo scop
Ricordo
quale fosse il progetto del Brancaccio, nelle parole della relazione di
apertura che ho pronunciato nell’assemblea del 18 giugno: «Se fossimo convinti
che la forma partito è sufficiente, oggi non saremmo qua: non si tratta di
rifare una lista arcobaleno con una spruzzata di società civile. C’è forte
l’esigenza di qualcosa di nuovo, e di qualcosa di più grande. Lo diciamo con le
parole di Gustavo Zagrebelsky: è necessaria la “più vasta possibile unione che
sorga fuori dei confini dei partiti tradizionali tra persone che avvertano
l’urgenza del momento e non siano mosse da interessi, né tantomeno, da
risentimenti personali: come servizio nei confronti dei tanti sfiduciati nella
politica e nella democrazia”». Un’alleanza tra cittadini e partiti, dunque. Ma
oggi sento il dovere di denunciare pubblicamente che i vertici dei partiti
della Sinistra hanno deciso che, semplicemente, non vogliono questa unione più
vasta possibile. Non vogliono questa alleanza con chi sta fuori dal loro
controllo.
I
segretari di Mdp, Possibile e Sinistra italiana hanno scelto un leader. E
questo ha ‘risolto’ tutti i problemi: nella migliore tradizione messianica
italiana.
Poi
hanno lanciato un’assemblea, che si sta costruendo come una spartizione di
delegati tra partiti, con equilibri attentamente predeterminati. E per di più
un’assemblea che potrà decidere, sì e no, il nome e il simbolo della lista: ma
non certo la leadership (scelta a priori, dall’alto e dal dentro), non il
programma (collage di quelli dei partiti), non le liste (saldamente in mano
alle segreterie). Un teatro, che copre l’obiettivo reale: rieleggere la fetta
più grande possibile degli attuali gruppi parlamentari. Vorrei molto essere
smentito: ma ho fortissimi argomenti per credere che, quando saranno note le
liste, tutti potranno constatare che le cose stanno proprio così.
Certo
non me lo auguro, ma temo che questa inerziale riedizione nazionale della
coalizione che in Sicilia ha sostenuto Claudio Fava (per di più senza
Rifondazione Comunista) non avrà un enorme successo elettorale.
È
anche per questo che quella dei vertici di Mdp, Possibile e Sinistra italiana a
me pare una scelta drammaticamente miope. Non è nemmeno più questione di ‘alto
e basso’, o di ‘vecchio e nuovo’: la logica è quella per cui chi è ‘dentro’ il
sistema della politica professionale si chiude ermeticamente verso chi è
‘fuori’.
È
la logica del partito che garantisce se stesso. E il partito che è stato
lasciato fuori dall’accordo, Rifondazione Comunista, ha reagito in modo
identico. Dopo aver sostanzialmente preso in ostaggio l’assemblea provinciale
del Brancaccio a Torino, Rifondazione ha fatto capire di voler fare altrettanto
con quella del 18 a Roma: «prendiamoci il Brancaccio», si è letto sui social.
Non
ci sono, dunque, le condizioni minime di lealtà e serenità per garantirvi che
l’assemblea non si trasformi in un campo di battaglia tra iscritti a diversi
partiti.
In
quella assemblea avremmo voluto chiedere, pubblicamente e con forza, come
ultima possibilità di una unione più vasta fuori dai confini dei partiti,
l’adozione di un percorso veramente democratico (in cui fossero contendibili la
leadership, il programma, i criteri di innovazione per le liste): quel percorso
dettagliato che avevamo mandato ai responsabili di Mdp, Possibile e Sinistra
italiana, senza peraltro ottenere risposta. Rifondazione Comunista (l’unico
partito che a questo punto avrebbe partecipato all’assemblea) ci ha annunciato
che, invece, avrebbe preteso di votare su una proposta incompatibile con il
senso stesso del Brancaccio: e cioè quella di porre condizioni agli altri partiti,
come se fossimo un’altra forza politica in cerca di alleanze.
E
invece no: il Brancaccio non è una componente. È uno stile, un metodo, un modo
di fare politica. Avrebbe avuto successo se fosse riuscito ad essere il motore
di un’alleanza tra partiti e forze civiche, tra iscritti a partiti e cittadini
senza tessera, non uno strumento per fare alleanze .
A
questo punto lo scopo del Brancaccio, lo scopo per cui vi avevamo convocati a
Roma, è irraggiungibile in ogni caso: e non saremmo responsabili se non dicessimo
che un’assemblea senza più nulla da decidere sarebbe solo un rissoso
palcoscenico offerto all’impeto autodistruttivo dell’ultimo partito rimasto.
L’unica cosa che potrebbe essere partorita ora, infatti, sarebbe una piccola
lista di Rifondazione, riverniciata di civismo: ma il Brancaccio era un
percorso per una vasta alleanza civica che tenesse insieme i partiti e andasse
ben oltre. Qualunque risultato diverso da questo tradirebbe il mandato
condiviso da tutti noi: non può e non deve finire con una seconda lista
improvvisata, destinata all’irrilevanza e alla coltivazione del risentimento.
È
per questo che oggi scendo dal famoso ‘autobus’. Lo avevo promesso a tutti voi,
il 18 giugno: «questa ‘cosa’ nasce per ambire a percentuali a due cifre: perché
ambisce a recuperare una parte dell’astensione di sinistra. E se dovesse
ridursi a una lista arcobaleno con davanti le sagome della cosiddetta ‘società
civile’ saremo i primi a dire che il tentativo è fallito». Ecco: oggi,
lealmente, vi dico che è così.
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