mercoledì 15 marzo 2017

movimenti - MONTEVERGINI AUTOGESTITO. USO CIVICO QUANDO?

-ASSEMBLEA MONTEVERGINI-

“Né pubblico, né privato. Comune”/
laboratori sociali di sperimentazione «degli usi civici per luoghi sensibili considerati patrimonio collettivo»/
"diritto alla città" è la riappropriazione degli spazi e del tempo/
per una pratica di cittadinanza sostanziale e concreta/
l’autonomia civica basata sulla condivisione di saperi, competenze, bisogni e desideri/
configurazione di nuovi rapporti costituente dal basso/
istituzioni autodeterminate e nuove modalità autogestionali


«Tutta la grande arte nasce da un senso d’indignazione»

Ad inizio marzo saranno cinque mesi dalla liberazione del Montevergini e dall’avvio della sperimentazione di gestione condivisa attraverso un’assemblea aperta e orizzontale. Per circa un mese e mezzo la sala dell’atelier, ad oggi la sola apertamente fruibile dalla cittadinanza, è stata vissuta giorno e notte per poter garantire stabilità e continuità al processo. Questo periodo, necessario ad avviare una discussione pubblica sul tema degli usi civici, è stato anche il momento in cui si è elaborata una riflessione sui principi di informalità, orizzontalità, mutualismo, cooperazione e inclusività e sugli strumenti di gestione di un bene collettivo. La Dichiarazione di uso civico nata attraverso assemblee, tavoli tematici e dal confronto con altre esperienze di autogoverno in Italia – L’Asilo e Massa Critica a Napoli, Mondeggi Bene Comune a Firenze, Cavallerizza a Torino, Casa Bettola a Reggio Emilia – è il frutto della prassi istituente di una comunità che si è voluta definire eterogenea, mutevole e solidale, non autoritaria e libera da ingerenze esterne. Questa natura aperta e non-identitaria che si riconosce al luogo e ai rapporti che si generano al suo interno, prima ancora che dei gruppi che lo attraversano, fa sì che oggi si possa dire che la sperimentazione di gestione comune funziona e che è base necessaria per l’autopromozione di relazioni sociali ed economiche alternative a quelle competitive e predatorie dell’individualismo utilitaristico. L’uso civico del Montevergini ed in generale le esperienze di auto-organizzazione ispirate ai principi di cooperazione e mutualismo sono opportunità di creare un confronto diretto tra le persone senza il vincolo di gerarchie, ruoli o burocrazie amministrative, quindi in virtù di una socialità non pre-determinata. “Né pubblico, né privato. Comune” e la sperimentazione degli usi civici per luoghi sensibili considerati patrimonio collettivo, non significano la concessione o la celebrazione di un diritto acquisito, ma l’idea di un fare città riappropriandosi degli spazi e del tempo per una pratica di cittadinanza sostanziale e concreta basata sulla condivisione di saperi, competenze, bisogni e desideri, che configura anche un nuovo rapporto alle istituzioni e alle modalità stesse di governo. I presupposti di partecipazione e autonomia civica, nel ripudio di fascismo, sessismo, razzismo e omofobia, sono ciò che rende sostenibile una pratica comunitaria di questo tipo e da cui sono nati laboratori performativi e di ricerca nelle arti, presentazioni di libri, riviste e produzioni musicali, incontri pubblici in ambito culturale, sociale e scientifico, assemblee cittadine su reddito, diritto all’abitare e diritti civili, percorsi di contaminazione tra culture e momenti di confronto con altre esperienze di democrazia diretta. Si tratta di processi che connettono realtà esistenti, ma che soprattutto favoriscono la presa di parola e l’attivazione di persone e soggettività non necessariamente strutturate. Il Montevergini come uso civico, sui principi e le modalità di gestione che l’assemblea ha individuato, è questo piano di immaginazione e campo di possibilità che merita, oltre il pieno riconoscimento della pratica, spazi e tempi adeguati ai progetti e alle energie liberate dal processo di condivisione presenti e future. E gli spazi sono quelli di una struttura che può accogliere ai diversi piani e in autogestione biblioteche, radio, percorsi formativi, luoghi di convivialità e discussione. In questi mesi è avvenuto un riconoscimento di fatto da parte dell’Amministrazione, che ancora però non si è trasformato in atto formale. Da questo punto di vista, la scrittura partecipativa di regolamenti e delibere, oltre che essere garanzia di trasparenza, è uno strumento che le comunità di riferimento possono e dovrebbero fare proprio – anche al di là degli usi civici – in materia di pianificazione e attuazione di strategie di governo, rendendo effettiva l’idea di una condivisione amministrativa determinata dalla partecipazione dal basso.