giovedì 25 agosto 2016

PER UN EURO FLESSIBILE

di Toni Casano 

-L’unica cosa a essere cresciuta a dismisura sono le diseguaglianze, intollerabili eticamente nonché fattore di depressione perché storicamente sono le classi inferiori a spendere di più. Infatti il problema è la carenza di domanda aggregata-

Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz è stato tra i pochi economisti, assieme a Varoufakis, ad avere un anno fa consigliato il premier greco Tsipras a sganciarsi dal carro-Euro se voleva salvare la sua gente da “sacrifici indicibili di cui –fino ad ora- non si vede la fine”. Ed ancora oggi spera “che la Grecia lasci l’euro nel suo interesse”.       
Questo il giudizio secco che ha espresso in una intervista rilasciata a “la Repubblica” del 21-8-2016. Ciononostante il Nobel del 2011 non è in assoluto antieuro. Anzi considera la moneta unica come un fondamentale passo per una Europa unita. Infatti nel recente libro "L’euro e la sua minaccia al futuro dell’Europa” il Nostro precisa il suo pensiero, invocando una maggiore flessibilità monetaria da parte delle istituzioni-UE.
 
Nel merito dice: “Ci sono diverse ipotesi. Mantenendo tutte le caratteristiche di un mercato comune e aperto, potrebbe staccarsi la Germania che cresce anche se non in maniera clamorosa. Oppure andrebbe creato un euro del nord e uno del sud. Non c’è nessuna prova che l’euro abbia mai dato un contributo alla prosperità dell’Europa ma ci sono molte prove che ha funzionato da amplificatore delle recessioni fino a inchiodarla a stagnazione di cui non si vede la fine”. 
Insomma è ora di smetterla con i fondamentalismi mercatisti, secondo cui la convinzione prioritaria è quella di stabilizzare dapprima il bilancio pubblico e successivamente, come d’incanto,  sarà il mercato a risolvere tutto. Questo era il mantra della reaganocis negli anni della Supply Side: l’America reaganiana ha sperimentato l’austerity, a cominciare dal taglio dei dipendenti pubblici scesi di mezzo milione di unità. “L’unica cosa a essere cresciuta a dismisura –osserva Stiglitz- sono le diseguaglianze, intollerabili eticamente nonché fattore di depressione perché storicamente sono le classi inferiori a spendere di più. Infatti il problema è la carenza di domanda aggregata”. Orbene è proprio dalla disamina degli effetti della supply side, cioè del sistema di sostegno economico allo sviluppo dal “lato dell’Offerta”, che giunge il grido d'allarme per reclamare l'urgente inversione di rotta e che rilanci una nuova stagione europea di stimolo della domanda d'impronta neokeynesiana. 
L'ipotesi ottimale sembrerebbe quella di dotare le istituzioni-UE con strutture capaci di sostenere l’integrazione monetaria, ovvero una unione bancaria dotata -tra l'altro- di "un’efficace assicurazione comune sui depositi, programmi di solidarietà in grado di aiutare concretamente i Paesi che restano indietro” (ivi compresa la Grecia, dovrebbero convenire a questo punto Stiglitz e Varoufakis, una volta mutante le condizioni generali dell’adesione all’eurozone).  
Ma il vero salto innovativo della proposta complessiva è l’istituzione di un dicastero europeo delle Finanze che -secondo Stiglitz- gestisca direttamente la politica economica con un proprio bilancio comunitario che guardi alla messa a punto di una leva impositiva che prioritariamente introduca “tasse comuni sulle transazioni finanziarie e sulle grandi proprietà oggi frammentate e troppo basse”, le cui risorse sarebbero necessarie ad una politica espansiva capace, altresì, di pianificare un quadro di investimenti pubblici maggiore di quelli attualmente finanziati e che lo stesso programma di immissione di liquidità (il QE-Quantitative Easing), attraverso il sistema di mediazione finanziaria, non è stato in grado di generare. Non a caso non pochi economisti cominciano a pensare che il "QE" erogato dalla BCE, al fine di stimolare la ripresa economica, possa giungere per via diretta ai consumatori piuttosto che con l’intermediazione bancaria, quindi con un aumento sostanziale della spesa pubblica (sblocchi dei contratti, aumento delle pensioni, nuovi ammortizzatori sociali universali, etc.). Esattamente l’opposto delle politiche in atto perseguite.