La Nuit Debout è un comportamento urbano.
Le città, soprattutto quelle fuori Parigi e con un alto tasso di studenti, sono
state caratterizzate negli ultimi anni da una continuità di lotte e di
conflittualità da parte delle giovani generazioni su obbiettivi legati ai
bisogni, come quello del reddito e della casa e in generale contro le regole sociali
prodotte dalla trasformazione capitalistica in atto e la speculazione sulla
vita e la natura
Molte cose pertinenti e analisi corrette, che
condivido, sono già state scritte e diffuse su quanto sta succedendo in Francia
e sulla frattura che sta creandosi a livello sociale. Cercherò, con queste
note, di evitare il più possibile di ripetere cose già dette da altri.
La
situazione evolve rapidamente, in Francia, dalla la notte del 31 marzo e
l’occupazione di piazza République ha colto molti di sorpresa. Purtroppo, anche
la violenza poliziesca contro le mobilitazione è pericolosamente in crescita.
Il modello di lotta e mobilitazione (occupazione continua di spazi pubblici
centrali, «snodi urbani» in cui si incrociano le diverse tipologie di abitanti
della città), i contenuti dei dibattiti, le stesse tecniche di dibattito
e di comunicazione, il modello organizzativo (commissioni e assemblea generale)
si sono diffusi in fretta ad altre città.
La velocità di diffusione e
generalizzazione mi sembra uno degli elementi di novità in un paese dove in
passato, contrariamente ad altri, le occupazioni di piazze e spazi pubblici a
livello di massa non si erano diffusi per niente. Il movimento degli indignati
a Parigi, alcuni anni fa, era stato represso molto in fretta e ridotto al
silenzio. Adesso, in prima fila, oltre alla grande Parigi, le città medie
di «provincia» tipo Nantes et Rennes, dove gli scontri sono frequenti e molto
aspri.
L’origine
Il
detonatore è stata la mobilitazione sulla legge El Khomri che cambia
definitivamente il diritto del lavoro. Ciò regola la vita stessa nelle aziende,
i rapporti di lavoro collettivi e individuali, le relazioni
azienda/sindacati, i motivi e le modalità delle ristrutturazioni aziendali fino
ai licenziamenti e il salario di disoccupazione, il funzionamento dei tribunali
del lavoro; insomma, tutto.
Per
dare un’idea più concreta, in un paese dove perfino i Rave sono stati normati e
semi-istituzionalizzati, il codice del lavoro esprime globalmente il rapporto
di forza fra capitale e sottoposti in senso lato, siano essi salariati «fissi»,
a tempo determinato, precari, stagisti, studenti-lavoratori e altro. In
sintesi, la nuova legge proposta è, per la Francia, un cataclisma molto più
vasto del «job act» italiano perché da una parte istituzionalizza e allarga il
precariato a quegli strati che pensavano restarne fuori, e dall’altra condanna
definitivamente quelli che già ne fanno parte. La nuova legge ufficializza la
rottura di quello che resta del patto sociale su cui poggiava, da anni, la
società francese.
La conseguenza principale di questo
attacco alla «linea maginot» è stato il vasto aggregarsi inizialmente
attorno al rifiuto della nuova legge. Ma adesso le tematiche del dibattito in
piazza si sono allargate a moltissimi soggetti che vanno al di là del rifiuto
della legge (salario universale a vita, il diritto naturale
all’abitazione, l’asilo e il supporto agli immigrati e rifugiati, …) e che
fanno parte del patrimonio di lotta storico.
La convergenza (di chi, di che cosa e dove)?
La
Nuit Debout è un comportamento soprattutto urbano. Le città, soprattutto quelle
fuori Parigi e con un alto tasso di studenti, sono state caratterizzate negli
ultimi anni da una continuità di lotte e di conflittualità da parte delle
giovani generazioni su obbiettivi legati al reddito giovanile (esempio
occupazioni di case dei giovani) e in generale contro le regole sociali
prodotte dalla trasformazione capitalistica in atto (finanziarizzazione
dell’economia, intrusività del capitale nella vita, mercificazione delle
relazioni…) e la speculazione sulla vita e la natura (occupazione zona del
progettato aeroporto di Nantes).
I
giovani soggetti di queste lotte o che si identificano nei loro contenuti o
simpatizzano, cercano di praticare forme di vita alternative, fra precariato e
uso degli ammortizzatori sociali esistenti (principalmente il sussidio
regionale per l’affitto, stages e i 460 € mensili di reddito d’inserimento).
Studiano o escono dal liceo o dall’università, hanno ormai come solo orizzonte
stabile la precarietà, sono molto solidali, fanno molto volontariato nelle associazioni,
vivono una vita molto parca e molto povera in cambio della non accettazione,
per quanto possibile, della logica e dei valori e della società capitalista
attuale.
Soprattutto,
diversamente dalle generazioni precedenti, non vedono nel mondo «del lavoro» e
dell’impresa lo sbocco della loro vita ma, al contrario, le cause della loro
«infelicità».
Nella
società francese questo è un elemento di rottura molto importante, visto il
ruolo che il sistema scolastico e la sua selettività hanno sempre avuto
nel creare un’aspettativa di sviluppo e di evoluzione tramite il lavoro (e la
sua difesa) tra le generazione dei giovani. Oggi, questi giovani non ci credono
più, è finita e, conseguentemente, le istituzioni e le istanze rappresentative
perdono di legittimità e l’astensionismo elettorale cresce (incluse le
elezioni studentesche per la rappresentazione negli istituti).
Penso
che questa presa di coscienza di una parte consistente delle nuove
generazioni e il cercare di praticare una vita alternativa «adesso e qui»,
siano uno degli elementi alla base dell’occupazione delle piazze e si
manifestano nei dibattiti e nelle iniziative prese.
Per
esempio, l’altra sera era la sera della «gratuità» e ognuno portava oggetti che
voleva donare in cambio di niente o cercava di trovare e scambiare cose che gli
servivano; un’altra sera si mangiava gratis e chi aveva già cenato non mangiava
ma portava, se poteva, cibo per gli altri, eccetera.
A
Parigi vedo molti giovani studenti mai prima «impegnati» che si mobilitano per
la prima volta anche in modo molto militante e autorganizzato.
Attorno
ai giovani della città che portano avanti contenuti e dibattiti, si ritrovano
nella mobilitazione i giovani studenti medi (15 a 17 anni) dei quartieri poveri
del Nord Est e della banlieue che costituiscono la base «militante» delle
mobilitazioni studentesche. Sono gli studenti dei quartieri e dei licei
«spazzatura» destinati da sempre ai ruoli più bassi, precari e meno pagati
(quando va bene) o all’emarginazione.
In
Francia, in occasione della ricerca del primo lavoro, il primi due criteri
automatici di selezione sono il quartiere in cui hai vissuto e gli istituti
scolastici che hai frequentato. Per cui il ghetto con tutte le sue conseguenze
ed esclusioni si forma a partire dalla scuola elementare ed è poi
difficilissimo uscirne. Secondo me, il rifiuto del ghetto e del
controllo poliziesco conseguente sono due elementi principali della fortissima
e inattesa mobilitazione degli studenti medi. Le provocazioni poliziesche
fuori dalle scuole da parte dei corpi speciali (tipo i falchi) sembrano
intensificarsi ma le mobilitazioni hanno ottenuto il rilascio di numerosi
fermati.
Attorno
a giovani e studenti si sono poi aggregati in piazza tutti coloro che hanno
qualcosa da esprimere “contro”. Innanzi tutto operai e salariati in lotta
contro ristrutturazioni e licenziamenti.
Secondo me, è un fenomeno «opposto»
rispetto a quello degli anni passati. C’é come un passaggio di testimone dalle
ultime frange ancora rimaste di salariati in lotta alla nuova composizione
sociale dei giovani, come mi è sembrato di cogliere dall’intervento del
sindacalista della Goodyear condannato alla prigione, accusato di aver
sequestrato la direzione.
I protagonisti e i militanti
A
livello più tradizionalmente militante, mi sembra di capire che sono i gruppi
«Zadisti» e situazionisti in generale quelli che sono attivi e presenti su
queste tematiche, come da tradizione in Francia negli ultimi anni, ma non hanno
un peso determinante nella piazza. C’é tranquillamente spazio per tutti quanti,
militanti in gruppi e soprattutto non militanti.
Le
organizzazioni studentesche tradizionali (sindacati corporativi studenteschi)
si danno da fare per cercare di negoziare con il primo ministro sui temi più
caldi (diritto alla casa e alla mutua universale) ma non mi sembra abbiano un
mandato e siano legittimati dalla piazza.
I
veri protagonisti sono i tanti sulla piazza. C’è in tutti una grande tensione
organizzativa. Si fa sul serio, si definiscono contenuti e obiettivi e si vuole
ottenere qualcosa di concreto, e adesso.
La
piazza è organizzata in commissioni a cui tutti si possono iscrivere e il
metodo di gestione del dibattito ricalca quello lanciato dagli
« indignati ». Nelle commissioni, quello che mi ha colpito é la
meticolosità dei partecipanti nel dare il giusto peso alle parole e a
rispettarne il significato. Ho visto votare per validare il contenuto di una
frase.
Oggi
pomeriggio, 41 di marzo (10 aprile), alle 14 è iniziato il dibattito sul salario
a vita ed alle 16 la conferenza su salario a vita e reddito garantito,
differenze e prospettive.
Vedremo
come continua…