domenica 2 novembre 2014

Kobane: la Comune del XXI secolo*

 di OTONOM

Il movimento di liberazione curdo sono gli indigeni del mondo, e l’autonomia democratica è la loro madrelingua. Dopo il 1848 il discorso politico dominante è stato: “Nazionalizzare il mondo!”, “Nazionalizzare la democrazia!”. Al contrario, il discorso costitutivo del XXI secolo dice: “De-nazionalizzare il mondo!”, “De-nazionalizzare la democrazia!”. In questo senso, il concetto di autonomia democratica non può essere considerato soltanto come una risposta ai bisogni locali e specifici del movimento di liberazione curdo. Esso, infatti, nomina oggi i bisogni più urgenti della Turchia e dell’intero Medio oriente. L’autonomia democratica risuona globalmente come una nuova forma di internazionalismo donata dalla Mesopotamia al mondo intero

I turchi pensano allo stato, i curdi alla società
Il fatto che l’Impero Ottomano si percepisse come il terzo Impero Romano è stato spesso sottovalutato dalla sinistra. Immagini dell’Impero Ottomano come semi-colonizzato e oppresso hanno incorporato un afflato terzomondista che è assolutamente fuorviante.
La storia della scrittura comincia in Mesopotamia. L’Egitto, il paese dei Faraoni, si trova in questa regione. Le rivelazioni ebraica, cristiana e islamica ebbero luogo in questo territorio. Abramo, Mosè, Gesù, Maometto e centinaia di altri profeti nacquero e morirono in questa regione. Molte città-stato dell'antica Grecia furono fondate lungo le coste del Mar Egeo. È questa incredibile ricchezza culturale che abbiamo ereditato, e non è facile preservarla. Tuttavia resta chiaro che questa vasta geografia culturale non può essere appropriata da nessuno stato nazione. Finora questa eredità è stata espropriata dagli stati ai danni di una molteplicità di società. L’autonomia democratica è anche una rivendicazione: salvare e non dominare la storia dell’umanità in questa regione.
Lo spazio pubblico dell'Impero Ottomano non fu mai orientato al cittadino. Una nozione del politico basata sulla cittadinanza era del tutto inimmaginabile. Il politico nell'Impero Ottomano era un rapporto di dominio. La burocrazia, cioè la sfera pubblica dentro lo stato, era composta da devshirme, bambini non-musulmani selezionati per essere educati in Enderun e diventare funzionari o militari. Nella cultura politica turca, il carattere burocratico predominante del politico può esser fatto risalire alla cosiddetta tradizione di governo ottomana. Parallelamente all’immagine della società come comunità di sudditi e fedeli (non di cittadini), il politico si caratterizza per l'attitudine a “offrire/concedere” piuttosto che a quella “rivendicare/ottenere”. La cultura politica degli spazi pubblici è perciò formata dalla soggezione per mezzo dei legami di lealtà (turchificazione, islamizzazione, assimilazione). Laddove il politico basato sulla cittadinanza produce uguaglianza e libertà, la servitù basata sulla lealtà produce burocrazia. Oggi questa cultura politica di stampo burocratico continua a tenere in scacco i cosiddetti cittadini della Repubblica. L’autonomia democratica intende rompere questa cultura politica basata su sudditanza e fideismo e sostituirvi una cultura della cittadinanza fondata sulle rivendicazioni.
Una geografia politica e sociale include sempre tendenze democratiche peculiari.
Nell’Impero Romano questa dinamica democratica è rappresentata dalla plebe contro i patrizi. La figura democratica del XVIII e XIX secolo è stato il proletariato in lotta per la giornata lavorativa di otto ore e per il suffragio universale. La più importante dinamica democratica dell’Anatolia è il suo corpo multiculturale. La condizione di possibilità della democrazia nel nostro paese è la liberazione di questo corpo multiculturale sulla base di una cittadinanza libera ed eguale. L’idea – di sinistra! – secondo la quale la Turchia non ha completato i processi di nazionalizzazione e democratizzazione a causa dell’imperialismo e della mancanza di sviluppo capitalistico endogeno non è altro che volgare orientalismo. Al contrario, la verità è che la democrazia non è stata ancora raggiunta a causa di processi di nazionalizzazione e democratizzazione che non hanno alcun legame con il nostro corpo multiculturale. Il processo di nazionalizzazione iniziato con la Repubblica Turca del 1923 fu basato sulla strategia sciovinista della turchificazione. La Prima Repubblica è sempre stata anti-democratica e sciovinista, contro le costituenti democratiche nei territori. La sinistra moderna deve guardare in faccia questa verità e liberarsi della prospettiva orientalista. L’autonomia democratica gioca libertà e democrazia contro lo sciovinismo del 1923.
Al contrario della cultura politica turca, in cui lo stato è visto come l’unica costituente politica, la cultura politica curda si è formata nel solco di una lunga tradizione di protagonismo politico nella società. Per i curdi lo Stato non è un agente di libertà ma di dominio, assimilazione e sciovinismo. Dal loro punto di vista, pensare la democrazia è inseparabile dal pensare la società contro lo Stato. Il movimento di liberazione curdo non riguarda solo il popolo curdo ma parla di democrazia a tutti in questo territorio. La critica dello Stato-nazione e della democrazia politica sono il portato della nozione di autonomia democratica: essa è il grido della coscienza storica e del potere immanente di questo territorio. È giunto il tempo di mettere politicamente in questione lo spazio pubblico attraverso una visione della democrazia comunalista basata sul rifiuto della dominazione di classe. Il terreno politico dell'autonomia democratica si trova in una nuova definizione di cittadinanza che rifiuta i processi di classificazione.
Dal punto di vista della democrazia comunalista il sociale si riferisce alla cooperazione e al comune mentre dalla prospettiva del capitale esso si radica nella proprietà privata, nell’appropriazione privata dello spazio pubblico. Questa appropriazione è la democrazia politica: nei suoi stretti confini – proprio come il lavoratore salariato non è un cittadino in fabbrica – lo studente non è un utente ma un cliente dell’università-azienda commercializzata. Il salariato è solo una persona giuridica. Nella democrazia politica, l’accesso allo spazio pubblico è garantito solo nella misura in cui esso è funzionale alla riproduzione dello stato di dominio. Tuttavia il cittadino di una democrazia socializzata può essere un individuo sociale liberato dalla dominazione del lavoro salariato e del lavoro tout court. Si avrebbe diritto di parola e di decisione responsabile in tutte le sfere della vita sociale. Oggi un punto di vista di classe non può che implicare un rifiuto della classificazione e la costituzione del comune come relazione etico-politica basata sulla cooperazione nell’ambito di una democrazia socializzata. Il cittadino della democrazia politica deve essere rimpiazzato dalla moltitudine della democrazia socializzata. Un approccio di classe deve ambire a distruggere la nozione borghese di cittadino basata sul lavoro salariato e costituire un nuovo paradigma di sovranità moltitudinaria basato sul comunalismo della democrazia socializzata. Il divenire-rivoluzionario nel XXI secolo contiene la critica allo Stato-nazione e alla democrazia politica e rivendica l’instaurazione della democrazia comunalista, cioè della democrazia della moltitudine. La nozione di autonomia democratica possiede entrambe queste caratteristiche. Il movimento di liberazione curdo ha già ottenuto la liberazione del suo diritto di sovranità da ogni mediazione di richieste/rappresentanza. L’autonomia democratica è il rifiuto di una politica egemonica basata sulla dialettica del diritto e del potere. Al contrario, essa schiude un nuovo piano sul quale diritto e potere sono identici. Nella democrazia comunalista dell’autonomia democratica non è il soggetto rappresentativo a parlare, bensì la stessa soggettività sociale. L’autonomia democratica è un paradigma etico-politico che non parla a nome di qualcuno ma permette a tutti di parlare per se stessi. Per questo non ha bisogno di uno stato o di un potere. Il movimento di liberazione curdo non lotta più per l’indipendenza o la democrazia politica – che sono legate a doppio filo all’esistenza dello Stato e della rappresentanza. Al contrario, esso rivendica autonomia sociale, democrazia socializzata e libertà sociale. L’autonomia democratica è basata sul potere politico della moltitudine, sulla sua capacità di liberare le differenze.
Dal punto di vista della sinistra moderna, la lotta politica non ha altro senso che attendere la crisi del sistema ed intervenire a giochi fatti. Questa visione della crisi, però, non tiene. Oggi il punto è l'abilità del movimento rivoluzionario di condurre il sistema alla crisi attraverso la propria pratica di auto-affermazione. La politica dell’autonomia democratica non è una strategia rivoluzionaria che attende la crisi; al contrario, essa intende gettare continuamente il sistema nella crisi. Al momento controlliamo il governo di un centinaio di comuni in Turchia ed abbiamo una rivoluzione nascente nei cantoni della Rojava. Possiamo sconvolgere il mondo! Che le speranze rifioriscano! L’autonomia democratica è essa stessa una di queste speranze! Kobane è la Comune del XXI secolo!


*estratto da “Kobane: autonomia democratica come attualità del comunismo”, pubblicato da  commonware.org (traduzione di di Lele Leonardi)