di
Armando Vanotto1 e Fulvio Aurora2
Il
19 novembre Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute – onlus e
l’Associazione Italiana Esposti Amianto – onlus hanno seguito il processo per
Cassazione al seguito delle richieste di riforma della sentenza della Corte
d’Appello di Torino del maggio 2013 , formulate dai difensori dell’accusato,
Stephan Schmidheiny (condannato a 18 anni di reclusione) e dei responsabili
civili
Alle
ore 21 i responsabili di MD e AIEA hanno ascoltato insieme ai famigliari delle
vittime, alle associazioni, ai sindacati, agli esperti, alle molte delegazioni
straniere presenti, il dispositivo della sentenza che “ha liberato”, non con
l’assoluzione, ma con la prescrizione, gli imputati dalle pene e dai
risarcimenti loro comminati.
La
reazione, tanto evidente, quanto pronta e spontanea è culminata con un coro
dominato dalla parola “vergogna!”. MD e AIEA hanno seguito il convegno
internazionale indetto, da BAN Asbestos Italia e dal Coordinamento nazionale
Amianto, della mattina del 20, presso la Sala della Mercede della Camera dei
Deputati cui hanno partecipato delegazioni straniere comprendenti Ban Asbestos
Francia, CAOVA (Svizzera), Ban Asbestos Spagna.
Sono
stati citati due libri appena scritti, i cui titoli sono sembrati adeguati a
descrivere la sentenza: il primo dello spagnolo Francisco Baetz Bequet “Un
genocidio impune” (un genocidio impunito) e il secondo di Annie Thebeau-Mony
(Associazione Henry Peserat – Francia) con il titolo “La science asservie” (la
scienza asservita).
Libri
che sono sembrati essere stati scritti nella notte dopo la sentenza e di cui il
primo esprime la più immediata conseguenza e il secondo le modalità cui ad essa
si è arrivati. Un’enorme divaricazione fra verità storica e verità giuridica,
sintetizzata dal Procuratore Generale Francesco Iacoviello che ha chiesto alla
fine della sua requisitoria “l’annullamento senza rinvio” della sentenza
d’Appello, propendendo per il diritto (o una concezione burocratica del diritto
come ha affermato il sen. Casson) piuttosto che per la giustizia.
Una
posizione di sconforto che offende le migliaia di vittime ed aumenta la
diffidenza nei suoi confronti da parte dei cittadini. Abbiamo imparato che “il
disastro” viene, dalla concezione di cui sopra considerato a sè, senza
valutarne le conseguenze e che il principale accusato, una volta uscito dalla
direzione dell’impresa, doveva essere sciolto dalla sua imputazione. In questo
modo i processi che riguardano lavoratori o cittadini, esposti a sostanze
tossiche e cancerogene che producono danni e morte dopo decenni, come nel caso
dell’amianto, non potrebbero mai essere celebrati.
E’
evidente che deve essere posta la questione della prescrizione per riformarla
concretamente, per togliere ogni alibi. Potrebbe essere eliminata, per via
legislativa urgente, per i crimini da lavoro e ambientali che producono
malattia e morte.
Ma,
temiamo, in un momento in cui “l’impresa” assurge a centro del momento storico che
si sta vivendo , dove tutto viene ad esserle subordinato, questa posizione non
troverà molto spazio. (Si pensi anche a quanto si sta preparando in tema di
relazioni e accordi internazionali: TTIP- TISA.
Le
leggi nazionali e pure la Costituzione dovrebbero essere sottomesse alle
necessità – di profitto- delle multinazionali e di coloro che, con un nome e
cognome, le reggono e ne decidono la politica).
Che
fare dunque? Proseguire nella lotta – è l’unanime grido dei partecipanti,
vittime ed ex esposti, rafforzare i rapporti, costruire piattaforme comuni,
dando una forma organizzata a Ban Asbestos Europa, così come espresso nel
“Manifesto di Roma” approvato alla fine del incontro alla Camera.
Per
quanto concerne lo specifico della sentenza ETERNIT verificare ed agire, dove è
possibile, con denunce che partano dai singoli ex esposti, danneggiati
moralmente e fisicamente; verificare altresì la possibilità, una volta lette le
motivazioni della sentenza, di ricorre alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
(CEDU).
1 AIEA
2 MD