di Marco Santopadre
proteste
davanti alla sede del Ministero della Giustizia nella capitale spagnola,
convocate dal coordinamento Decidiamo noi. Alla manifestazione femminista hanno partecipato gli indignados del Movimento 15M. Arrestati tre
dimostranti accusati di resistenza, disobbedienza e attentato all’autorità
Prosegue in uno stato spagnolo devastato da
anni di austerity e tagli l’offensiva reazionaria condotta dal governo di
Mariano Rajoy. Dopo aver messo mano al diritto di manifestazione e
all’istruzione pubblica, il Partito Popolare ha appena inferto un gravissimo
colpo al diritto all’autodeterminazione delle donne, in particolare riportando
la legge sull’interruzione di gravidanza indietro di parecchi decenni.
Ieri il consiglio dei ministri ha approvato
una controriforma della precedente legge che renderà molto difficile per le
donne spagnole abortire, costringendole a ricorrere alla pericolosa e costosa
pratica degli aborti clandestini o a recarsi all’estero così come avveniva nel
paese ai tempi della dittatura di Francisco Franco e fino al 1985.
Il progetto di legge è firmato dal ministro
della giustizia Alberto Ruiz-Gallardón - e non dalla ministra della sanità, la
più moderata Ana Mato - e reca l’altisonante denominazione di “Legge organica
per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta”.
Al contrario della legge del 2010 che
permetteva l’aborto senza restrizioni entro la quattordicesima settimana di
gestazione, il nuovo provvedimento permette l’interruzione volontaria della
gravidanza solo in due casi: quando la donna è rimasta incinta in seguito ad
uno stupro, oppure quando è a rischio la sua salute, sia dal punto di vista
fisico che psicologico. Neanche la presenza di gravi malformazioni fetali
giustifica - secondo la legge - l’eventualità di interrompere la gravidanza, se
non quando rappresentino una ‘pressione insopportabile’ per la madre
psicologicamente parlando e quando mettano a rischio la vita del nascituro.
Per di più interrompere una gravidanza
conseguenza di una violenza sessuale sarà possibile solo prima della dodicesima
settimana di gestazione e solo se lo stupro è stato denunciato immediatamente
dalla vittima. Anche in caso di malformazione grave del feto abortire sarà
possibile solo prima della ventiduesima settimana e a decidere dovranno essere
due medici esterni a quelli incaricati di eseguire l'eventuale aborto. Un vero
e proprio calvario.
Dall’articolato delle legge, che di fatto
cancella tutti i diritti acquisiti e riconosciuti nella legge del 2010,
scompare del tutto il diritto di scelta della donna, e la possibilità di
interrompere la gravidanza sarà appannaggio di due medici. E conoscendo quando
forte è la lobby antiabortista all’interno della professione medica in un paese
dove l’Opus Dei è una potenza economica oltre che ideologica è facile capire
quanto difficile sarà per le donne accedere alla possibilità di abortire. Anche
perché la "legge Gallardòn" prevede il diritto generalizzato
all'obiezione di coscienza per medici e infermieri sia del settore sanitario
pubblico che privato.
In ogni caso la donna dovrà sottoporsi
all’umiliante “processo di consenso informato, libero e validamente emesso”,
che include la partecipazione dei genitori della donna nel caso in cui sia
minorenne, e un periodo di ‘riflessione’ obbligatorio di 7 giorni (attualmente
era di 3) dopo esser stata informata “dei suoi diritti, degli aiuti sociali ed
economici disponibili e di tutti i rischi per la sua salute che l’aborto
comporta”. La sezione navarra di estrema destra del Partito Popolare, l’Unione
del popolo navarro, aveva proposto che per dissuadere le donne i medici
potessero usare anche delle ecografie del feto ma alla fine questa eventualità
è stata rimossa dalla legge.
Un passo indietro netto,
propagandisticamente realizzato dopo due anni di polemiche in nome della
‘protezione del nascituro’ e cavalcato da uno dei ministri più reazionari del
governo Rajoy, quel Gallardòn che due anni fa promise al Vaticano,
all’associazionismo cattolico di destra e alla lobby della sanità privata di
riportare la legge a prima del 1985 quando per la prima volta le donne iberiche
si videro riconosciuti alcuni dei diritti che rappresentavano la normalità nel
resto del continente. “E’ nostro diritto e nostro dovere difendere la vita dal
concepimento alla morte e farci carico della difesa dei diritti umani” ha
tuonato Gallardòn rispondendo alle fortissime critiche delle opposizioni
parlamentari di centro e sinistra e anche alle denunce di alcune associazioni
mediche e di donne.
Manifestazioni contro l’offensiva
reazionaria del PP si erano già tenute nei giorni scorsi di fronte a sedi del
partito di Rajoy in tutto lo Stato e se ne annunciano di nuove nelle prossime
ore. Ieri sera alle 19 intanto circa cinquecento persone hanno protestato
davanti alla sede del Ministero della Giustizia nella capitale spagnola,
convocate dal coordinamento “Decidiamo noi”. I manifestanti, soprattutto donne,
hanno urlato slogan come “Il PP vuole l’aborto clandestino” e “Per Gallardòn
aborto retroattivo”. Dopo un’ora circa alla protesta si sono sommati altre
centinaia di attivisti del movimento 15M - quello etichettato dai media come
‘indignados’ – che hanno denunciato la nuova legge come “clericale, maschilista
e medievale”. Nel corso della manifestazione tre dimostranti sono stati
arrestati e accusati di resistenza, disobbedienza e attentato all’autorità.
Rappresentanti in parlamento del Psoe
(socialisti), di IU (sinistra), di Erc (repubblicani catalani), del Bng
(nazionalisti galiziani) e del Pnv (regionalisti baschi) hanno promesso che
faranno quanto in loro potere per stoppare la norma e che ricorreranno al
Tribunale Costituzionale nel caso in cui la legge Gallardòn dovesse passare in
parlamento, il che è molto probabile visto che il PP gode della maggioranza
assoluta e qualche voto potrebbe arrivare anche da alcuni partiti regionalisti
di ideologia conservatrice. Ma se nella società si dovesse scatenare una
risposta di massa alla provocazione del PP alcuni settori più pragmatici del
partito al governo potrebbero utilizzare le proteste per indurre l'ala dura
legata all'Opus Dei a smussare alcuni degli articoli più contestati.