a
cura dell'Osservatorio sulla Composizione di Classe
intervista
ad alcuni operai dello stabilimento Maserati di Grugliasco (To) a cura
dell'Osservatorio sulla composizione di classe. L'ex stabilimento della Bertone
è stato riaperto e rientra sotto il controllo Fiat. Anche a Grugliasco si sentono
gli effetti della cura Marchionne: aumento dell'intensità del lavoro,
irrigimentazione, ritmi serrati, repressione in fabbrica e compiacenza dei
sindacati "gialli". Le difficoltà in un periodo di crisi economica
per una fabbrica che produce vetture per una nicchia di mercato che non ha
risentito della crisi, quella delle auto di lusso
Dopo
anni di chiusura e di cassa integrazione la ex-Bertone di Grugliasco (TO) ha
riaperto i cancelli e riavviato la produzione sotto le insegne del Gruppo Fiat.
Il marchio dello stabilimento è quello della Maserati ma oramai i marchi
non hanno più i loro riferimenti storici e territoriali, sono immagini prive
dei solidi legami del passato. Oltrepassando i cancelli sembra non sia cambiato
molto rispetto ai procedimenti del periodo fordista, se non per l'assenza della
“comunità dei lavoratori” e della soggettività operaia, azzerata dalla
competizione interna ed esterna alla fabbrica e dal nuovo individualismo.
La
razionalizzazione della produzione comporta un maggior controllo, gli spazi di
autonomia sui posti di lavoro (già estremamente limitati) risultano annullati;
la sottomissione ai tempi e alle regole deve essere completa. Il sindacato di
fatto è espulso dal luogo di produzione, al più lo si convoca quando ci sono
accordi da firmare.
In
questa fabbrica, dopo Pomigliano la seconda ad essere ristrutturata nell'era
dopo Cristo di Marchionne, gli operai esprimono la consapevolezza che non
stanno solo producendo automobili. In Maserati sono in corso altri
procedimenti che non vengono mai detti in modo esplicito. Qui si stanno
selezionando i lavoratori che faranno funzionare il “polo del lusso” che unirà
il Mirafiori a Grugliasco. Qui si sta educando alla docilità, all'abitudine
all'insicurezza verso il futuro, a lavorare con il panico.
OCC: dopo
una lunga fermata e molte vicissitudini lo stabilimento di Grugliasco della
ex-Bertone ha ripreso la produzione sotto il comando della dirigenza Fiat.
Quale ristrutturazione ha subito la fabbrica?
ANTONIO:
ha subito una ristrutturazione molto profonda; oggi produciamo due vetture ,
cambiano alcuni particolari ma si lavora sulla stessa scocca. Praticamente la
fabbrica è tutta nuova, le linee della produzione sono state completamente
rinnovate. Come avrete letto sui giornali abbiamo avuto dei problemi a causa di
un temporale: dai tombini e dal tetto è entrata nello stabilimento una tale
quantità di acqua che si è allagato tutto, si sono bagnati i robot, insomma un
grosso casino che ha bloccato tutto.
OCC: come
valutate l'organizzazione della produzione in Maserati, anche in
riferimento alle vostre passate esperienze produttive?
GINO: Credo
che come operai nessuno abbia una visione complessiva dell'organizzazione dello
stabilimento, conosciamo la situazione particolare del nostro posto di lavoro,
cosa non funziona nel nostro specifico. Nella ex-Bertone era tutta un'altra
cosa, intanto c'era un sindacato, c'erano dei delegati, c'era un collegamento
fra operai, c'erano altri ritmi di lavoro. Oggi non è più così, dalla gerarchia
di fabbrica arrivano solo ordini da eseguire, non si può discutere nulla.
L'operaio è un soldatino che deve obbedire, per resto non deve sapere nulla. Ha
dei compiti, delle regole, riceve delle consegne che, come dirò, non sono
seguite prima di tutto dall'azienda quando ritiene non siano convenienti.
LUIGI: non
c'è comunicazione fra gli operai, non ci si parla, raramente ci si conosce.
Dentro ci sono operai che arrivano da Mirafiori, dall'Itca, dall'ex-Bertone. Ma
non è solo il fatto che non c'è conoscenza, c'è qualcosa di più, anche di preoccupante
volendo. Mi riferisco ai tempi di lavoro , all'organizzazione, al fatto che
tutto debba essere fatto in fretta, insomma al modo di lavorare. Vedo anche che
fra gli operai non c'è voglia di parlare del lavoro, della fabbrica.
GINO:
la fabbrica è un posto dove si lavora e basta, non è un luogo dove si
socializza perché è costruita e organizzata per produrre, per dividere non
certo per unire. L'operaio deve concentrarsi sulla macchina, sul suo lavoro e
basta, non ci sono altre possibilità.
ANTONIO:
in fabbrica regna il fascismo, se provi ad accennare ad un discorso politico,
cambiano discorso. Anche i compagni quelli che hanno fatto gli scioperi, i
cortei stanno zitti, non intervengono non solidarizzano. Mi prendono poi da
parte per dirmi” questa è una fabbrica nuova Antonio, qui non sei a
Mirafiori...parla di calcio, di televisione, di quello che vuoi ma non di
politica”. Questo è il clima che c'è alla Maserati.
OCC: volete
dire che non c'è alcuna traccia di coscienza, di soggettività degli operai?
GINO:
per rendere l'idea si può pensare alla situazione che c'era nelle vecchie
fabbriche automobilistiche con in più il fatto che qui non c'è nessun livello
di organizzazione operaia, non si esprime alcuna coscienza, non dico che non ci
sia, credo che gli operai capiscono la condizione che vivono, dico che non si
esprime in nessun modo una coscienza. Non esistono gli operai come insieme,
come “noi”, esistono tanti “io” anche in lotta fra di loro.
ANTONIO:
gli operai sono succubi, chi più chi meno hanno tutti problemi economici. Alle
spalle c'è stato un lungo periodo di cassa integrazione, poi la crisi ha
colpito tutti e pur di lavorare siamo tutti costretti ad accettare qualsiasi
cosa.. Fanno di tutto pur di poter fare qualche ora di straordinario, fermano
il capo e con insistenza gli chiedono: “stasera? Mi fai fare due ore stasera?”
Non c'è bisogno che il capo chieda, sono gli operai che insistono. Io non farei
comunque gli straordinari; un giorno ho detto che sono contrario a fare gli
straordinari quando c'è ancora troppa gente che non lavora perché è a casa in
cassa integrazione, il capo mi acchiappa e mi fa: “te li sei giocati per sempre
gli straordinari”
OCC: Gino
prima diceva che non c'è il sindacato in fabbrica, non sono stati eletti i
delegati?
ALBERTO:
io vengo da Mirafiori, non so nemmeno se c'è un delegato, mi hanno detto che
c'è ma io non lo conosco, non si è mai presentato a noi operai; nessuno mi
viene a chiedere se ci sono dei problemi. Per quel che ne so qui alla Maserati non
hanno mandato ex delegati della Fiom. Tesserati ce ne sono ma non delegati o
comunque operai con le palle. Credo che le vicende di Pomigliano e i ricorsi
della Fiom abbiano insegnato qualcosa alla dirigenza Fiat, qui hanno chiamato
iscritti Fiom ma li hanno selezionati, poi magari qualcuno gli sarà anche
sfuggito.
OCC: poi
tra l'altro qui la Fiom si è espressa per il “si” al referendum.
GINO:
non esiste il sindacato e se ne sente la mancanza. L'operaio da solo non è in
grado di affrontare e contrapporsi al capo o al gestore, è troppo debole e
sotto ricatto, si sente controllato e valutato. Sa che dal suo comportamento
dipenderà il suo futuro, la possibilità di continuare a lavorare. Poi
considerate che quelli che sono qui a lavorare sono i più sicuri per l'azienda,
non hanno certo tirato a sorte, hanno fatto una selezione.
Io sono uno che legge, si informa, studia ma non posso espormi, devo lavorare, ho una famiglia con dei figli e allora mi impegno con i problemi ambientali, l'inceneritore, il Tav. Vorrei avere la possibilità di riprendere l'impegno sulla fabbrica, sul lavoro, su questi temi qui che tutti hanno abbandonato ma che sono primari per la vita delle persone. Quando si dice che la democrazia te la lasci alle spalle quando passi i cancelli della fabbrica, in effetti è così, che poi la democrazia non la trovi da nessuna parte, ma in fabbrica è peggio. Se penso alle nostre condizioni, c'è da ridere amaramente quando Berlusconi chiede “l'agibilità politica”, oramai le parole non contano più nulla.
Io sono uno che legge, si informa, studia ma non posso espormi, devo lavorare, ho una famiglia con dei figli e allora mi impegno con i problemi ambientali, l'inceneritore, il Tav. Vorrei avere la possibilità di riprendere l'impegno sulla fabbrica, sul lavoro, su questi temi qui che tutti hanno abbandonato ma che sono primari per la vita delle persone. Quando si dice che la democrazia te la lasci alle spalle quando passi i cancelli della fabbrica, in effetti è così, che poi la democrazia non la trovi da nessuna parte, ma in fabbrica è peggio. Se penso alle nostre condizioni, c'è da ridere amaramente quando Berlusconi chiede “l'agibilità politica”, oramai le parole non contano più nulla.
OCC: certo
la condizione del lavoro odierno è una grande questione che va ripresa a
partire dalle trasformazione che hanno prodotto la situazione attuale, la
flessibilità, la precarietà, il nuovo mercato del lavoro, l'individualismo che
avete sottolineato anche voi. Anche queste chiacchierate servono. Torniamo alle
condizioni di lavoro alla Maserati.
ANTONIO: voglio
dire ancora una cosa sul sindacato. Qui non c'è il sindacato, la Fiom non c'è,
il sindacato giallo si nasconde, si mimetizzano; sono andato da uno che mi
hanno indicato come un delegato Uilm, gli faccio: “sei un delegato? Volevo
dirti...” e quello seccato: “ora non posso ascoltarti, ho da fare, mi parli in
mensa”, per dirti cos'è il sindacato in Maserati.
LUIGI: sulla
situazione lavorativa il problema è che mancano gli operai per poter
raggiungere gli obiettivi della produzione, si lavora male, con il fiato corto,
si sta sempre a rincorrere. Poi per chi come me, è stato abituato a lavorare
con i sistemi Bertone, i ritmi sono alti. Mi sembra che ci siano settori della
fabbrica che non ce la fanno proprio. Mi sembra che non abbiano ancora preso le
misure di come si organizza il lavoro.
ANTONIO:
io so che quando ci fermiamo ci dicono che è colpa del montaggio che non va
avanti. Il mio capo mi ha confidato che deve spingere la gente a lavorare
perché ha pochi lavoratori; ne ha richiesti, non glieli hanno dati e gli hanno
detto di aggiustarsi. Riceve sempre sollecitazioni perché manca il materiale in
linea, che manca questo, manca quello. Lui cosa dice?: “io la responsabilità la
faccio ricadere su di voi”.
GINO:
siamo in una situazione che è soprattutto di frustrazione, a volte anche di
incazzatura ma non potendo scaricarla verso l'alto, verso la direzione, viene
indirizzata verso gli altri operai, oppure la gente si colpevolizza perché non
riesce a stare dentro i ritmi del lavoro.
LUIGI: chi
prova a contestare la produzione oppure va in malattia o si infortuna ha
fallito la prova, se ne torna in cassa integrazione e difficilmente sarà
richiamato. I più fanno di tutto pur di non stare a casa, è come se fossero
operai “in prova”, un piccolo infortunio non si denuncia.
ANTONIO:
io ho visto un paio di contestazioni, in tutti e due i casi i lavoratori sono
ritornati in cassa integrazione. I tempi sono calcolati al secondo: un operaio
della logistica ha contestato che non ci stava dentro con i tempi per portare i
pezzi che servono alla linea. “Non ce la fai? Torna a casa a riposarti,
chiamiamo quelli che ce la fanno!”. Funziona così. Non sono ammesse
contestazioni ma nemmeno osservazioni che potrebbero migliorare la produzione.
OCC: è
convinzione comune che il “nuovo” modo di produrre richieda la collaborazione
dei lavoratori e l'utilizzo dei loro suggerimenti per migliorare la
produttività. Sentendo quel che dite si direbbe che non sia proprio cosi.
ANTONIO:
no, non esiste, qui non è così. Nel mio caso, tanto per fare un esempio, per
non fare troppi viaggi in magazzino a prendere i pezzi da distribuire sulla
linea, caricavo più materiale di quel che serviva per l'immediato.
Conosco il mio lavoro; per esempio quando vado in magazzino mi carico tutti i bulloni che mi servono per le otto ore. Ci vado una volta sola e mi prendo quello che mi serve per la giornata. Conosco a memoria tutti i numeri del materiale che mi servirà, memorizzo tutto. Per me è come andare al supermercato, so che mi serve 3 di questo, 5 di quell'altro, una scatoletta di quelle viti... ho imparato bene il mio lavoro e mi autogestivo così mi prendevo anche del tempo per una sigaretta o un caffè. Ora questa organizzazione del mio lavoro non mi è più consentita. Il gestore ha ordinato agli operai di contare i pezzi e se ne portiamo di più li dobbiamo riportare indietro. In pratica dobbiamo sempre essere in movimento e non ci stiamo dentro con i tempi, non esiste il fatto di avvantaggiarsi. Si è sempre al limite dei tempi e se già uno si soffia il naso ha già perso il tempo e rischia di far mancare i pezzi alla linea. Stanno facendo di tutto per metterci l'uno contro l'altro, ci dobbiamo controllare a vicenda, l'operaio del montaggio deve controllare cosa fa quello della logistica e riferire al capo se c'è qualcosa che non va.
Conosco il mio lavoro; per esempio quando vado in magazzino mi carico tutti i bulloni che mi servono per le otto ore. Ci vado una volta sola e mi prendo quello che mi serve per la giornata. Conosco a memoria tutti i numeri del materiale che mi servirà, memorizzo tutto. Per me è come andare al supermercato, so che mi serve 3 di questo, 5 di quell'altro, una scatoletta di quelle viti... ho imparato bene il mio lavoro e mi autogestivo così mi prendevo anche del tempo per una sigaretta o un caffè. Ora questa organizzazione del mio lavoro non mi è più consentita. Il gestore ha ordinato agli operai di contare i pezzi e se ne portiamo di più li dobbiamo riportare indietro. In pratica dobbiamo sempre essere in movimento e non ci stiamo dentro con i tempi, non esiste il fatto di avvantaggiarsi. Si è sempre al limite dei tempi e se già uno si soffia il naso ha già perso il tempo e rischia di far mancare i pezzi alla linea. Stanno facendo di tutto per metterci l'uno contro l'altro, ci dobbiamo controllare a vicenda, l'operaio del montaggio deve controllare cosa fa quello della logistica e riferire al capo se c'è qualcosa che non va.
OCC: ma
tu come ti spieghi questi ordini sui numeri di pezzi da portare di volta in
volta? Che poi non sono funzionali alla produttività; qual è la logica secondo
te? Ci sono problemi di sicurezza?
ANTONIO:
la sicurezza non c'entra ma su questo dovremmo fare un discorso a parte; non lo
so il perché, non me lo spiego. Loro non vogliono scorte, le scorte devono
stare in magazzino, non in linea. Loro odiano le scorte, è una regola primaria
della produzione in Maserati. C'è la guerra tra fra la logistica e chi
monta le vetture; farebbe comodo avere delle scorte invece di correre sempre in
magazzino. Io devo lavorare sempre con il panico perché gli altri lavorano con
il panico. Non si può girare per la linea con la faccia rilassata, non devi
sorridere; nelle otto ore devi stare sempre in panico, triste, in tensione. Uno
che non sa lavorare o che non ha malizia è sempre in difficoltà, nonostante lui
lavori, nonostante ci metta anima e cuore nel lavoro, è sempre in difficoltà.
OCC: Antonio
prima diceva che ci sarebbero delle osservazioni da fare sulla sicurezza; cosa
mi dite?
ALBERTO:
formalmente sembra tutto a posto, noi prendiamo visione delle norme e firmiamo
delle carte; chi si muove per l'officina deve viaggiare a norma, rispettare la
segnaletica e tutto quanto è previsto. Poi succede che ti senti i capi gridare
dietro che bisogna muoversi, che arranchiamo, che non ci stiamo dentro con i
tempi. Allora vedi che la gente sotto pressione non può rispettare i limiti
della velocità consentita. Ci si incrocia, si rischia per non farsi urlare
dietro dai capi.
OCC: che
differenze ci sono rispetto al modo di lavorare che c'era a Mirafiori?
ANTONIO:
uhh, Mirafiori era l'America! Io riuscivo ad autogestirmi il lavoro, a
rispettare i miei compiti e a prendermi del tempo per respirare, per fumare o
prendermi un caffè. Quando c'era qualche cambiamento e non ce la facevo se il
lavoro era tanto, contestavo i nuovi tempi, provocavo delle fermate. Veniva il
capo a controllare che non facessi il furbo, mi rivolgevo al delegato che
chiamava quello dei tempi che controllava, verificava.
In Maserati non esiste quello dei tempi. Il capo ti dice: “ devi fare da qui fino in fondo, ce la fanno tutti, devi farcela anche tu e se vedi che il tuo collega è in difficoltà gli dai una mano, devi pensare che qui siamo un gruppo, non puoi pensare di farti i cazzi tuoi” Non esiste poter pensare. “la linea è ferma, vado a prendermi un caffè” perché subito ti trovano qualcosa da fare: “vieni che c'è un camion da scaricare”, che poi non è il mio lavoro, io qui non ho un mio lavoro. A Mirafiori potevo dire che avevo un mio lavoro. Se la linea si ferma non è colpa mia, è un problema della organizzazione del lavoro, se lo devono risolvere loro.
In Maserati non esiste quello dei tempi. Il capo ti dice: “ devi fare da qui fino in fondo, ce la fanno tutti, devi farcela anche tu e se vedi che il tuo collega è in difficoltà gli dai una mano, devi pensare che qui siamo un gruppo, non puoi pensare di farti i cazzi tuoi” Non esiste poter pensare. “la linea è ferma, vado a prendermi un caffè” perché subito ti trovano qualcosa da fare: “vieni che c'è un camion da scaricare”, che poi non è il mio lavoro, io qui non ho un mio lavoro. A Mirafiori potevo dire che avevo un mio lavoro. Se la linea si ferma non è colpa mia, è un problema della organizzazione del lavoro, se lo devono risolvere loro.
ALBERTO:
aggiungo ancora una cosa su come passiamo il tempo in fabbrica. Facciamo due
turni: dalle 6 alle 14 e poi dalle 14 alle 22; 4 minuti prima della chiusura
del turno si ferma la linea, non c'è tempo per fare la doccia. A parte che non
ci sono gli armadietti per tutti, siamo in troppi per avere un buco di
spogliatoio. Se vieni alle porte vedi che, a differenza di Mirafiori, qui la gente
entra ed esce con la divisa perché non ha gli armadietti, perché la linea si
ferma 4 minuti prima e come fai a cambiarti e fare la doccia? Ma anche chi ha
l'armadietto deve fare 2 chilometri per andare a cambiarsi, il tempo di
raggiungere lo spogliatoio e si fanno le 22.30.
A noi di Mirafiori fanno contratti di tre mesi rinnovabili, in pratica siamo precari, interinali, non ci sentiamo fissi alla Maserati, siamo sempre di Mirafiori in distaccamento, sotto ricatto perché al 31 dicembre possono chiamare altri.
A noi di Mirafiori fanno contratti di tre mesi rinnovabili, in pratica siamo precari, interinali, non ci sentiamo fissi alla Maserati, siamo sempre di Mirafiori in distaccamento, sotto ricatto perché al 31 dicembre possono chiamare altri.
LUIGI:
il lavoro c'è, si lavora di corsa, escono macchine da riprendere perché in
linea non si riesce a completarle. Ora dovremo lavorare anche il sabato, ma non
saranno pagati come straordinario perché li considerano dei recuperi. Ci sono
state delle fermate indipendenti da noi e ora li dobbiamo recuperare, lo
prevedono i nuovi contratti.
OCC: per
concludere un'ultima considerazione: per quel che avete detto alla Maserati non
si creata quella “comunità di fabbrica” di cui si parla a proposito del nuovo
modo di produrre.
GINO:
no, se ho capito cosa vuoi intendere. Loro vorrebbero che ci fosse un “gruppo”
ma ci sono resistenze da parte degli operai perché ognuno pensa a se stesso.
Questo però vuol dire che non si crea nemmeno un'unità nostra, per i nostri
interessi. Lavoriamo come ti abbiamo detto e ci fanno sentire anche dei
privilegiati; è come se ci indicassero sempre chi sta peggio di noi, chi è in
cassa integrazione, chi non ha lavoro.