di
Medicina Democratica
intervento
presentato da MD alla prima conferenza
nazionale “decrescita, sostenibilità e salute” organizzata dal MDF- Movimento Decrescita
Felice- lo scorso il 28 ottobre a Roma (guarda i video della giornata linkati dal canale youtube del mdf)
Una
contraddizione, nota da decenni, che in questi ultimi anni è diventata più
evidente, dalla quale sembra difficile uscirne.
Agli
inizi della rivoluzione industriale non c’era contraddizione, le condizioni di
lavoro, qualunque fossero, erano accettate. Solo da quando i lavoratori hanno
iniziato ad organizzarsi, quando sono nate le società di mutuo soccorso e i
sindacati il problema ha cominciato a porsi anche se in modo indiretto.
Le prime rivendicazioni hanno riguardato l’aumento dei salari, la rivendicazione per la riduzione dell’orario di lavoro a partire da quello dei bambini. Per lungo tempo gli infortuni sul lavoro e le malattie da lavoro sono state considerate inevitabili, una sorta di necessario tributo al progresso. Una storia che stanno rivivendo oggi i paesi di nuova e spinta industrializzazione che a mala pena si conosce: parliamo delle decine o centinaia di minatori cinesi restano intrappolati nelle miniere di carbone, oppure degli operai tessili, stipati in fabbriche malsane che volte prendono fuoco, come in Bangladesh, con conseguenze disastrose e mortali.
Le prime rivendicazioni hanno riguardato l’aumento dei salari, la rivendicazione per la riduzione dell’orario di lavoro a partire da quello dei bambini. Per lungo tempo gli infortuni sul lavoro e le malattie da lavoro sono state considerate inevitabili, una sorta di necessario tributo al progresso. Una storia che stanno rivivendo oggi i paesi di nuova e spinta industrializzazione che a mala pena si conosce: parliamo delle decine o centinaia di minatori cinesi restano intrappolati nelle miniere di carbone, oppure degli operai tessili, stipati in fabbriche malsane che volte prendono fuoco, come in Bangladesh, con conseguenze disastrose e mortali.
In
Europa, nel pieno sviluppo industriale, si è pensato alle assicurazioni prima
che alla difesa della salute dei lavoratori per quanto la nascita delle
assicurazioni sugli infortuni e sulle malattie sia stato un progresso rispetto
alle condizioni precedenti. In Italia le prime assicurazioni per il
risarcimento degli infortunati sul lavoro sono nate ad opera delle aziende
quando si sono accorte che i numeri erano troppo elevati e quando i costi dei risarcimenti
diventavano pesanti.
C’è stata una legislazione, debole e frammentata, anche in periodo fascista, ma è continuata a prevalere la mentalità dell’inevitabilità del danno da lavoro, la causa era da ricercarsi nel … triste destino.
C’è stata una legislazione, debole e frammentata, anche in periodo fascista, ma è continuata a prevalere la mentalità dell’inevitabilità del danno da lavoro, la causa era da ricercarsi nel … triste destino.
LA SVOLTA
Si può indicare una data: il 20 maggio 1970 la legge n. 300 denominato Statuto dei diritti dei lavoratori. Leggi ve ne erano: per primo l’articolo 32 della Costituzione, e pure vi era l’articolo 2087 del codice civile, successivamente i decreti del presidente della Repubblica n. 347/1955 e 303/1956, ma la svolta è stata espressa con l’articolo 9 dello Statuto, ovvero con la partecipazione diretta dei soggetti interessati alla salvaguardia e alla affermazione della propria salute.
I lavoratori mediante loro rappresentanze hanno il diritto di controllare
l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali, e promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte
le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
Questa
svolta è iniziata qualche hanno prima e si affermata qualche anno dopo,
infrangendosi, però, dopo la legge di Riforma Sanitaria (23.12. 1978 n. 833),
altra grande pietra miliare nella storia del diritto alla salute, quando vi è
stato un abbassamento politico e culturale della tensione partecipativa.
Si
è raggiunto un traguardo, ma non per sempre, quando si è messa in discussione
la monetizzazione della salute e si è affermato il concetto della non delega
della salute al tecnico o all’esperto.
La
salute, si è scoperto, non è un tema a se stante, che vive esclusivamente come
concetto astratto. L’ OMS con la Carta di Ottawa del 1986 ha definito dei
prerequisiti fondamentali:
“la
pace, l’abitazione, l’istruzione, il cibo, un reddito, un ecosistema stabile,
le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l’equità”.
Negli
anni 80 è iniziato il declino, non tutto è stato ovviamente cancellato, ma si
sono separati gli ambiti, si è operato da parte dei detentori del potere
politico e soprattutto economico per indebolire i lavoratori e le loro
possibilità di organizzazione. Pensiamo alla politica dei redditi, quindi al
contenimento salariale, alla eliminazione della contingenza
Il perseguimento di tale politica avvenuta con tutta una serie di leggi e di accordi come la riforma del mercato del lavoro, oppure i 47 tipi tipologie di contratti, per arrivare alla precarietà, e per finire poi con la “manutenzione” ovvero eliminazione dell’articolo 18, non può non avere conseguenze per la difesa del diritto alla salute per i lavoratori, ma anche per l’intera società.
Il perseguimento di tale politica avvenuta con tutta una serie di leggi e di accordi come la riforma del mercato del lavoro, oppure i 47 tipi tipologie di contratti, per arrivare alla precarietà, e per finire poi con la “manutenzione” ovvero eliminazione dell’articolo 18, non può non avere conseguenze per la difesa del diritto alla salute per i lavoratori, ma anche per l’intera società.
LE POPOLAZIONI INQUINATE
Ad acuire la contraddizione, specialmente negli ultimi due decenni sono entrate in campo “le popolazioni inquinate”.
Cittadini che abitano, vivono, lavorano nei pressi di insediamenti industriali che si accorgono, in genere dopo diversi anni che quella fabbrica o quell’insediamento (ad esempio un inceneritore o una discarica), produce vari genere di danni. Osservazioni empiriche, esperienze personali, che evidenziano un numero inaspettato di malati e morti, pongono delle domande. Quando queste osservazioni o constatazioni divengono collettive, nasce un movimento, si forma un comitato che comincia ad indagare ed andare più a fondo, o servendosi anche di persone al suo interno che hanno competenze specifiche, oppure cercando al di fuori altri esperti “democratici” fino ad arrivare a formulare richieste di vario genere che vanno dall’intervento di bonifica fino a quelle di chiusura dell’impianto. Movimenti che chiedono aiuto ai partiti e ai sindacati tradizionali, me che poi ne diffidano, vedendo che nella sostanza si pongono dall’altra parte.
Ed è qui che si manifesta lo scontro fra la popolazione di quel territorio e i lavoratori di quell’impresa.
Ad acuire la contraddizione, specialmente negli ultimi due decenni sono entrate in campo “le popolazioni inquinate”.
Cittadini che abitano, vivono, lavorano nei pressi di insediamenti industriali che si accorgono, in genere dopo diversi anni che quella fabbrica o quell’insediamento (ad esempio un inceneritore o una discarica), produce vari genere di danni. Osservazioni empiriche, esperienze personali, che evidenziano un numero inaspettato di malati e morti, pongono delle domande. Quando queste osservazioni o constatazioni divengono collettive, nasce un movimento, si forma un comitato che comincia ad indagare ed andare più a fondo, o servendosi anche di persone al suo interno che hanno competenze specifiche, oppure cercando al di fuori altri esperti “democratici” fino ad arrivare a formulare richieste di vario genere che vanno dall’intervento di bonifica fino a quelle di chiusura dell’impianto. Movimenti che chiedono aiuto ai partiti e ai sindacati tradizionali, me che poi ne diffidano, vedendo che nella sostanza si pongono dall’altra parte.
Ed è qui che si manifesta lo scontro fra la popolazione di quel territorio e i lavoratori di quell’impresa.
Una
storia durata vent’anni è stata quella dell’Assemblea permanente dei cittadini
davanti alla Farmoplant, una fabbrica chimica che produceva pesticidi in zona
di Massa e Carrara, culminata nella sua chiusura e smantellamento al seguito di
un referendum popolare che ha dato come risultato il 72% di si per la chiusura
in contrasto con il pronunciamento di tutte le forze politiche e sindacali, delle
istituzioni e del vescovo. Una chiusura scontata (preceduta da anni ci cassa
integrazione), ma si poteva evitare? Probabilmente si reimpiegando i lavoratori
in una bonifica integrale e nella modifica delle produzioni. Facile a dirsi, ma
difficile ad attuarsi anche per il rifiuto ad accogliere qualsiasi
controproposta venuta “dal basso”.
Un’altra
storia è quella del Petrolchimico di Marghera, che possiamo dire, nemmeno oggi
si è conclusa, che è sfociata in un processo di grande dimensione, forse il primo
di grande significato per la strada che ha aperto, certo giudiziaria per questo
tipo di crimini, anche di crescita della coscienza sociale e popolare.
Una storia partita da una denuncia di un lavoratore, Gabriele Bortolozzo, addetto all’impianto del CVM (cloruro di vinile monomero) la principale sostanza impiegata ed indiziata, nel Petrolchimico, non certo l’unica, certamente cancerogena, che aveva portato alla malattia e alla morte decine di lavoratori (tre elenchi, rispettivamente di 92, 313, 110 casi di morti e di malati gravi. In tutto 515 persone che, nell’ipotesi dell’accusa si sono ammalate, spesso fino a morire, per il lavoro al Petrolchimico, a stretto contatto con il cloruro di vinile). Il processo iniziato nel 1998 , al seguito delle indagini svolte dal Pubblico Ministero, Felice Casson, con l’inchiesta avviata nel 1994 dopo la pubblicazione di un numero monografico di Medicina Democratica (92/93) curato da Gabriele Bortolozzo, dal titolo: “il cancro da cloruro di vinile al Petrolchimico di Marghera” . Lo stesso Bortolozzo aveva fatto obiezione di coscienza contro il suo essere addetto alla produzione con una sostanza tossica e cancerogena, riuscendo ad essere collocato in altro reparto (senza essere licenziato).
Una storia partita da una denuncia di un lavoratore, Gabriele Bortolozzo, addetto all’impianto del CVM (cloruro di vinile monomero) la principale sostanza impiegata ed indiziata, nel Petrolchimico, non certo l’unica, certamente cancerogena, che aveva portato alla malattia e alla morte decine di lavoratori (tre elenchi, rispettivamente di 92, 313, 110 casi di morti e di malati gravi. In tutto 515 persone che, nell’ipotesi dell’accusa si sono ammalate, spesso fino a morire, per il lavoro al Petrolchimico, a stretto contatto con il cloruro di vinile). Il processo iniziato nel 1998 , al seguito delle indagini svolte dal Pubblico Ministero, Felice Casson, con l’inchiesta avviata nel 1994 dopo la pubblicazione di un numero monografico di Medicina Democratica (92/93) curato da Gabriele Bortolozzo, dal titolo: “il cancro da cloruro di vinile al Petrolchimico di Marghera” . Lo stesso Bortolozzo aveva fatto obiezione di coscienza contro il suo essere addetto alla produzione con una sostanza tossica e cancerogena, riuscendo ad essere collocato in altro reparto (senza essere licenziato).
Non
solo, ma decenni di produzioni di sostanze pesantemente inquinanti, decine di
cd “incidenti”, avevano portato ad un pesantissimo grado di inquinamento la
Laguna di Venezia, una delle meraviglie del mondo, portando gravissimi danni
all’ambiente, mettendo in crisi anche altri lavoratori, come i pescatori, come
gli addetti ad imprese turistiche. Insomma un disastro. Ed anche qui come nel
territorio di Massa e Carrara un referendum popolare ha scelto per la chiusura
del Petrolchimico mostrando un ulteriore e non meno pesante scontro fra
lavoratori, sindacati, forze politiche principali e popolazione inquinata.
IL RUOLO DELLA MAGISTRATURA
Una riflessione va fatta a partire dal processo di Marghera e a seguire dai numerosi procedimenti penali che si sono aperti per morti da lavoro e per disastri ambientali. L’abbiamo fatta noi, come Medicina Democratica, che oltre e dopo quel processo ci siamo costituiti parte civile in una ventina di processi, essendo accolti, per chiedere giustizia, ma anche per utilizzare una modalità efficace che porta ad una crescita della coscienza collettiva sui danni da lavoro e danni ambientali: non è diventata di senso comune oggi la pericolosità dell’amianto dopo il processo a Torino, contro ETERNIT di Casale Monferrato (processo non ancora concluso), che addirittura ha avuto un’influenza di carattere internazionale?
E la politica con l’istituzione sanitaria ed ambientale che hanno fatto: nella gran parte dei casi silenzi, oppure azioni di sviamento “la situazione è sotto controllo”, per non dire connivenze. Eppure le leggi c’erano e ci sono.
Per questo ci rivolgiamo alla Magistratura, nonostante le sue contraddizioni, i suoi tempi lunghi, nonostante il suo agire “ex post”.
Una riflessione va fatta a partire dal processo di Marghera e a seguire dai numerosi procedimenti penali che si sono aperti per morti da lavoro e per disastri ambientali. L’abbiamo fatta noi, come Medicina Democratica, che oltre e dopo quel processo ci siamo costituiti parte civile in una ventina di processi, essendo accolti, per chiedere giustizia, ma anche per utilizzare una modalità efficace che porta ad una crescita della coscienza collettiva sui danni da lavoro e danni ambientali: non è diventata di senso comune oggi la pericolosità dell’amianto dopo il processo a Torino, contro ETERNIT di Casale Monferrato (processo non ancora concluso), che addirittura ha avuto un’influenza di carattere internazionale?
E la politica con l’istituzione sanitaria ed ambientale che hanno fatto: nella gran parte dei casi silenzi, oppure azioni di sviamento “la situazione è sotto controllo”, per non dire connivenze. Eppure le leggi c’erano e ci sono.
Per questo ci rivolgiamo alla Magistratura, nonostante le sue contraddizioni, i suoi tempi lunghi, nonostante il suo agire “ex post”.
Così
il caso ILVA che in questo rapporto fra salute e lavoro è stato il più
eclatante, dove l’intervento determinante della Magistratura ha sollevato il
coperchio, ha attivato esperti importanti, istituti ancora più importanti
(L’Istituto Superiore di Sanità), ha costretto l’istituzione ad intervenire per
porre mano al problema (con le necessarie bonifiche), ma anche per attenuare
l’impatto delle decisioni dei giudici per salvare il lavoro, ma nondimeno per
salvare la proprietà. Proprietà che si fa proteggere anche da grandi esperti
che hanno il coraggio di dire che l’eccesso di tumori fra la popolazione è
dipeso dal grande consumo di sigarette (ma quanto è costata la loro
consulenza?).
In questa occasione si sta mostrando un’evoluzione positiva rispetto agli altri esempi che abbiamo fatto (e ad altri che si possono fare), in cui lo scontro fra salute e lavoro non è così lineare, in cui vi è un “Comitato di lavoratori e cittadini liberi e pensanti” formato anche da lavoratori dell’ILVA, una sorta di indicazione ad affrontare il problema insieme fra lavoratori e cittadini inquinati con il duplice scopo di salvaguardare la salute di ambedue intervenendo nelle modalità di produzione, attuando le bonifiche in modo radicale, quindi senza licenziare e senza eliminare la fabbrica. Una possibilità sperimentata anche nel passato (esempio dell’Alfa Romeo).
In questa occasione si sta mostrando un’evoluzione positiva rispetto agli altri esempi che abbiamo fatto (e ad altri che si possono fare), in cui lo scontro fra salute e lavoro non è così lineare, in cui vi è un “Comitato di lavoratori e cittadini liberi e pensanti” formato anche da lavoratori dell’ILVA, una sorta di indicazione ad affrontare il problema insieme fra lavoratori e cittadini inquinati con il duplice scopo di salvaguardare la salute di ambedue intervenendo nelle modalità di produzione, attuando le bonifiche in modo radicale, quindi senza licenziare e senza eliminare la fabbrica. Una possibilità sperimentata anche nel passato (esempio dell’Alfa Romeo).
CONCLUSIONI
1. È superabile il pensiero di quegli operai riportato da uno scritto di Giovanni
Berlinguer (1977) “Non posso dimenticare quegli operai di Rosignano Solvay,
dove si produce il monomero di cloruro di vinile, cancerogeno, che di fronte
alle prospettive di chiusura della fabbrica dichiararono , e rispondere
leggendo un intervento di Maldonado del 1977 su “Rinascita” “è evidente come,
nel corso di soli 5 anni, fosse passata molta acqua sotto i ponti dai tempi in
cui i fautori della crescita zero erano scherniti come servitori del
capitalismo. Maldonado dimostra chiaramente di avere preso coscienza del fatto
che sviluppo non significa esclusivamente espansione produttiva e che può
esistere uno sviluppo senza crescita”.
2. È auspicabile che da questo convegno, dal complesso di questa iniziativa,
possa nascere un Coordinamento nazionale fra le associazioni e i movimenti
della sanità e della prevenzione per il diritto alla salute costituzionalmente
garantito che, a partire dagli intendimenti di chi l’ha organizzato, si ponga
anche nell’ottica di discutere su che cosa produrre e come produrre.