sabato 26 ottobre 2013

Nuove istituzioni oltre la rappresentanza. Intervista a Michael Hardt

di EL CONFIDENTIAL

Dalla Spagna proponiamo la traduzione di questa intervista giornalistica a Michael Hardt in quanto contiene utili riflessioni sugli spazi di possibilità aperti dai movimenti nella crisi e la posta in palio delle lotte. L’orizzonte su cui si insiste è quello della costruzione di un movimento transnazionale, che in Europa non può assumere la forma della semplice solidarietà dalla Germania verso il Sud: il punto è come attivare processi costituenti e di creazione di nuove istituzioni, oltre e contro la rappresentanza 

Il filosofo politico Michael Hardt non nasconde la sua ammirazione per la società spagnola, principalmente per il protagonismo del 15M, “la fonte di ispirazione senza la quale non sarebbe mai esistito il movimento Occupy Wall Street”.Un affetto senza ombra di dubbio ricambiato, come dimostra la grande accoglienza ricevuta nel breve viaggio spagnolo (Declaration Tour), culminato nell’affollato museo Reina Sofia a Madrid.
Le aspettativa su Hardt sono, non solo in Spagna, proporzionali al successo delle sue prefigurazioni che hanno anticipato (e teorizzato) la sollevazione di quello che insieme a Toni Negri ha definito come moltitudine in rete. É il corpo vivo, dinamico ed eterogeneo che vigila i poteri fattuali della rete, dove ci si organizza, per andare in piazza. 
É una moltitudine rivoluzionaria, quella del “non ci rappresenta nessuno”, che supera le tradizionali strutture di partiti e sindacati per costruire una democrazia dal basso. “Il rifiuto della rappresentanza è una delle qualità più importanti di questi movimenti, perché permette di costruire una vera democrazia che trasforma la società nel lungo termine, generando spazi liberi che aiuteranno a costruire le istituzioni del comune”, dice Hardt.
Quest'ultimo concetto, quello di “istituzioni del comune”, è la parte centrale dell'ultimo lavoro scritto con Negri (Questo non è un manifesto) che è stato il punto di partenza degli incontri tenutisi in Spagna. É un saggio che, passando dall’elaborazione teorica alle pratiche concrete, permette di aprire “un nuovo processo costituente”.

L’inizio di un ciclo di lotte internazionali

L’iniziale diffidenza espressa nei riguardi del 15M, non solo dalla destra ma anche dalla sinistra istituzionale e dai sindacati tradizionali, si è oggi trasformata in un atteggiamento di approvazione paternalistica, non tanto nella forma ma proprio nella sostanza. Viene allora da chiedersi se non si stia in questo modo glorificando il 15M, ma soprattutto: cosa resta di quel movimento che in occasione della mobilitazione del 25S, poco più di un anno fa, è appena riuscito a portare la gente in piazza?
“È evidente che c’è stato un calo nella partecipazione dei cittadini, che non sta più occupando le piazze. Tuttavia, sono molte le risonanze del 15M che si riflettono nelle diverse maree, nelle azioni contro gli sfratti e in molti progetti sociali concreti. Per me, questo è molto importante. Non vuol dire che il 15M sia stato un completo successo, ma bisogna riconoscere che ha prodotto nelle persone un cambiamento di mentalità molto importante”, dice Hardt.
Inoltre, per l'intellettuale nordamericano il movimento degli indignados “ha cominciato un ciclo di lotte internazionali che sono state replicate in molti paesi”, come ad esempio i recenti casi di Turchia e Brasile. A suo parere, queste proteste “hanno pratiche e aspirazioni condivise”. Un punto importante, dice, perché per approfondire la democrazia, e “combattere le ingiustizie economiche causate dal neoliberismo” è necessario un movimento a livello mondiale.
Non basterebbe nemmeno un’alleanza, per esempio, tra i paesi più colpiti dalla crisi come quelli dell'Europa meridionale, ma si deve superare i confini degli stati. E in Europa, in ogni caso, Hardt spiega che “un movimento non deve essere interpretato come un atto di solidarietà della Germania e di altri paesi del nord con quelli meridionali perché siamo tutti nella stessa crisi”.


Il nuovo progetto politico contemporaneo

Per l’intellettuale nordamericano i cambiamenti sociali devono prodursi sia all’interno delle istituzioni che nelle organizzazioni politiche, “non senza fare pressione affinché evolvano” al di fuori do queste. Alla domanda se lui è tra coloro che pensano che i movimenti sociali spagnoli come la PAH (Plataforma de Afectados por la Hipoteca) o le mareas ciudadanas debbano rivendicare la loro quota di potere nelle urne, schiva la risposta dicendo che uno straniero non è la persona più appropriata per esprimere giudizi. Inoltre, aggiunge, “questo tipo di decisioni vengono prese collettivamente”.
Nonostante questo parla del Partito X come “un’alternativa intermedia interessante” e sorprende ancora una volta per la buona conoscenza dell’attualità della politica spagnola. Tuttavia, Hardt riconosce, in linea con le sue teorie, che è “più a favorevole ai movimenti sociali democratici che alle opzioni elettorali, anche se si può lavorare contemporaneamente su entrambi i fronti”.
Una cosa è una prospettiva a breve termine, con la conseguente difficile ricerca del consenso, altro è il lungo termine, definito come l’orizzonte da raggiungere: la costruzione di istituzioni del comuni in cui sia lo Stato (il “pubblico”) che il potere economico (il “privato”) hanno il minor spazio possibile. Le istituzioni del comune, dice, sono la salvaguardia di diritti sociali come l'istruzione, la salute e l'accesso alle risorse “che devono essere gestite dalla società, e non dallo Stato o dalle imprese”.
Un discorso da non confondere con l’economia dei beni comuni di Michael Felber nel quale sono necessariamente coinvolte le organizzazioni imprenditoriali. I due discorsi coincidono in quanto propongono un modello aperto che deve essere costruito tra tutti i membri della società, cercando nuovi canali di partecipazione, con orizzontalità e uguaglianza.
Entrambi i modelli sfuggono anche agli -ismi: “Il comune non deve essere né il capitalismo né il socialismo, ma una gestione democratica delle risorse vitali. Un esempio che già esiste in Spagna è la piattaforma anti-sfratti e per l'occupazione di case a gestione collettiva della Plataforma de Afectados por la Hipoteca”.

E il giorno dopo?

Tutte le teorie politiche di trasformazione radicale dell’esistente hanno il peccato originale del giorno dopo la caduta del modello dominante, un ostacolo che il marxismo risolse con la dittatura del proletariato. Per avviare un “processo costituente”, come quello che prefigura Hardt, è necessario che prima si produca un “processo destituente”. Se si accelera la congiuntura attuale fino al punto di provocare un collasso del sistema, la società è pronta ad assumere il potere e a organizzarsi, oppure c’è il rischio che trionfino il populismo reazionario o addirittura governi tecnocratici ancora più anti-democratici?
“Si tratta di una sfida considerevole al giorno d’oggi, perché credo che i movimenti sociali sono ancora effimeri e non raggiungono la potenzialità sufficiente per prendere le redini di un processo costituente dopo la caduta del regime vigente. Una cosa è occupare le piazze durante 4 o 5 settimane, un’altra è quella di essere capaci di trasformare la società a lungo termine”. Un problema che secondo Hardt bisogna risolvere attraverso la pratica quotidiana, “costruendo giorno dopo giorno nuovi spazi democratici, e non solo piazze dove dibattere, estendendoli a tutta la società per fa sì che si riproducano nel tempo. Forse i movimenti sociali spagnoli possono in questo senso offrire un punto di vista migliore di altri paesi, ma questa è una sfida comune a tutti”.
Hardt dice che nelle discussioni con Negri parlano sempre di questa possibilità futura. La conclusione alla quale arrivano e che entrambi condividono è che “le lotte quotidiane di resistenza ai processi neoliberisti, la liberazione di spazi urbani che permettono la gestione del comune e si collocano al di fuori del dominio delle decisioni dello Stato, ecc., possono servire come basi per il futuro, che vanno lentamente migliorandosi per quando arriverà il momento”.

* Pubblicata su El Confidential. Traduzione per commonware.org di Dario Lovaglio
Sugli stessi temi dalla Spagna segnaliamo anche l'intervista su Diagonal.