il successo elettorale del movimento grillino non ha abbracciato soltanto il segmento sociale generazionale – i precari di prima generazione tra i 25 e i 40 anni- , bensì ha coagulato attorno ad esso un insieme di segmenti trasversali colpiti dalle politiche recessive imposte dalla troika, perlopiù rappresentativi di un ceto medio ormai declassato o in via di impoverimento
Chissà quante sperticate analisi si produrranno per spiegare il “fenomeno Grillo”. Ci si muove però ancora dentro il paradigma politologico della c.d. “seconda repubblica”. Infatti, secondo i canoni maturati negli ultimi vent’anni, la fenomenologia del consenso passerebbe attraverso il rapporto diretto del leader con il popolo, così come si sarebbe realizzata quella costituzione materiale che con il premierato sostanziale avrebbe posto in essere l’alternativa alla crisi della democrazia rappresentativa della prima repubblica. Insomma, da tempo oramai, a perdere o a vincere non sono più i blocchi sociali aggregati su progettualità ideali che in qualche modo rappresentavano la demarcazione del conflitto di classe post resistenziale.
Dopo tangentopoli e la fine del
sistema dei partiti dell’arco costituzionale, con il conseguente abbandono del
proporzionalismo elettorale e l’introduzione progressiva del maggioritarismo
bipolare, il rinnovamento della politica italiana - in nome di una
modernizzazione liberata dagli equilibrismi coesistenziali imposti dagli
assetti internazionali postbellici – veniva imperniato sulla stabilità
governmentale, privilegiando la razionalità esecutiva posta al centro
dell’ordinamento istituzionale, riducendo de
facto a mera finzione giuridica la costituzione della repubblica
parlamentare: le prerogative del potere legislativo dovevano piegarsi al
decisionismo esecutivo di un premierato informale e aziendalistico manageriale.
Tutto ciò veniva condito dalla presunta legittimazione della volontà espressa
dall’elettorato attivo chiamato a trasferire, mediante un patto fiduciario
diretto, la sovranità popolare nelle mani di “un uomo solo al comando” (come
direbbero i vecchi cronisti dell’epopea ciclistica). Quanto detto, a scanso di
equivoci, non è una critica indirizzata ad uno solo dei campi della contesa
bipolare, ma al berlusconismo imperante fattosi sistema, da cui non è stato immune
l’intero quadro politico istituzionale, ivi compreso il centrosinistra nelle
sue varie esperienze coalizionali.
Ora il “fenomeno-Grillo”, a primo
acchito, appare una vicenda politica che si inquadrerebbe nel solco del
leaderismo personalistico, però con una variante anomala insormontabile che
mina l’ideologia governamentalista: la tripolarizzazione del quadro
istituzionale rappresentativo. Il bipolarismo sembrava essersi consolidato, sia
pure in modo imperfetto, in funzione della governmentalità. Oggi il M5S ha
dimostrato che non sono le operazioni di ingegneria elettoralistica ad assicurare la stabilità, anche se si continua
ad invocare da tutte le parti un “governo di scopo o del presidente” che nella
sua agenda metta - in primo luogo- la riforma del vigente porcellum, con il
malcelato intento di confinare ai margini dello spazio di rappresentanza ogni
possibile futura espressione del c.d. “voto di protesta”, assicurando una
governabilità certa dall’esito dei suffragi: v’è da scommettere che, dopo
questa tornata, le probabilità di un doppio-turno maggioritario alla francese siano
cresciute di molto rispetto anche ad un proporzionale irrobustito con un’alta
soglia di sbarramento.
La questione su cui ci si deve
interrogare è se, ben al di là del fenomeno-Grillo, il successo del M5S sia
frutto di un voto di protesta o il portato di un nuovo blocco sociale.
Una prima osservazione da fare
sull’analisi del voto è che mai nella storia della repubblica s’è registrata
un’alta percentuale di consensi non mediati dallo scambio elettorale clientelare
o ispirati dalle ideologie. Quindi siamo ben oltre la dimensione contenuta del
voto di protesta, fisiologicamente ben presente nella storia elettoralistica
patria. Certo possiamo pure immaginare che un comico di fama possa riempire le
piazze, come se la gente andasse ad uno spettacolo offerto gratuitamente nel
corso della festa del santo patrono, ma anche ai più accesi denigratori di
Grillo è difficile spiegare le milionate di voti presi dal M5S con il successo di
un canovaccio “cabarettistico”.
Interroghiamoci più seriamente invece
sui temi posti dal movimento grillino in campagna elettorale, per esempio quello
sul reddito di cittadinanza argomentato nei comizi di Grillo con la critica
all’ideologia lavorista dominante, in una società dove si genera precarietà e
disoccupazione di massa come condizione permanente di esclusione sociale.
Mentre a sinistra, anche in quella più oppositiva, si propongono modelli novecenteschi
vagheggianti piani di lavoro per una piena occupazione, i “grillini” più
realisticamente immaginano la possibilità di un accesso al reddito non mediato
dal rapporto salariale ( anche se nel programma è prevista una legge a tempo
–triennale- finanziata con lo “storno” in primo luogo della spesa destinata
agli armamenti, a cominciare dagli F35, e ai megaprogetti infrastrutturali). Ed
ancora. La questione dell’alta velocità. Grazie ai “grillini” la lotta NoTAV è
entrata nella campagna elettorale, così come è entrata con forza la lotta NoMuos
condotta in Sicilia. In sostanza nella tribuna elettorale, dove solitamente i
conflitti sociali vengono oscurati dalla politica-politicante, s’è ritornato a
parlare delle lotte come in passato si parlava delle lotte operaie e contadine.
Allora, diciamolo chiaramente che una
buonissima parte del programma-M5S è il terreno rivendicativo su cui si sono
costituiti i movimenti antagonisti degli ultimi anni e che la sua base
compositiva sociale ricorda da vicino quella stessa che ha dato origine alle acampadas
spagnole.
Come aveva già rilevato il collettivo UniNomade nel pieno della campagna elettorale attorno ai grillini si sono concentrate le tensioni sociali generate dalla crisi, non a caso evidenziavano “che una parte qualitativamente consistente è formata da giovani ma non giovanissimi, tra i 25 e i 40 anni, perlopiù rappresentativi di un ceto medio ormai declassato o in via di impoverimento, che non trovano una corrispondenza tra titolo di studio e posizione occupata dentro il mercato del lavoro. Sono i precari di prima generazione, di cui esprimono alcune delle caratteristiche principali (dal rifiuto delle forme di rappresentanza tradizionali all’utilizzo innovativo della comunicazione)”.
L’apertura delle urne però ha dimostrato che il successo del M5S è andato oltre ogni previsione. Non ha abbracciato soltanto un segmento sociale generazionale, bensì ha coagulato un insieme di segmenti trasversali colpiti dalle politiche recessive imposte dalla troika. Crediamo non sia un azzardo richiamare l’analogia con SIRYZA, se non altro perché come in Grecia anche da noi la maggioranza della società italiana ha fatto sentire l’assoluta distanza dall’austerity europeista contro il sistema finanziario dominante. Infatti, sommando il 25% dell’astensionismo attivo e il 25% che ha votato M5S si sfiora la soglia della maggioranza del paese, senza contare il grande bacino elettorale che vota ancora “a sinistra” - soprattutto il PD - più per affetto ideologico residuale dell’eredità del PCI ma che sicuramente ha ben altre aspettative rispetto alla sua classe dirigente sempre più prona verso il liberal-neoliberismo. Siamo d’accordo con Bifo quando dice: “L’elettorato italiano ha detto: non pagheremo il debito. Insolvenza. La governance finanziarista d’Europa è finita, anche se Berlusconi e Bersani si metteranno d’accordo per sopravvivere e continuare a impoverire il paese spostando risorse verso il sistema finanziario. Non durerà” (L’anti-Europa è sconfitta, articolo ripreso anche Noteblock nella sua ultima newsletter).
Come aveva già rilevato il collettivo UniNomade nel pieno della campagna elettorale attorno ai grillini si sono concentrate le tensioni sociali generate dalla crisi, non a caso evidenziavano “che una parte qualitativamente consistente è formata da giovani ma non giovanissimi, tra i 25 e i 40 anni, perlopiù rappresentativi di un ceto medio ormai declassato o in via di impoverimento, che non trovano una corrispondenza tra titolo di studio e posizione occupata dentro il mercato del lavoro. Sono i precari di prima generazione, di cui esprimono alcune delle caratteristiche principali (dal rifiuto delle forme di rappresentanza tradizionali all’utilizzo innovativo della comunicazione)”.
L’apertura delle urne però ha dimostrato che il successo del M5S è andato oltre ogni previsione. Non ha abbracciato soltanto un segmento sociale generazionale, bensì ha coagulato un insieme di segmenti trasversali colpiti dalle politiche recessive imposte dalla troika. Crediamo non sia un azzardo richiamare l’analogia con SIRYZA, se non altro perché come in Grecia anche da noi la maggioranza della società italiana ha fatto sentire l’assoluta distanza dall’austerity europeista contro il sistema finanziario dominante. Infatti, sommando il 25% dell’astensionismo attivo e il 25% che ha votato M5S si sfiora la soglia della maggioranza del paese, senza contare il grande bacino elettorale che vota ancora “a sinistra” - soprattutto il PD - più per affetto ideologico residuale dell’eredità del PCI ma che sicuramente ha ben altre aspettative rispetto alla sua classe dirigente sempre più prona verso il liberal-neoliberismo. Siamo d’accordo con Bifo quando dice: “L’elettorato italiano ha detto: non pagheremo il debito. Insolvenza. La governance finanziarista d’Europa è finita, anche se Berlusconi e Bersani si metteranno d’accordo per sopravvivere e continuare a impoverire il paese spostando risorse verso il sistema finanziario. Non durerà” (L’anti-Europa è sconfitta, articolo ripreso anche Noteblock nella sua ultima newsletter).
La vera scommessa col grillismo si
gioca tutta sul terreno della democrazia: la partecipazione massiccia ai comizi
nelle piazze reali, come non si vedeva da anni, ha mostrato il bisogno di superare
il limite di una sovranità mediatica espressa dall’agorà virtuale, dove la cittadinanza on line è de facto più una prerogativa dell’aristocrazia
blogghista piuttosto che dalla gran massa di cittadini ancora troppo distanti
dalla rete. Però la scelta politica di portare dentro la competizione
elettorale quell’embrione di democrazia diretta, sperimentata sia pure
virtualmente attraverso il blog, è stata tanto presa sul serio al punto tale da
provocare un cortocircuito dello spazio
di rappresentanza delegata.
I richiami al senso di responsabilità
del M5S, sul piano istituzionale, hanno una loro ratio formale ma che mal si coniugano con le pratiche partecipative
invocate dai grillini, in nome delle quali buona parte del corpo sociale ha
fatto confluire il consenso elettorale.
In sostanza non si può chiedere a
Grillo alcuno impegno su una eventuale alleanza governativa, giacché il punto di
riferimento dell’azione parlamentare, così com’è sta accadendo all’Assemblea
regionale siciliana, non è il quadro esecutivo istituzionale bensì il cittadino,
al quale viene offerta tramite lo strumento della rappresentatività l’accesso
al palazzo. Un rapporto siffatto non è semplice da concretizzare perché mancano
nuovi spazi extraistituzionali altrettanto legittimati, più legati al
territorio che al mondo virtuale, dove la modalità diretta di formazione delle scelte
possa essere largamente condivisa e riversata nella spazio istituzionale della
rappresentanza. In altri termini, manca quella sorte di legame virtuoso realizzatosi
per esempio in Val di Susa, che vede
nelle assemblee della valle il vero soggetto politico decisionale, alle quali
si conformano i deliberati ratificanti degli enti locali, i cui amministratori
sono espressioni rappresentative di quel conflitto sociale in ragione della
loro internità e non già in virtù di uno scambio politico che separa l’eletto dall’elettore.
Molto presto il M5S dovrà affrontare
la questione di come poter uscire nell’impasse in cui si trova: da un lato,
essere forza parlamentare decisiva nel quadro della democrazia delegata,
dall’altro, voler essere forza strumentale di cambiamento al centro del quale
v'è la partecipazione diretta del cittadino. Pur tuttavia si deve
riconoscere che la soluzione non è un affare politico tutto interno al
movimento grillino, ma investe complessivamente il quadro delle forze che ha portato M5S ad essere la prima forza politica del paese e che potrebbe divenire la
costituente di un nuovo blocco sociale anticapitalista.