Nel Manifesto l’aggettivo nuovo stava dopo il sostantivo soggetto, non prima, a sottolineare che non intendiamo dar vita semplicemente a un’altra entità politica (una tra le altre – un altro protagonista marginale di una vita pubblica logorata) ma a qualcosa di effettivamente nuovo, che rompa con la pratica prevalente e instauri uno stile di relazione e di azione questo sì DIVERSO. Per questo il modo con cui si svolgeranno i lavori nel nostro incontro sono decisivi: dovremo sperimentare un metodo per lavorare insieme democratico, partecipativo e fattivo nello stesso tempo.
Vediamo ogni giorno di più quanto la crisi dell’attuale sistema dei partiti vada precipitando. L’ultimo sondaggio realizzato da Mannheimer per il “Corriere della sera” ci dice che la fiducia dei cittadini nei confronti dei partiti è scesa al minimo storico del 2 per cento. Quella nel Parlamento all’11 per cento (solo un cittadino su dieci si fida del nostro massimo organo di rappresentanza politica). E siamo un REPUBBLICA PARLAMENTARE! Ciò significa che la separazione tra le attuali forme organizzate della politica e i cittadini sta tirando giù la nostra democrazia. La crisi dei partiti si sta trasformando in crisi di legittimazione del modello democratico.
Di questo a Firenze soprattutto discuteremo:
della crisi della nostra democrazia, dentro la quale ci sono, in primo luogo,
la crisi dei diritti sociali, la crisi del lavoro (su cui, art. 1, si regge la
Repubblica), la crisi del Welfare, la crescita smisurata delle diseguaglianze e
delle ingiustizie sociali, l’insostenibilità della situazione economica, unificati,
tuttavia, dal tema prioritario del “Che fare” qui e ora. Di come spezzare la
spirale della sfiducia e dell’inazione, e di come segnare un punto di rimbalzo.
Una linea di resistenza.
Questa passa – l’abbiamo affermato a chiare
lettere – attraverso il rifiuto della delega della politica e della
rappresentanza agli attuali partiti. E, quindi, attraverso la costruzione di
uno strumento costituzionale di partecipazione della cittadinanza alla vita
democratica del paese, che intende essere protagonista non marginale né
minoritario della lotta politica. Uno strumento che non è esclusivo (non chiede
ai suoi aderenti il monopolio dell’appartenenza, ammette appartenenze politiche
plurime, polimorfe e molteplici, ma un’adesione di fondo a un comune stile di comportamento
politico, alla comune costruzione di un’alternativa secondo le forme e i
riferimenti valoriali indicati nel Manifesto). Ed è democratico nei suoi
assetti interni, orientati al rigoroso principio di legalità e a un’assoluta
trasparenza e condivisione dei processi decisionali. La forma del nostro
lavorare insieme sarà il nostro banco di prova, l’Assemblea aperta di Firenze
sarà solo il primo momento, necessariamente imperfetto e parziale, di un
percorso che dovrà vedere una progressione di partecipazione.Dovremo uscire da quella giornata con delle decisioni precise:
1) Dovremo decidere in primo luogo il nome che ci daremo. E farlo attraverso un lavoro collettivo e partecipato: per questo ve ne proporremo alcuni, altri vi preghiamo di farceli pervenire via mail, senza timidezza, poi ne faremo un elenco e li porteremo in votazione nel corso dell’Assemblea.
2) Dovremo valutare come (il perché lo sappiamo già benissimo) stare dentro la battaglia in corso per i diritti del lavoro, e in particolare il tentativo di liquidare, o di limitare, le garanzia dell’art.18. Con quali iniziative, con quali strumenti, in modo da garantire le più ampie alleanze sociali e culturali possibile a chi, come la Fiom, si batte in prima linea.
3) Dovremo affrontare il tema ispido delle elezioni e della rappresentanza, in maniera attiva come lo stanno già affrontando molte realtà dove si vota a queste amministrative. Naturalmente non abbiamo per nulla deciso se ci candideremo alle politiche e con chi, perché, appunto, potremo deciderlo solo col metodo democratico che ci stiamo dando quando la questione sarà matura. Ma di certo non potremo ignorare quella scadenza, per tante ragioni. In primo luogo perché quanto avverrà in Italia nel 2013 avrà un effetto decisivo sul destino della nostra democrazia e perché un’iniziativa come la nostra, che si propone di mettere in campo una nuova soggettività e ambisce a cambiare la politica nel nostro Paese, se dovesse mancare all’appuntamento delle prossime elezioni politiche abortirebbe sul nascere.
4) Dovremo iniziare a individuare insieme quadri di senso programmatici, per l’altra Italia e l’altra Europa che vogliamo: su quali temi prioritari impegnarci nell’elaborazione e nell’azione. Ponendo così le basi per un lavoro sui contenuti che avrà come primo sbocco una due giorni da tenere a giugno, in modalità partecipative ben articolate.
5 Dovremo strutturare la nostra presenza a rete nei territori, e trovare una forma di coordinamento e di organizzazione, dando vita ad una struttura non centralistica, ma neppure acefala. Cosa bella a dirsi, difficile a farsi.
Firenze vuole essere uno “spazio pubblico aperto”, di confronto, chiarimento e comune elaborazione.
In moltissimi/e hanno scritto, in questi
giorni, ponendo un’enorme quantità di domande (segno non solo dell’interesse ma
della voglia di protagonismo critico) sul “soggetto politico nuovo”. E’ stata
elaborata una prima lista di sintetiche possibili risposte (di FAQ, per dirla
in linguaggio telematico, di Frequently Asked Questions) consultabile on line
sul sito (MANIFESTO PER UN SOGGETTO POLITICO NUOVO)