domenica 8 settembre 2024

CONTRO IL NUOVO GOVERNO FASCISTA E RAZZISTA DI MACRON

 -Turi Palidda -

 Prime grandi manifestazioni di massa 

L’arcaismo della Quinta Repubblica è un cancro che la minaccia attraverso gli ultimi slanci del macronismo e l’ascesa del lepenismo. È importante trovare soluzioni per sbarazzarsene

Le sinistre e gli ecologisti del Nuovo Fronte Popolare (NFP) l’avevano annunciato non appena Macron aveva totalmente rifiutato di incaricare la loro candidata Lucie Castets a capo del governo. Ed era evidente che l’unica possibilità che questo neo-monarca potesse tentare di creare il SUO governo era di puntare sull’appoggio esterno del partito di Le Pen-Bardella.

É solo così che l’ignobile Macron può sperare di soddisfare la sua ambizione di far trionfare un liberismo fascista-razzista-sessista, cioè la negazione totale del programma del Nuovo Fronte Popolare.

Come aveva abusato dei poteri del presidenzialismo francese imponendo la scellerata riforma delle pensioni contro l’opinione acclarata di oltre il 70% della popolazione, ora vuole imporre un governo di minoranza che potrà sopravvivere solo con il benevolo appoggio del partito di Le Pen-Bardella.

É il prevedibile tradimento di quell’elettorato che aveva persino votato parlamentari del partito di Macron per sbarrare la strada alla vittoria dei fascisti-razzisti lepenisti-bardelliani. In realtà la maggioranza di questo nuovo governo che Macron vuole imporre a tutti i costi è l’espressione di tutte le destre che sono sfacciatamente fasciste, razziste e sessiste, come appunto è il liberismo macroniano non meno di quello del governo italiano della Meloni.

Ma la partita non è chiusa! Il 7 settembre è cominciata una nuova stagione di grandi mobilitazioni popolari che via via cresceranno e questa volta non si fermeranno sino a quando la parola d’ordine principale non sarà realtà: MACRON DEMISSION!

Lo stesso giornale super-moderato Le Monde non nasconde le critiche al procedere di Macron e lo scetticismo sulla riuscita della sua scommessa di imporre a tutti i costi la scelta di destra totale.

150 manifestazioni si sono svolte ieri in tutta la Francia: oltre 300 mila manifestanti di cui circa 160 mila solo a Parigi. Più del solito la polizia riduce il numero e stima che a Parigi ci siano stati solo 26 mila manifestanti. Non sono mancati i timori di provocazioni da parte di qualche banda fascista in combutta con gli sbirri di Darmanin che notoriamente sono in maggioranza elettori del partito di Le Pen-Bardella.

Come dice una leader dei manifestanti, la nomina di questo governo totalmente di destra è “violenza di Stato”. “Abbiamo speso il nostro tempo di militanti a spiegare alla gente che bisognava credere al potere delle urne. E ora che gli diremo?” “E’ una sconfitta terribile per tutta la gente che s’è messa a militare per la prima volta con speranza!”

La collera è diffusa in tutta la Francia, quella stessa collera del 70% dei francesi che era contro la riforma delle pensioni che Macron poi ha imposto grazie ai suoi poteri (fascisti) presidenziali (e l’impossibilità di far ricorso al referendum abrogativo).

É allora importante leggere ciò che il celebre giurista Paul Allies ha pubblicato: il comunicato della Convenzione per la Sesta Repubblica creata appunto all’interno dell’area del NFP per lavorare al superamento dell’«aberrazione (pseudo) democratica dell’attuale Quinta. L’aberrazione che permette il ‘talento’ di un presidente imprevedibile [per non dire provocatore fascista] che ha scelto un capo di governo il cui partito ha raccolto solo il 5,4% dei voti il 7 luglio [è appunto il partito di Barnier]. […]

Nel 2021, durante le primarie della destra, questo partito ha avanzato delle proposte ancora più estreme di quella di Marine Le Pen (sull’immigrazione o su uno “scudo costituzionale” contro i diritti fondamentali riconosciuti dalle corti internazionali ed europee).

Macron passerà quindi alla storia come il responsabile di una bancarotta politica senza precedenti nella Quinta Repubblica. Ma proprio questo sta alla base di questo vasto disordine.

Ci troviamo in una crisi di regime in cui le istituzioni stanno alimentando un disordine costituzionale senza via d’uscita. L’iperpresidenzialismo che hanno prodotto ha rovinato l’equilibrio dei poteri, la responsabilità di chi detiene il potere e la legittimità parlamentare.

La Quinta Repubblica è davvero questa “macchina del tradimento” contro cui combattiamo instancabilmente da due decenni e più. Il successo elettorale del Nuovo Fronte Popolare (NFP) avrebbe potuto essere l’occasione per rimediare, se il Presidente avesse rispettato la pratica vigente ovunque in Europa, attribuendo al leader della formazione arrivata prima alle elezioni legislative la responsabilità di costituire una coalizione di governo.

È stata l’Assemblea a decidere sulla sua fattibilità, altrimenti la responsabilità sarebbe passata al secondo per numero di seggi.

Ma sono la Costituzione del 1958 e il sistema di voto a maggioranza a impedire questo processo. Situando la scelta del Primo Ministro fuori dal perimetro parlamentare, lo pone nell’orbita di un presidente che lo seleziona più che nominarlo.

Macron, dunque, non ha commesso alcun illecito. Ha agito come un presidente che governa e concentra tutte le funzioni dell’“Esecutivo”, con l’incoraggiamento della costituzione.

Avremmo potuto sperare che il NFP denunciasse immediatamente questo sistema. Invece ha aperto un periodo troppo lungo per la scelta di un “primo ministro”, arrivando fino a questo sorprendente “colloquio di lavoro” del suo candidato con il presidente, accompagnato dalla soddisfazione pubblica espressa dalla delegazione della NFP che lo accompagnava.

L’altra strada sarebbe stata quella di formare un contro-governo pluralista aperto alla società civile. Il gran numero di associazioni e sindacati che si sono mobilitati efficacemente per la sua vittoria contro il partito di Le Pen-Bardella è un bene raro e prezioso per la mobilitazione democratica e popolare.

Tra le altre misure, aggiornando quelle del suo “contratto legislativo” adottato il 13 giugno, il NFP avrebbe potuto mantenere l’applicazione dell’articolo 11 della Costituzione che prevede una “proposta del Governo durante la durata delle sessioni” affinché il Presidente della Repubblica sottoponga a referendum “un disegno di legge relativo all’organizzazione dei pubblici poteri”.

In questo caso si tratterebbe della soppressione di tre articoli della Costituzione: l’articolo 8 (il presidente nomina – e di fatto revoca – il primo ministro), l’articolo 9 (il presidente “presiede il consiglio dei ministri”) e l’articolo 12 (il Presidente ha il diritto esclusivo di scioglimento).

Invece, il Primo Ministro sarà scelto e presterà giuramento all’Assemblea Nazionale. È lui che avrà il diritto di scioglimento.

Si tratta della possibilità di un’evoluzione silenziosa verso un regime primario-ministeriale, soprattutto se si aggiunge l’adozione del metodo del voto proporzionale, oggetto di un disegno di legge approvato dall’Assemblea.

Se Macron rifiutasse la proposta, dovrebbe giustificare il mantenimento del suo esorbitante potere, avendone abusato in queste circostanze.

Non solo questa strada non è stata nemmeno menzionata, ma c’è stato un silenzio totale sulle possibili riforme del regime e sulla loro rilevanza per uscirne. Si preferiscono soluzioni massimaliste (dimissione del capo dello Stato, convocazione di un’assemblea costituente), improbabili o impraticabili rispetto al testo costituzionale.

Il resto però non è scritto. Di fronte alla possibilità che il Presidente si dimetta prima della fine del suo mandato quinquennale, bisogna sperare in un avvio immediato del PFN. La transizione verso una Sesta Repubblica, che figura nel suo programma, può essere immaginata da due prospettive.

Innanzitutto quella delle elezioni presidenziali stesse, presupponendo che il candidato, designato da una Primaria, si batta, tra l’altro, su un progetto di revisione. Una volta eletto, sarebbe discusso sia dal parlamento che da un comitato costituzionale partecipativo, con ratifica tramite referendum.

Oppure quella di allora e di oggi, cioè una “Assemblea dei cittadini” del tipo “Convenzione sul clima” instaurata nell’ottobre 2019 dal Consiglio economico, sociale e ambientale. Il campo sarebbe aperto a iniziative deliberative in tutto il Paese, attorno a obiettivi che rendano desiderabile un processo costituente, che si muova in modo convincente fino alle elezioni del 2027.

La comunicazione libera e completa dei “Quaderni di denuncia e rivendicazioni” (cahiers de doléances, o quaderni o registri di doglianza) depositati nei municipi alla fine del movimento dei Gilets Gialli potrebbe essere il primo atto di questo approccio.

Tutti questi temi (quale proporzionale, quale processo costituente, quale sistema di poteri?) meritano un dibattito. Mai prima d’ora una crisi di regime aveva richiesto così tante risposte per configurare una democrazia sociale e politica adeguata a una società profondamente trasformata.

L’arcaismo della Quinta Repubblica è un cancro che la minaccia attraverso gli ultimi slanci del macronismo e l’ascesa del lepenismo. È importante trovare soluzioni per sbarazzarsene.

La questione democratica è più che mai parte integrante della questione sociale. La Convenzione per la Sesta Repubblica è pronta a contribuire al movimento per la sua risoluzione».

Il cantiere della lotta contro la dittatura di Macron è vasto e occuperà sia le strade e le piazze di tutta la Francia sia le convenzioni, i convegni e le assemblee costituenti.

pubblicato in contemporanea con pressenza