“La costituzione materiale,
attraversata da tale antagonismo, si pone ‘dentro e contro’ la costituzione
formale”2 .
Negli anni ‘70 il lavoro respinge il
ruolo affidatogli dalla Costituzione del ‘48 di ponte tra costituzione
materiale e formale, diventando l’elemento che manda in crisi lo Stato-piano.
Si passa, così, allo Stato-crisi che risponde al lavoro, diventato potere
costituente, trasformandosi in organizzatore collettivo dello sfruttamento.
Negri, facendo riferimento ai Grundrisse di
Marx, sostiene che il processo di costituzionalizzazione del lavoro corrisponde
alla sussunzione formale del lavoro al capitale. In questa fase viene
riconosciuta la capacità del lavoro di produrre ricchezza e la sua esteriorità
rispetto al capitale. Nella fase della sussunzione reale il capitale respinge l’esteriorità
del lavoro. Viene preso atto del fallimento della costituzionalizzazione del
lavoro e della mediazione tra lavoro e capitale. Il risultato è l’ascesa del
neoliberismo e lo smantellamento del welfare state. Diversamente dalla maggior
parte dei pensatori marxisti:
“Negri orienta l’analisi dello Stato a
partire della produzione, cioè dall’antagonismo insito nei rapporti sociali
capitalistici. Si tratta di un gesto marxiano: una ripresa del Marx che pensa
lo Stato come effetto della società e dei diversi poteri che qui si
contrappongono, come un’architettura gotica che dipende dagli esiti della lotta
di classe”3 .
2. Impero . Il concetto viene utilizzato da
Negri e Hardt nell’omonimo libro del 2000 per rendere conto della crisi, dopo
il 1989, dell’ordine westafliano che lascia il passo alla globalizzazione, cioè
processi globali che vanno oltre le capacità di controllo dello Stato nazione.
Impero non è il termine utilizzato per descrivere un mondo governato da una
sola superpotenza, gli USA, ma una nuova forma di sovranità che serve per
collegare la nuova costituzione materiale a quella formale. Questo processo non
è determinato unicamente dal capitale ma anche dalle lotte dei movimenti di
liberazione nazionale nel Terzo Mondo e del movimento operaio. La
globalizzazione, quindi, è anche lo scenario globale in cui ora si confrontano
lavoro e capitale. Il modello è la Costituzione americana, prodotta dalla molteplicità,
dalla moltitudine, e non dalla sua espulsione.
“La Costituzione americana rompe con
la genealogia della sovranità moderna perché mette in atto un progetto
‘espansivo’ e non ‘espansionistico’”4 .
Si produce una rottura con la
sovranità moderna. Lo Stato-nazione annichilisce i poteri fuori da sé mentre la
sovranità imperiale li integra. Riportando questo dibattito alla
contemporaneità, significa che il capitale è capace di una continua sussunzione
e di espandersi oltre i limiti dello Stato-nazione.
Per quanto riguarda l’esercizio dei
poteri, Negri e Hardt fanno riferimento al modello polibiano di costituzione
mista dove monarchia, democrazia e aristocrazia si esprimono in una forma di
governo stabile. Nella sovranità imperiale questo modello assume la forma di
una ibridazione perché priva di un centro definito. Inoltre produce quelli che
Zaru chiama nuovi agglomerati di potere come le grandi corporations.
Impero ha prodotto aspri e duraturi
dibattiti nel movimento comunista internazionale perché la sua struttura
teorica mette in discussione un concetto centrale per i comunisti come quello
di imperialismo, figlio della sovranità moderna e del rapporto tra
Stato-nazione e capitale. L’autore ha affrontato in maniera dettagliata questo
dibattito nel libro La
postmodernità di «Empire». Antonio Negri e Michael Hardt nel dibattito
internazionale (2000-2018) . Nel lavoro che stiamo analizzando
solleva tre punti in particolare di questa discussione. Il primo riguarda il
ruolo dello Stato-nazione in Impero. I critici attaccano Negri e Hardt per aver
liquidato completamente lo Stato-nazione nel libro ma in realtà, sostiene Zaru,
si tratta di una loro trasformazione, citando i due autori, in “filtri della
circolazione globale”. Secondariamente, i critici difendono la validità
scientifica del concetto di imperialismo perché esistono ancora nazioni, come
gli USA, capaci di adottare politiche imperiali e di controllare in maniera
decisiva i processi di accumulazione globali. Negri e Hardt rispondono facendo
riferimento a Marx, in particolare alla differenza tra la sussunzione formale e
reale del lavoro al capitale.
Alla prima categoria appartiene
l’imperialismo che si dispiega assorbendo ciò che è esterno al capitalismo, con
un evidente riferimento agli studi di Rosa Luxemburg.
L’Impero appartiene alla seconda
categoria ed emerge quando questo spazio esteriore si esaurisce. Tuttavia
questa trasformazione non porta alla scomparsa della sussunzione formale, anzi,
si dispiegano continuamente processi di entrambi i tipi senza portare alla
produzione di uno spazio esterno al capitale.
Il terzo punto riguarda il ruolo degli
USA nella politica internazionale. Con la Seconda guerra del Golfo molti
critici di Negri e Hardt hanno decretato la morte del concetto di Impero ma i
due autori ne difendono la capacità esplicativa perché registrano i cambiamenti
avvenuti tra la stesura finale del libro, nel 1997, e questa guerra. In
Moltitudine parleranno di golpe dentro l’Impero da parte degli USA che tentano
di restaurare una pratica imperialista ma entrano in contrasto con le forze
capitaliste favorevoli all’Impero. Alla fine della fiera, il golpe fallisce e
l’attuale mondo multipolare in cui viviamo è il risultato di questo fallimento.
3. Moltitudine . Il concetto viene ripreso da Negri
durante i suoi studi su Spinoza, in cui trova una via ontologica alla lotta di
classe, condotti in carcere dopo il Processo del 7 aprile. Analizzando il
pensiero del filosofo olandese e di Hobbes, Negri sottolinea come sussista una
contrapposizione tra popolo e moltitudine. In Spinoza la moltitudine, in virtù
della sua mancanza di omogeneità, è la base della libertà e della democrazia.
In Hobbes, invece, la moltitudine minaccia lo stato di natura e va ricondotta
all’omogeneità del popolo. Negri riesce in questo modo a criticare la sovranità
moderna.
“Il nesso
popolo-sovranità-rappresentanza delineato nella filosofia hobbesiana viene qui
considerato come manifestazione di un processo di trascendentalizzazione del
potere che chiude le possibilità espresse dalla ‘potenza moltitudinaria’ nel
corpo sociale”5 .
Dal punto di vista della critica
dell’economia politica, il popolo di Hobbes è assoggettato allo sfruttamento
capitalistico mentre la moltitudine è irriducibile a questo esito. La
moltitudine è il nuovo proletariato, categoria in cui Negri include tutti
coloro che sono sfruttati dal comando capitalista. La classe operaia è inclusa
in questa nuova categoria ma ha perso la centralità dell’epoca dell’operaio
massa come conseguenza della messa a valore di tutta la vita. La moltitudine
diventa l’ultima tappa di un percorso che inizia proprio negli anni ‘60 con le
lotte degli operai nelle fabbriche fordiste, prosegue con l’operaio sociale che
si confronta con il capitale dentro la metropoli, all’epoca della crisi del fordismo.
Infine arriviamo alla moltitudine che assume la forma del contro-Impero perché
capace di produrre autonomamente la vita, per citare direttamente Negri e
Hardt, ma subisce ancora l’espropriazione del potere imperiale.
Recependo le critiche di Virno e Balibar,
i quali sostengono che non esista nessuna garanzia sull’impossibilità per la
moltitudine di assumere una posizione fascista, Negri e Hardt sostengono che
l’espansione del concetto di classe espresso in quello di moltitudine deve
essere spinto verso quello che chiamano classe apice uno, ovvero
l’organizzazione dell’eterogeneità della moltitudine per sfidare il
capitalismo. Zaru sostiene che questa risposta non archivia il rischio
dell’autonomia del sociale insito nell’idea che la moltitudine sia orientata
alla liberazione per via della sua posizione nella produzione. C’è il rischio
di rendere difficile la sua organizzazione politica rispetto alle istituzioni e
i rapporti di forza nella società.
4. Democrazia . Studiare Spinoza porta Negri ad
un’idea di democrazia che spazza via ogni mistificazione giuridica dello Stato
per fissarla su un terreno materialista. Il filosofo olandese è stato capace,
per Negri, di cogliere il legame tra produzione sociale e costituzione politica
durante l’ascesa del capitalismo in Europa. Il nesso produzione-costituzione
serve per criticare Hobbes per il quale il passaggio dallo stato di natura a
quello civile avviene con la sottomissione della moltitudine al sovrano. In
questo modo la moltitudine si trasforma in popolo e perde la sua capacità di
agire e decidere perché sarà il sovrano a rappresentarlo. Negri sostiene che
questa metafisica del potere e dello Stato serva per nascondere il legame tra
costituzione e produzione. L’opposizione tra potestas e potentia in Spinoza serve
per fondare ontologicamente la libertà e l’eterogeneità della moltitudine,
facendo piazza pulita delle teorie di Hobbes.
“Negri presenta Spinoza come un autore
estraneo alla tradizione giusnaturalistica […] poiché la sua filosofia politica
non prevede il trasferimento dei diritti naturali nello Stato civile e
impedisce in questo modo la chiusura di un processo sempre aperto, dinamico e
conflittuale. […] Dal momento in cui mantiene il suo diritto alla libertà e la
sua potenza ontologica, la moltitudine non solo non scompare nello Stato
civile, ma rende manifesto lo scarto esistente in questo tra costituzione
formale (uguaglianza dal punto di vista del diritto) e materiale
(diseguaglianza dal punto di vista del potere)”6 .
In questo modo Spinoza diventa per
Negri parte integrante della soluzione alla crisi del marxismo. La democrazia è
per la moltitudine il potere costituente che spazza via lo stato delle cose presenti.
Negri traccia una storia della contrapposizione tra la potenza immanente della
moltitudine e il potere trascendente dello Stato. L’attuale fase del
capitalismo, mettendo la moltitudine nelle condizioni, in quanto lavoro vivo,
di cooperare nella produzione in maniera sempre più autonoma dal capitale,
porta a maturazione il concetto di potere costituente. La democrazia quindi, si
fonda sulla produzione del comune da parte della moltitudine e sulla sua lotta
per sconfiggere il capitale che lo parassita.
5. Comunismo . Per Negri il concetto di comunismo è
strettamente legato a quello di democrazia e deve portare all’estinzione della
sovranità. Davanti alla crisi del socialismo reale, verso cui Negri non ha mai
provato alcuna simpatia, sostenendo che il socialismo fosse la forma superiore
della razionalità economica dentro la cui cornice, grazie allo Stato, permane
la validità della teoria del valore, procede con un ripensamento di questo
concetto attraverso Marx e Lenin, in particolare rileggendo i Grundrisse e Stato e rivoluzione .
Di Lenin recupera il comunismo come
problema legato al rapporto tra soggetto materiale e formazione sociale che
circoscrive storicamente la strategia per giungere al comunismo e respinge ogni
legge naturale dello sviluppo che porterà al comunismo. Questo consente a Negri
di inserirsi nel dibattito sulla transizione al socialismo dal punto di vista
della critica dell’economia politica, rivendicando la natura ossimorica dello
Stato comunista. La lettura negriana del pensiero di Lenin presenta il
comunismo come un’eccedenza rispetto al capitale prodotta dalla lotta di classe
comunista. Nei Grundrisse di
Marx, invece, trova gli strumenti per analizzare il superamento della teoria
del valore grazie alla dimensione sempre più sociale della produzione.
Il lavoro fatto sul pensiero di Marx
non è di tipo filologico, lo
abbiamo già ribadito in altre occasioni , ma serve “per elaborare una
definizione di ‘comunismo’ adeguata al contesto storico del secondo Novecento e
del nuovo millennio”7 procedendo
da Marx per andare oltre Marx.
Il comunismo diventa, in conclusione,
una liberazione delle forze produttive accompagnata dall’emersione di un
soggetto collettivo “tra le linee dello sviluppo” capace di formulare nuove
regole per la produzione e lo sviluppo.
1.
Elia
Zaru, Antonio
Negri. Costituzione, Impero, Moltitudine, Democrazia, Comunismo ,
DeriveApprodi, Roma 2024, pp.7-8 ↩ ︎
2.
Ivi,
p.18 ↩ ︎
3.
Ivi,
p.23 ↩ ︎
4.
Ivi,
p.29 ↩ ︎
5.
Ivi,
p.42 ↩ ︎
6.
Ivi,
p.54 ↩ ︎
7.
Ivi,
p.66 ↩
︎ fonte: legauche.net