venerdì 21 giugno 2024

L’EUROPA DOPO LE ELEZIONI

REGIME DI GUERRA, CICLO REAZIONARIO


E SPAZI DI MOVIMENTO Lorenzo Feltrin -

A Sherwood Festival il dibattito con Sandro Mezzadra, Raúl Sánchez Cedillo, Judith Revel e Sandro Chignola




Il 17 giugno, si è tenuto a Sherwood Festival il dibattito, moderato da Sandro Chignola di Euronomade, “L’Europa dopo le elezioni: Il futuro esiste ancora?”, con Sandro Mezzadra, Judith Revel e Raúl Sánchez Cedillo.

Ha portato un saluto iniziale Antonio Pio Lancelotti di Globalproject.info, cominciando con un omaggio a Ilaria Salis, appena rientrata a Monza dopo la detenzione in Ungheria. Antonio ha anche ricordato che i dibattiti di Sherwood Festival 2024 sono dedicati a Toni Negri, scomparso il 16 dicembre 2023. Non si tratta tanto di una commemorazione, quanto di un tentativo di raccoglierne l’eredità: “In questa fase buia bisogna tenere conto del potere del capitale, ma anche della potenza soggettiva della moltitudine”. Il 14 giugno, durante la presentazione del suo libro Trudy, Massimo Carlotto ha detto che una letteratura del conflitto è possibile solo quando si sta dentro a conflitti, reali o immaginari. Anche in questo spirito si dà la collaborazione con Euronomade, che continuerà con un seminario a Bologna sulla riproduzione sociale e con uno a Venezia sulla lotta contro il cambiamento climatico, questione che continuerà a essere centrale, anche alla luce dell’esito delle elezioni europee appena trascorse.

Sandro Chignola ha poi notato come queste elezioni si siano date nel contesto di un regime di guerra sempre più consolidato, peraltro in una sorta di interregno che precede le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. “Non siamo in una fase di semplice transizione egemonica da una potenza mondiale a un’altra, come nel caso del passaggio di testimone dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, ma in una situazione di caos ecosistemico del capitalismo globale”. Si intersecano così una molteplicità di crisi: il genocidio a Gaza, la guerra in Ucraina, le tensioni nel Mar Cinese Meridionale, ma anche la crisi ecologica, l’instabilità delle supply chains e le riarticolazioni all’interno dei singoli paesi, con lo spostamento a destra dell’asse politico, l'indurirsi delle tendenze autoritarie, il riarmo, la guerra a donne e migranti. “È in questo contesto che dobbiamo chiederci che cosa significa oggi l’Europa come terreno di lotta”.

Secondo Raúl Sánchez Cedillo, il regime di guerra appare ormai come consolidato e irreversibile: “È il risultato dell’incapacità di istituire ordini più democratici in risposta alle lotte dal basso. Giovanni Arrighi e Beverly Silver, nel loro libro Caos e governo del mondo, hanno già costruito un apparato teorico per comprendere la congiuntura, ma non hanno preso in considerazione la finitudine del pianeta. Negli anni 2000, le coordinate della globalizzazione erano ancora quelle del progresso, dello sviluppo, della democratizzazione, mentre oggi c’è un profondo nichilismo nell’orizzonte delle élite capitaliste… Pensiamo al passaggio della Silicon Valley dall’utopismo al fascismo”. La finitudine del pianeta è resa evidente dalla corsa per accaparrarsi le materie prime necessarie alla transizione “ecologica”, “ma la pandemia del Covid-19 ha svelato la finitudine degli stessi corpi”, con una drammatica svalutazione della vita. “Il regime di guerra diventa anche un regime epistemico, basato su un rapporto amico-nemico che distrugge il diritto internazionale.

Quindi non viviamo in una semplice crisi di transizione che sarà seguita da un ordine multipolare, perché non ci sono più istanze di diritto internazionale che possano sorreggere questo passaggio. L’incertezza è costituiva della nostra epoca, si pensi alla crisi climatica. Il regime di guerra è un vettore di ordine dentro a questo caos, la certezza del vincitore di raggiungere una certa posizione di controllo.” Questa dinamica di guerra è un fattore di polverizzazione della moltitudine. Per esempio, di fronte alla guerra in Ucraina, la sinistra europea si è sfaldata sull’incapacità di andare oltre il campismo, oltre la logica del consolidamento di blocchi contrapposti. “La guerra è una risposta preventiva alla lotta di classe nelle sue varie sfaccettature: per il welfare, femminista, per i diritti dei migranti, ecologica… C’è quindi bisogno di un soggetto di classe, di un’alterità, che costruisca regimi altri di relazioni e saperi, nuove istituzioni, ponendosi il problema del potere e di un modo di produzione alternativo”.

Sandro Mezzadra ha esordito ricordando la centralità del genocidio in corso a Gaza per capire anche la situazione europea. Il movimento di solidarietà con il popolo palestinese fa parte del nuovo internazionalismo di cui c’è bisogno oggi. “Nelle elezioni europee appena trascorse, abbiamo visto un’indubbia avanzata della destra radicale in paesi che hanno un ruolo fondamentale in Europa, Francia e Germania in primis. Non è sorprendente, fa parte di un ciclo reazionario affermatosi globalmente almeno dieci anni fa, come parte della gestione di quella grande cesura storica che è stata la crisi finanziaria del 2007-08. Gli ultimi sviluppi determinano un ulteriore irrigidimento della logica dei blocchi contro cui lottiamo quotidianamente. Essi non si conformano necessariamente agli interessi delle élite politiche europee, potrebbe anzi essere l’annuncio di un ripiegamento dell’Europa su sé stessa. Che significato hanno queste elezioni dal punto di vista della costituzione materiale dell’Unione Europea?

L’asse franco-tedesco è entrato in una crisi profonda quantomeno a partire dall’inizio della crisi in Ucraina. Giorgia Meloni ha interpretato efficacemente i processi di torsione in senso confederale della UE, in cui gli stati nazionali contano di più. Potrebbe essere uno schermo sulla decadenza dell’Europa, vincolata a una politica estera statunitense sempre più imprevedibile. Le ultime elezioni hanno determinato il consolidamento di un centro popolare democristiano legato al mondo della finanza, per esempio BlackRock. Questo centro politico subisce una crescente pressione da parte dell’estrema destra. Ma la pressione funziona nei due sensi. Lo abbiamo visto in Francia, dove il leader del Front National, Jordan Bardella, comincia ad avvicinarsi a posizioni atlantiste simili a quelle di Meloni per avere il proprio ruolo riconosciuto dal centro. E non dimentichiamo la BCE, che ha strumenti potentissimi per spingere all’allineamento anche governi che si presentano come anti-sistemici”.

Judith Revel, in collegamento dalla Francia, ritiene che quello del suo paese sia un caso esemplare e sintomatico di tendenze più ampie. La parabola di Macron “mostra che cosa accade quando ci si ostina a mantenere inalterate, ad ogni costo, le strutture del capitalismo”. Le politiche di Macron hanno destabilizzato non solo le vite dei più deboli ma hanno anche colpito il ceto medio, cosa che probabilmente contribuisce a spiegare il risultato del FN. “Macron però si ostina anche a mantenere il potere. Dissi già tempo fa che il suo è un populismo in senso tecnico, perché si basa su una assoluta verticalità del potere. Il risultato di Macron alle europee è stato catastrofico, ma invece di ammettere la sconfitta ha fatto saltare il tavolo con le elezioni anticipate. In particolare dal 2016, in Francia si sono susseguite lotte dal basso estremamente interessanti, che sono state ignorate nel migliore dei casi e molto più spesso represse con una brutalità in precedenza desueta. È così mancato uno sbocco al livello della politica istituzionale, perché l’estremismo di centro di Macron ha fatto implodere la sinistra socialdemocratica e demonizzato la sinistra de La France Insoumise e dei Jilets Jaunes.

L’Europa oggi è essenzialmente un’Europa bellica, non c’è più un’Europa dei popoli come strumento di costruzione di pace. Quello che rimane dei socialdemocratici continua a insistere sull’esercito europeo. Sia per l’Ucraina sia per Gaza, in Francia è assolutamente impossibile pronunciare anche un mero augurio di pace. In questo contesto, è difficile pensare che il gioco d’azzardo di Macron finisca bene… Nonostante ciò, il programma del Nouveau Front Populaire è molto positivo, davvero incentrato sul welfare del comune. In diverse elezioni presidenziali del passato, siamo stati costretti a votare per candidati con cui non avevamo nulla da spartire, Chirac e Macron, per difendere la democrazia. L’assenza di alternative ha generato uno scivolamento dell’asse politico a destra”. Il Nouveau Front Populaire nasce dall’esigenza, posta anche dai movimenti, di arrestare questa tendenza.

Nel suo secondo intervento, Raúl Sanchez Cedillo ha sottolineato che il rapporto storico tra fascismo e guerra è intrinseco. Il fascismo è infatti emerso come mutazione della pulsione di morte del colonialismo europeo e della Prima Guerra Mondiale. Oggi vediamo la normalizzazione delle situazioni più estreme, per esempio il genocidio in corso a Gaza. “Il nostro problema è come cristallizzare un odio verso il regime di guerra… È importante riappropriarsi di un’egemonia attraverso i media, come era stato possibile fare durante il movimento per la giustizia globale.  L’imperialismo statunitense ha risvegliato un campismo che vede in Putin e Assad un’alternativa. Manca qui l’elemento di qualità che definisce il progetto del comune. Si diffonde così una sorta di millenarismo, l’idea che l’impero USA sia sul punto di collassare. Ma si tratta di un punto di vista che assume il regime di guerra. Quando cade l’illusione democratica, riappare l’illusione stalinista. L’orizzonte, invece, dev’essere quello del comunismo attraverso la costruzione di una soggettività che rifiuti la guerra: sabotare, disertare, esodare… Le ribellioni arriveranno, dobbiamo essere preparati, in attesa attiva”.

Sandro Mezzadra ha usato il proprio secondo intervento per indicare alcuni spazi di possibilità. Da un lato, il liberalismo europeo sta assumendo una torsione autoritaria, avvicinandosi sempre più a quel neofascismo che dichiara di voler combattere. Questa dinamica segna un superamento dell’epoca neoliberista. “In Francia, tale passaggio ha assunto i tratti di una crisi costituzionale, la crisi della quinta repubblica. Tuttavia, tra il 2016 e il 2023, le lotte che si sono date nel paese hanno sedimentato importanti forme di resistenza di massa al fascismo. La parola d’ordine nei cortei è Sans la rue il n’y a pas de Front Populaire. Certo, il Nouveau Front Populaire non manca di problemi e contraddizioni, ma guardiamo dal basso come si compone nei movimenti, come ricompone nella quotidianità delle lotte i movimenti metropolitani e quelli delle periferie, rifiutando la Francia bianca, la Francia coloniale. Dobbiamo articolare questa indicazione nel rifiuto dell’Europa bianca, dell’Europa coloniale. La lotta per la pace deve diffondere al livello europeo la resistenza all’alleanza tra liberalismo autoritario e fascismo. Non sono ottimista, ma la partita è aperta”.

Ha chiuso il dibattito Judith Revel, ribadendo che il ciclo di lotte degli ultimi anni ha sedimentato pratiche, esperienze, saperi e relazioni che hanno costituito una controstoria politica e sociale comune, che il Nouveau Front Populaire ambisce a raccogliere. Il programma di quest’ultimo ha anche tutti i difetti che può avere una piattaforma elettorale, ma l’urgenza è quella del 30 giugno e 7 luglio. Se Bardella vince niente sarà come prima, interi spazi saranno cancellati. “Io non voglio cedere alle pulsioni di morte, voglio credere alla pulsione della vita”.