- Toni Casano -
articolo attorno alla dichiarazione congiunta del Collettivo di Fabbrica Gkn e delle compagne e i compagni della Confederazione Cobas (exAtaf, Tim, Telecom e Poste, scuola e l’intero esecutivo della Confederazione Cobas)
Con la sottoscrizione della dichiarazione congiunta, frutto dell’intenso confronto consumatosi ad inizio dello scorso luglio, il Collettivo di fabbrica Gkn e le diverse strutture categoriali della Confederazione Cobas sollecitano un dibattito fra le organizzazioni del sindacalismo conflittuale e le realtà sociali del movimento antagonista, in merito alle possibili forme di lotta che si proporranno alla ripresa della piena attività a regime dopo la calura estiva: «qualsiasi discussione sul “prossimo” sciopero generale – dichiarano andando al cuore della questione – dovrebbe partire da una franca discussione sugli esiti di quelli “passati”».
Preliminarmente, il punto da cui partire intanto è quello di interrogarsi, a seguito degli scioperi convocati più o meno “generali”, sull’effettivo spostamento in dei rapporti di forza registratisi nel conflitto sociale: Nessuno! Questa l’impietosa valutazione dell’analisi che emerge dal documento politico GNK\COBAS.
Giusto nell’anno addietro di questi tempi, in un nostro articolo avevamo formulato, alla luce dell’esperienze passate, alcune preoccupazioni sul prosieguo dell’azione dopo lo sciopero contro “la macelleria sociale” dell’ 11ottobre, ovvero sulla tenuta della soggettività sindacale antagonista oltre il perimetro della rappresentanza di categoria dei lavoratori. Tutti i tentativi di sviluppare nuove dinamiche conflittuali che, a partire dagli ambiti territoriali, volgessero lo sguardo ad un sindacalismo sociale articolato oltre le forme verticali del lavoro categoriale, sono miseramente falliti.
Giustamente è stata ora sottolineata da GKN-COBAS la “condizione paradossale” sul tempo lungo prima dell’evento con cui viene proclamato da sempre lo sciopero generale. Una convocazione annunciata «con mesi di anticipo, dove chi “convoca” ammette candidamente di non confidare in uno sciopero effettivamente generale e di non sapere in quale contesto cadrà tale convocazione». Insomma, si tratta – de facto – della riduzione all’esercizio “formale” di un’iniziativa rituale, piuttosto che la preparazione di un processo che possa portare allo sviluppo reale del conflitto che si avverte – pur timidamente – nella realtà sociale (“piccoli germogli di futuro, ancora delicati e localizzati”).
Il rischio che viene avvertito è che – se non si prepara l’inversione di rotta della ricomposizione antagonista, attraverso il passaggio all’intersezionalità del conflitto sociale – ancora una volta si possa mancare l’ennesimo randez-vous con la storia, in nome di una sacralità tautologica, simulacro di una classe perduta: il passato – diciamo anche noi – non ha alcun diritto di mangiarsi il futuro con la “reiterazione di dinamiche, concezioni, frantumazioni che si sono sedimentate durante il riflusso”. In altri termini, lo sciopero non può avere un mero valore propagandistico ed “una riuscita solo testimoniale”: non è un atto mediante il quale “le avanguardie testimoniano la propria esistenza. O peggio ancora, l’atto con cui una o più sigle provano ad alzare la propria bandiera nel deserto”.
Questa visione che vuole radicalizzare le nuove dinamiche conflittuali, in vista della convergenza d’autunno, è ancor più messa in evidenza nella recente dichiarazione sottoscritta congiuntamente dal Collettivo di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze e dagli Stati Genderali lgbtqia+ & Disability, nella quale si mette in risalto il valore costituente: «Con questa dichiarazione bandiamo ogni contrapposizione formale tra lotta per i diritti civili e quella per i diritti sociali. La lotta per i diritti civili unifica e libera la radicalità della classe. La radicalità della lotta di classe rende i diritti civili veramente universali. Non si tratta quindi di sommare due lotte, di appiccicare un tema all’altro. Si tratta di prendere atto che la lotta è una ed è intersezionale».
Quel che bisogna far saltare agli occhi è l’attivismo del Collettivo di Fabbrica-GKN, il quale rappresenta oggi, unitamente alle lotte NoTav, la punta più avanzata dei movimenti antagonisti, capace di saper cogliere la complessità conflittuale che costituisce una vera e propria rottura con l’ideologia “lavorista”, insita nell’organizzazione delle centrali sindacali confederali. Quanto asseriamo è dimostrato anche dalle prese di posizioni assunte dal Collettivo GKN, in ordine alla questione ecologica ed ambientale. Non a caso domani a Firenze sarà presentata [INFO] , nel corso di un presidio organizzato dal collettivo operaio (al quale seguirà un’assemblea), il Venice Climate Camp (7-11 settembre) e la @Climate March del 10 settembre: “Non è avverso il clima, ci è avverso il capitalismo. E non è emergenza, è la normalità di questo sistema. Ed è per questo che è urgente fare quanto proviamo a fare”.
Insomma una diversa agenda sembra delinearsi per il nuovo autunno, frutto di “un clima di mobilitazione generale e generalizzata che crea le condizioni per il lancio dello sciopero generale”. E come precisano Collettivo-GNK e Confederazione Cobas, “tale clima oggi si crea e vive all’interno del processo di convergenza tra settori lavorativi, reti ambientaliste radicali, lotte transfemministe, movimento studentesco etc”. Tutto questo, beninteso, in alternativa e contro le priorità della crisi del sistema neoliberista: Fuori dalle loro emergenze, dentro la nostra urgenza.
pubblicato anche su Pressenza.com il 24.08.22