sabato 27 novembre 2021

Verso la Tanatopolitica oltre la biopolitica

 -Turi Palidda-

    Appunti per “gli incontri del Bonetti” #NoRepressione #NoSocietàdeLasciarMorire #SocietàdellaCura

Pubblichiamo la sintesi dell’intervento del sociologo siciliano tenuto mercoledì scorso al seminario organizzato dal Caffè filosofico B. Bonetti/Laboratorio A. Ballarò e dalla RedPA di Pressenza, nell’ambito del quale è stato presentato anche il volume collettivo, “Umanità a perdere. Sindemia e resistenze” (Momo Edizioni), curato dall’Osservatorio sulla Repressione  


 

Dalla biopolitica al lasciar morire

 

La riflessione critica che propongo riguarda gli orientamenti e le pratiche che i poteri, cioè i dominanti, tendono ad adottare sempre più nei confronti dell’“umanità a perdere” o considerata “in eccesso”, ossia i poveri, i marginali, i carcerati, gli immigrati che non sono integrati nel sistema produttivo. Questi orientamenti e pratiche tendono a passare dalla tradizionale articolazione fra biopolitica (il lasciar vivere per meglio sfruttare e dominare) e tanatopolitica (il far morire o lasciar morire o indurre ad auto-eliminarsi).

 

Biopolitica e tanatopolitica sono due termini notoriamente impiegati da alcuni autori fra cui innanzitutto Michel Foucault e talvolta abusati o ridefiniti da altri e persino diventati alla moda.

In sintesi, Foucault scrive: “Si potrebbe dire che al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte”. La mia tesi è che oggi si può dire che rispetto all’abituale articolazione fra il lasciar vivere e il lasciar morire prevale sempre più la seconda pratica, a causa della logica e degli scopi del liberismo come cercherò di dimostrare dopo.

 

Il termine biopolitica (composto da bìos\vita e da polis\città) ricorre con vari significati nella storia della filosofia e della politologia. Grazie a Foucault esso diventa cruciale a partire dalla metà degli anni settanta del Novecento. Secondo lui si tratta di quell’insieme di pratiche attraverso le quali i poteri, cioè il dominio nelle sue diverse incarnazioni agisce per disciplinare i “corpi” e le “menti” dei dominati al fine di regolarne i comportamenti. Tali pratiche si sviluppano e sono implementate in un periodo preciso: quello dello sviluppo del capitalismo proprio perché questo necessita la messa a valore di tutto e di tutti. In realtà anche Marx ed Engels avevano segnalato il fenomeno dell’alienazione e dell’inquadramento dei lavoratori al servizio della loro produttività. 

 

Il biopotere, cioè il potere sulla vita, si sviluppa sin dal XVII° e XVIII° come gestione o governance del corpo umano per l'economia capitalista e, quindi, per il suo disciplinamento per meglio essere controllato e messo a profitto; questa governance implica necessariamente la biopolitica delle popolazioni (sessualità, fecondità etc.). Ne consegue che il controllo della vita umana diventa una posta in gioco politica, possiamo dire un fatto politico totale (formula che ridefinisce quella celebre di “fatto sociale totale” di Marcel Mauss). Tutti i cosiddetti saperi e le conoscenze e scoperte sono a loro volta disciplinate e fagocitate in “discipline scientifiche” – embedded - cioè asservite agli obiettivi e logiche del potere per costruirne il suo discorso e weltanschauung, ossia per contribuire al successo della biopolitica (la chimica, la biologia, la genetica, la statistica, la demografia, la psichiatria, la psicologia, la sociologia, la criminologia, la sessuologia e anche altre declinazioni o specializzazioni dei saperi): si stabilisce così cos’è normale e cos’è l’anormale, cos’è il patologico e il deviante. A quest’opera lavorano a modo loro sia le religioni sia la giurisprudenza. 

 

È allora importante ricordare che Foucault sottolinea le resistenze al potere: la rivendicazione della vita piena, non alienata, e quindi la soddisfazione dei bisogni e dei desideri, la salute e la felicità scevri dai canoni e declinazioni proposte dal discorso dei dominanti. Foucault descrive come il biopotere garantisce la vita ma anche come non escluda di dare la morte, il lasciar morire: le guerre coloniali, la prima e la seconda guerra mondiale, il genocidio degli Armeni, l’olocausto e il dispositivo della guerra nucleare come della guerra batteriologica ed anche i dispositivi dell’immaginario di geoscienziati che non esitano a fare ricerche per un’arma in grado di sterminare la popolazione di un gigantesco territorio (con laser speciali che provocherebbero terremoti e maremoti e altri disastri). Tutto ciò va considerato tanatopolitica, cioè l’opposto della biopolitica. Il razzismo diventa decisivo nell’articolazione fra biopolitica e tanatopolitica: ricordiamoci che Colombo legittimava e faceva benedire dai missionari cattolici lo sterminio dei nativi delle Americhe, asserendo che fossero animali dalle sembianze umane ma senza anima e da eliminare per questo. 

 

Ma il razzismo non è solo l’ideologia che legittima il colonialismo (e questo anche in Italia con Lombroso e i suoi discepoli che “razzializzano” chi non si confà alla modernità e all’ordine economico, sociale e politico che governa questo processo. I nemici interni sono quindi i “terroni del Sud” ma anche quelli del Nord e anche i lavoratori che diventano “classi pericolose” rivoltandosi contro il potere, cioè contro il capitalismo (quelli esterni sono i colonizzati refrattari alla “civilizzazione europea” e lo stesso vale per gli algerini come ebbe a dire Tocqueville ch’eppure aveva criticato il razzismo in America). E come vedremo il razzismo non è solo quello nazista di sterminio, ma diventa anche pratica di inferiorizzazione nello stesso contesto cosiddetto postmoderno. Cioè liberista.

 

 

La svolta liberista come prevalenza della tanatopolitica

 

L’avvento del liberismo si situa negli anni ’70 del XX° secolo. È la fine dell’assetto che si era sviluppato con la società industriale e un capitalismo che puntava sulla biopolitica e in particolare sulla massimizzazione dello sfruttamento dei lavoratori aumentandone costantemente la quantità nei “luoghi-cuore” di tale sviluppo, ossia i paesi dominanti, il centro dell’economia-mondo secondo Wallerstein. Il liberismo provoca una netta rottura dovuta all’intreccio fra tre “rivoluzioni”: quella tecnologica che sfrutta lo stupefacente sviluppo dell’informatica e quindi di ogni sorta di comunicazione e dei trasporti e quindi favorisce la rivoluzione finanziaria (quella che Gallino chiama il trionfo del finanzcapitalismo); queste due rivoluzioni provocano la più devastante e sconvolgente destrutturazione economica, sociale e politica, ossia l’ultima grande trasformazione dopo la rivoluzione industriale che trionfa fra la fine del XVIII° e il XIX° sec. fino appunto agli anni ’70 del XX°.

Questa permette l’erosione sempre più brutale delle conquiste di diritti ottenute con le resistenze proletarie e popolari negli anni ’60 e ’70. E qui si configura la terza rivoluzione, ossia quella politica che è anche militare (RMA nell’accezione statunitense): una rivoluzione che esaspera l’asimmetria di potere a favore dei dominanti che di fatto conquistano piena libertà di agire sino all’arbitrario; basti pensare al trionfo degli illegalismi dei dominanti a cominciare dall’evasione fiscale, il lobbismo sfacciato - vedi caso di quello sulla Commissione e sul Parlamento europei con l’assoggettamento da parte loro dello stato di diritto. E basti pensare alla libertà di agire delle società delle comunicazioni “postmoderne” (google, facebook, etc.), la brutalità del neocolonialismo che provoca devastazioni e morte oltre che supersfruttamento, neo-schiavitù e migrazioni sempre più disperate proprio a causa di tali devastazioni e di tale “quasi” sterminio.   

    

Fra i principali fatti emblematici della svolta liberista come prevalenza della tanatopolitica vi sono appunto il trattamento dei poveri e degli immigrati, la gestione della pandemia e in particolare l’esclusione della vaccinazione nei paesi non dominanti, aspetti connessi allo “spettro” che secondo i dominanti incomberebbe sul pianeta terra, ossia la sovrapposizione fra l’aumento incontrollato della popolazione mondiale, i cambiamenti climatici e lo scatenamento di migrazioni che diventerebbero sempre più aggressive minacciando la “democrazia”, il progresso e il benessere dei paesi c.d. “avanzati”. Di questo spettro non se ne parla molto, ma la grande maggioranza dell’opinione pubblica dominante concorda con l’idea che l’aumento incontrollato della popolazione mondiale e i cambiamenti climatici costituiscano la minaccia principale che incombe sul futuro del pianeta. Tant’è che i ricchi sono sempre più impegnati a dotarsi di abitazioni super fortificate e ad investire nella possibilità di fuga nello spazio o su Marte.

 

Allo stesso tempo, mentre l’Europa e ora anche gli USA di Biden pretendono difendere i diritti umani, adottano una pratica feroce nei confronti degli immigrati: Frontex è a tutti gli effetti un’istituzione criminale che si avvale di criminali per respingere i migranti, farli ammazzare o lasciarli morire. Lo stesso fa Biden alla frontiera messicana nonostante avesse promesso un netto cambiamento rispetto a Trump. E lo stesso avviene nell’operato corrente delle polizie e nelle carceri.

 

Come ho cercato di documentare nel libro Polizie sicurezza e insicurezze dopo il G8 di Genova non è affatto vero che le polizie siano diventate meno violente, al contrario sono aumentate le brutalità e i morti in mano delle polizie (nazionali e locali) e notoriamente nelle carceri. Allo stesso tempo sono aumentati gli illegalismi e crimini (compresi reati per droghe, corruzione etc.) commessi da operatori delle polizie e delle persone da essi protette. Cioè,  il loro libero arbitrio insieme alla garanzia della loro perpetua impunità (estesa ai complici cioè caporali e dominanti locali). 

 

L’assenza di protezione per la maggioranza dei dominati è sconcertante, ma quasi nessuno ne parla. Sta qui la vera insicurezza che ovviamente le polizie ignora. Diventa allora prassi abituale il lasciar morire i dominati che non riescono a sopravvivere nel supersfruttamento e nella neo-schiavitù o che osano ribellarsi così come i migranti che tentano di arrivare nei paesi dominanti. La negazione del vaccino alle popolazioni dei paesi non-dominanti nasce non semplicemente dal rifiuto di generosità da parte dei dominanti e di rifiuto della rinuncia al profitto da parte dei BigPharma; di fatto essa si deve all’idea che forse così si può “smaltire un bel po’ di popolazione “in eccesso” (idea che palesemente non funziona, tant’è che si fanno ora ricerche per capire “perché non muoiono”).


 


Breve Bibliografia

- Umanità a perdere. Sindemia e resistenzehttps://www.osservatoriorepressione.info/umanita-perdere-sindemia-resistenze/ 

- “Dalla biopolitica alla tanatopolitica: verso un cambiamento di paradigma delle migrazioni e delle frontiere”https://www.kabulmagazine.com/biopolitica-tanatopolitica-migrazioni-frontiere/

- Polizie sicurezza e insicurezzehttp://www.meltemieditore.it/catalogo/polizie-sicurezza-e-insicurezze/

- Razzismo democraticohttps://www.agenziax.it/sites/default/files/free-download/razzismo-democratico.pdf

- “Negazionismo, scetticismo o resistenze: dove va l’ecologia politica?”http://effimera.org/negazionismo-scetticismo-o-resistenze-dove-va-lecologia-politica-di-turi-palidda/

- Vincenzo Sorrentino, “Bio-potere e razzismo in Michel Foucault”, https://www.juragentium.org/forum/race/it/sorrenti.htm