la contronarrazione della società della cura
In molti si sono alternati nel prendere pubblicamente parola in un pulpito informale: sindacalisti, operatori sanitari, giovani attivisti, militanti storici. Fra questi diverse donne hanno fatto sentire la loro voce. Quasi tutti gli interventi si sono soffermati lungamente sulla rivendicazione del diritto di proprietà comune del vaccino anti Covid-19, la cui ricerca e sperimentazione è stata ben sostenuta con cospicue risorse finanziarie statali, e sopratutto grazie alla cooperazione scientifica a cui sono state chiamate le strutture ospedaliere pubbliche che hanno raccolto e fornito la miriade di dati acquisiti sul campo. Un patrimonio di conoscenze inestimabilmente costato un prezzo incalcolabile data la perdita di vita umane che ha contrassegnato la pandemia.
In effetti, senza la canalizzazione
dei dati raccolti dei presidi ospedalieri, in uno con la sperimentazioni medico-terapeutica necessaria al contrasto della
crisi epidemiologica (una massa di
conoscenze ed informazioni è
confluita nel grande “laboratorio scientifico collettivo” che l’emergenza
sanitaria di fatto ha costretto a determinare), quello che è stato definito un
“miracolo” delle multinazionali farmaceutiche non sarebbe stato possibile conseguire
in così poco tempo. Sostanzialmente la capacità di aver prodotto il siero anti
Covid-19 si deve alla cooperazione e socializzazione del patrimonio cognitivo
accumulato nel corso dell’anno pandemico: in generale per la produzione di
antidoti alle patologie, a causa degli interessi economici in competizione e
alla assoluta riservatezza dei dati della ricerca e alla gestione monopolizzata
dei brevetti, i tempi di sperimentazione fino al produzione del farmaco da
immettere nel mercato sono di norma molto più lunghi.
Fermo restando la critica al sistema
della mercificazione della salute pubblica, nel caso concreto della pandemia da
coronavirus, anche i manifestanti
palermitani hanno voluto mettere l’accento sulla piattaforma
rivendicativa, insistendo sul diritto al
Vaccino comune: “ Abbiamo visto il meglio della nostra ricerca pubblica prestata agli
interessi delle grandi multinazionali del farmaco. Ogni azienda ha speculato
sulle scoperte della ricerca di base, intensificando le proprie sul solo
sviluppo del vaccino e dei farmaci, pur di poter prevalere sulle altre, in modo
da accaparrarsi il massimo dei profitti sul mercato immenso che ha aperto la
pandemia”.
Crediamo anche noi che non si insisterà mai abbastanza nell’affermare che
il principio fondamentale della ricerca scientifica è la sua universalità, tutelata
da un regime pubblicistico sotto un comune controllo pubblico, non gestito – quindi – al fine di estrarre consenso politico e
subordinato alla riproduzione burocratica autoreferenziale. In questo senso, a
ragione, nel manifesto del COORDINAMENTO
NO AI PROFITTI SULLA PANDEMIA si è scritto: “Avremmo avuto un maggior
vantaggio se le forze fossero state comuni, se la ricerca, le tecnologie,
fossero state messe al solo servizio delle nostre vite e dell’intera umanità”.
Nello stesso giorno della
manifestazione giungeva come un macigno, in particolare sulle teste delle popolazioni
del “Sud del Mondo”, il diniego dell'Organizzazione mondiale del commercio
(WTO) a sospendere temporaneamente i diritti di proprietà intellettuale sul
vaccino anti Covid19 e a concedere la deroga sui brevetti per la produzione di vaccini, facilitando, così, la
produzione dei sieri per il contrasto epidemiologico in quelle aree del globo
attraversate dalla povertà e, comunque, a basso reddito: queste masse di
popolazione potranno beneficiare della somministrazione vaccinale non prima del
2023.
L’ unico risultato ottenuto da India e Sudafrica (paesi proponenti la
moratoria) è stata una disponibilità del Consiglio-Trips (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights) a proseguire
ancora la discussione. Anche se – come ha fatto rilevare l’Agenzia DIRE,
intercettando la notizia da un organo di informazione sudafricano – “le
maggiori aziende farmaceutiche del mondo, tra le quali alcune delle produttrici
dei vaccini attualmente in commercio, come Pfizer e Astrazeneca, hanno inviato
una lettera al presidente americano Joe Biden chiedendogli di continuare a
opporsi alle richieste di India e Sudafrica”. Ancora più stucchevole, in merito
alla richiesta di sospensione dei brevetti, è la motivazione addotta dalle
multinazionali del farmaco, sostenendo che una siffatta decisione “significherebbe
danneggiare la risposta globale alla pandemia”.
Certo nessuno si illude che l’agenzia principale
del capitalismo globalizzato si trasformi – parafrasando il politologo McCormick – in un “principe
civile” capace di assurgere a campione degli
interessi della plebe del globo. Ma sicuramente la pressione di una massa
critica potrebbe riuscire a spostare in equilibri politici più avanzati il
governo del nuovo ordine mondiale. La società della cura, sicuramente, è la
base comune su cui espandere la contronarrazione sociale alternativa alle
potenti forze del mercato.
fonte: Pressenza