-Renato Franzitta-
oltre la crisi pandemica: la società della cura contro il governo della povertà
La società italiana dal febbraio del 2020 è stata messa a dura prova dalla pandemia sars covid-19. Il Governo, preso dal panico, con misure eccezionali ha ristretto in modo drastico le libertà dei singoli cittadini. Non c’era mai stato uno spiegamento di forze di polizia così ingente per tenere segregati milioni di cittadini nelle loro case. Lo stato di emergenza ha messo alla prova l’apparato repressivo dello Stato che con l’esercito e tutte le forze dell’ordine ha imposto il più vasto e più lungo coprifuoco mai sperimentato nel nostro Paese. Ogni strada, ogni piazza, ogni spiaggia, ogni, campagna, ogni parco è stato controllato da solertissimi agenti in divisa che con elicotteri, droni, motoscafi, mezzi blindati, telecamere e ogni altro mezzo messo a loro disposizione hanno tenuto il Paese sotto strettissimo controllo.
Le cosiddette zone rosse (già sperimentate dal plenipotenziario della protezione civile Bertolaso dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009) hanno messo ulteriormente alla prova la capacità di esercito, polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia locale a tenere ben sigillate vaste zone del territorio italiano, azzerando ogni spostamento.
L’uso smisurato di ogni mezzo possibile (dai droni alle moto d’acqua) per individuare ogni singolo bagnate, o l’isolato cercatore di funghi in una campagna deserta, hanno di molto raffinato le tecniche del controllo minuzioso del territorio. Il tutto accompagnato da pesanti sanzioni per i rarissimi trasgressori. Sanzioni spesso arbitrarie e ridicole come quelle imposte ad un giovane che uscito dal supermercato aveva una spesa con diverse bottiglie di vino e di liquore, spesa ritenuta non necessaria per la sopravvivenza da una pattuglia di solerti carabinieri.
Il modello di controllo
sociale attuato in Italia è stato mutuato da quello cinese, sperimentato con
successo alcune settimane prima durante il periodo del locale capodanno dove
era previsto lo spostamento di milioni di cittadini che sono stati prontamente
relegati nelle loro abitazioni, e dove è stata attuata con successo la
conseguente militarizzazione del territorio.
Le istituzioni statali si
sono imposte su tutta la società, bloccando gran parte dell’apparato produttivo
e burocratico, chiudendo le scuole, esercitando il controllo minuzioso sui
singoli individui. Lo Stato si è posto come controllore massimo, anche delle
leggi di mercato: ha imposto la chiusura del Paese, la reclusione forzata dei
cittadini; ma ha anche permesso che continuassero delle attività economiche ed
industriali in gran parte delle zone del Nord Italia colpite maggiormente dalla
pandemia (come nel bresciano, in val Brembana, e in diverse zone della
Lombardia), mettendo in serio pericolo la vita di migliaia di lavoratori non
tutelati dalle misure anticovid. In sostanza, nella gestione della pandemia le
Autorità Pubbliche hanno mostrato la loro assoluta debolezza: è stata messa
sotto i riflettori l’inefficacia e l’inefficienza regionalizzata del SSN
(soprattutto quello lombardo che on tutti questi anni ha privilegiato la sanità
privata di eccellenza penalizzando la sanità pubblica e di base), un sistema
sanitario falcidiato da tagli draconiani voluti sia dai governi di centrodestra
che di centrosinistra.
Per sopperire alle
carenze strutturali del Sistema Sanitario Nazionale (un tempo uno dei più
avanzati del Mondo) impreparato per questa emergenza, il Governo italiano ha
trovato come rimedio immediato quello di ridurre in modo drastico le libertà
individuali, nella speranza di impedire la propagazione del virus. La strategia
adottata è stata quella di abolire gli spazi di aggregazione, chiudere i centri
collettivi, chiudere le scuole e le università, bloccare i trasporti pubblici e
privati, impedire il movimento delle genti.
All’inefficienza
sanitaria si è sommata l’incapacità di gestire la crisi. L’atto criminale di
trasferire i malati di covid-19 nelle RSA, e di conseguenza provocare la morte
di migliaia di anziani, la dice lunga sulla cultura sanitaria della nostra classe
dirigente.
La dice lunga la
speculazione economica operata dai vertici delle Regioni più colpite dal virus
nell’acquisto di mascherine, camici, guanti e nella costruzione di costosi
ospedali/tenda o nella pressoché inutile trasformazione di un padiglione della
Fiera di Milano in un ospedale covid spendendo ben 21 milioni di euro per pochi
posti letto.
In questi mesi lo Stato ha mostrato il lato più
oscuro della sua natura:
ha accentrato in modo autoritario sul Governo e sul Primo Ministro il potere decisionale;
non curante dei pericoli per la loro salute, ha permesso lo sfruttamento dei lavoratori nei settori strategici che hanno continuato ad operare in piena pandemia
ha permesso la speculazione più ignobile con il nuovo “affare covid-19”;
ha sperimentato su larga scala il controllo militare sul territorio e sui singoli individui.
Non c’è nessun interesse
di negare la pericolosità della pandemia covid-19. La pandemia c’è ed è un
pericolo grave per il genere umano, non si sa quanto durerà, non si sa ancora
come combatterla definitivamente, ad oggi ha fatto più di un milione di morti,
e va affrontata con grande professionalità e serietà.
Bisogna essere pronti a
farsi carico di comportamenti utili a ridurre il rischio e a debellare il
coronavirus. Ma sempre con attenzione con spirito critico.
Bisogna mettere in
evidenza come lo Stato italiano ha affrontato il problema, prendendo come
esempio il modello cinese, e come, successivamente, il modello italiano sia
stato preso ad esempio da tanti altri Paesi. Il bombardamento mediatico, il
terrore diffuso dagli organi di informazione, il pensiero unico (quello dello
Stato) hanno contribuito in modo magistrale ai piani di controllo di massa.
Lo Stato non è certamente
un soggetto neutrale, esso è espressione dei gruppi dominanti, esso è il primo
soggetto della repressione.
L’obbligo di “restare a
casa”, il “distanziamento sociale”, il divieto degli “assembramenti”, disegnano
un futuro fosco quando la voce della “scienza” ci avverte che dobbiamo
abituarci a convivere con il sars covid-19 e che il futuro sarà eternamente
soggetto a crisi pandemiche, per le quali la principale soluzione è e sarà il
controllo sociale.
La pandemia è stata usata per agevolare le spinte autoritarie in molti
Paesi come nell’Ungheria di Orban, e segnatamente nel nostro Paese. Durante i lockdown si è diffuso il contagio
antidemocratico con un progressivo restringimento degli spazi democratici,
nelle istituzioni e nella società. Questo era già successo nel recente passato
per emergenze sociali ed economiche
La pandemia usata come banco di prova a largo raggio per sperimentare la
subordinazione e acquiescenza ai poteri dominanti: sono state messe in atto le
tecniche che potranno essere utilizzate
in presenza di nuove crisi economiche,
disastri ambientali e sanitari. È stata messa alla prova la passività di massa
in presenza di un pericolo collettivo. Questa è diventata una caratteristica
dell’attuale sviluppo capitalista, sia per quello l’iperliberista occidentale
che per quello di Stato “modello cinese”.
Fa specie che le proteste in Italia (ma anche
negli altri Paesi), contro il restringimento delle libertà individuali e contro
il lockdown, siano state egemonizzate dai negazionisti della pandemia e da
gruppi dell’estrema destra xenofoba che – in realtà – vorrebbero azzerare le libertà sociali, individuali
e collettive. Proteste incentrate sul rifiuto nell’indossare la mascherina, sul
rifiuto delle regole sul distanziamento, con la conseguenza di negare la
portata devastante della pandemia.
Gli amanti della libertà
sono stati ammutoliti dalla pandemia, ed è stata accettata qualsiasi
restrizione delle libertà, restrizioni viste come unico rimedio al contagio.
Le stesse aree dell’antagonismo sociale, storicamente avulse a qualsiasi
divieto, sono state investite dagli effetti del modus operandi dei poteri dello Stato che con le costrizioni e le
vistose limitazioni delle libertà di azione e di movimento hanno creato grandi difficoltà ad agire
pubblicamente, a manifestare e tenere alto il controllo e la consapevolezza di
massa sugli accadimenti. Oltre alla limitazione delle libertà di riunione, di
assemblea, di manifestazione, si sono dovute sormontare le paure istillate dai
media.
Al contrario, ad alzare
gli scudi contro le restrizioni, sono state le Associazioni degli Imprenditori
allarmate per la limitazione del movimento delle merci e per la chiusura dei
locali di ritrovo. Sebbene gran parte dell’attività produttive non abbiano mai
smesso di operare (solo in Lombardia più del 60% delle imprese non ha mai
smesso di funzionare). Si calcola che almeno 40000 (quarantamila) lavoratori si
siano ammalati di covid -19 sul posto di lavoro nel periodo che va da marzo a
maggio 2020. Mentre si proibiscono le passeggiate individuali nei parchi, le
uscite solitarie in barca, gli incontri anche fra parenti e congiunti stretti,
in pieno lockdown i lavoratori in tantissime aziende sono stati costretti ad
andare al lavoro senza nemmeno mantenere le distanze di sicurezza, come ad
esempio nel settore della logistica.
Le misure imposte dal
Governo per l’emergenza covid-19 ledono le libertà individuali, i diritti
fondamentali garantiti dalla stessa Costituzione italiana. Il Governo ha
sperimentato con successo l’uso autoritario delle decisioni governative, l’uso
senza precedenti dei
DPCM ha di fatto esautorato il Parlamento
concentrando i poteri nelle mani del Presidente del Consiglio.
Il popolo italiano ha
ubbidito alle restrizioni delle libertà in modo pressoché omogeneo dal nord
all’estremo sud del Paese. La paura è stato il fattore principale per
l’adesione incondizionata alle limitazione della libertà, alle pesanti
prescrizioni del Governo. Una paura collettiva e quasi irrazionale. Le
limitazioni alla libertà hanno determinato la possibilità del controllo sempre più
stringente delle singole persone, permettendo alle forze dell’ordine di
esercitare una sempre più pressante repressione.
Tutti i cittadini, all’improvviso, sono diventati
potenziali criminali, bisognosi di un lasciapassare (sottoposto a giudizio
insindacabile degli agenti in divisa) anche per potersi recare al supermercato
o in farmacia. Chiunque si sia permesso di violare le restrizioni (il
vecchietto al parco, i fidanzatini mano nella mano, lo sportivo che fa la
corsetta, ecc) è stato additato come presunto untore, indicato come criminale,
sanzionato a norma di legge speciale.
Il clima poliziesco è
stato pesantissimo, basti pensare che qui a Palermo una arrostitina organizzata
per il giorno di pasquetta (certamente un po' appariscente) sul tetto della
propria abitazione con i parenti conviventi (si può stare chiusi in casa in dieci, ma sul tetto della propria
abitazione no) è stata repressa con un intervento massiccio di forze
dell’ordine, con camion per sequestrare il tutto, e con il supporto di elicotteri
come se fosse un grande blitz antimafia. In più, i cittadini festaioli, sono
stati esposti al pubblico ludibrio su tutti i telegiornali nazionali.
L’uso dello stato
d’emergenza ha liberato la mano dura delle forze dell’ordine e lo spirito
delatore di tantissimi “cittadini modello” pronti alla delazione e alla
pubblica denuncia del “trasgressore” delle regole imposte.
Non si mette in
discussione la possibilità di limitare le libertà fondamentali in caso di forte
pericolo per la collettività, ma il modello che è stato attuato.
Nel nostro Paese le leggi
emergenziali troppo spesso sopravvivono all’emergenza contingente (basti
pensare alle leggi antiterrorismo degli anni ‘70, alla legge Reale, alle leggi
contro la mafia e al 41/bis) e nel tempo vengono addirittura estese.
In questi mesi le norme
antiassembramento sono state applicate in modo massiccio contro i movimenti
d’opposizione per impedire manifestazioni sociali e sindacali. I solerti uomini
dell’ordine costituito hanno prontamente denunciato gli organizzatori di
presidi per le aziende in crisi, o per manifestazioni di senza casa, di
migranti e nella logistica perché considerate contro le norme anticovid.
Risulta evidente come la
pandemia covid19 sia stata usata dall’apparato repressivo dello Stato per
sperimentare su grande scala nuove forme di controllo di massa e del
territorio, che sarebbe stato molto difficile sperimentare in tempi normali.
Le drastiche misure di
limitazione delle libertà collettive e individuali, supportate da una campagna
di informazione che ha seminato il terrore fra i cittadini, sono state rese
possibili dall’incapacità palese dello Stato a contenere la pandemia, non
riuscendo a potenziare il SSN che si è presentato più che inadeguato. La
segregazione di massa imposta come unico rimedio per contenere il contagio in
assenza di un sistema sanitario efficiente.
Come già accennato, il
“laboratorio sociale covid-19” è stato mutuato dall’esperienza cinese, dove il
comando viene gestito in modo centrale, dove la direzione unica dispone di
poteri illimitati e condiziona ed organizza l’intera società.
Il sistema cinese come
sistema perfetto, sistema che è riuscito in pochi giorni ad attuare il
controllo militare e poliziesco su decine di milioni di persone, costrette alla
segregazione forzata. Sistema cinese che ha dimostrato grandissima efficienza,
riuscendo a realizzare in pochi giorni diversi nuovi ospedali per il covid e
bloccando la pandemia.
Efficienza organizzativa
supportata dal massimo controllo sugli individui.
A febbraio, mentre i
cinesi sigillavano Wuhan con i suoi 11 milioni di abitanti, in Italia si
blaterava che da noi sarebbe stato impensabile la chiusura di intere città non
vivendo in una dittatura come quella cinese.
Ma solo dopo pochi
giorni, ai primi di marzo, il Governo Italiano ha sposato il modello cinese
imponendo il lockdown prima nelle regioni del nord e, solo dopo pochi giorni,
estendendolo all’intero Paese, anche in zone totalmente prive di contagio
covid-19.
L’uso strumentale delle catastrofi a fini di profitto e di compressione
della democrazia e dei diritti civili non nasce certamente oggi. La “shock
economy” è stata ampiamente descritta più di venti anni fa Naomi Klein.
Negli ultimi anni, sia in Italia che in tanti altri Paesi, sono stati
adottati sistemi autoritari di controllo nella gestione delle crisi (vedi
Aquila 2009). Fa specie come la stretta autoritaria, e le conseguenti pratiche
dittatoriali, sia stata metabolizzata
positivamente dall’opinione pubblica.
La pandemia covid-19
ha permesso la stretta super autoritaria, oltre che ad Orban in Ungheria, anche
ai regimi, che già non erano propriamente democratici, nelle Filippine, in
Polonia, in Turchia, in Russia, che hanno usato lo spettro della pandemia
soffocando l’opposizione, le proteste politico e sociali, e accentrando i
poteri nelle mani dell’Esecutivo o del locale Duce supremo, con la gestione
iper autoritaria della crisi.
È interessante notare
come, nonostante la riduzione drastica dei diritti e delle libertà, in questi
Paesi non si sia stato registrato un controllo reale della pandemia. Abbiamo
assistito ad una prova generale di subordinazione, passività, e
accettazione delle politiche liberticide
imposte dallo Stato nella situazione di grave crisi. Ma la crisi può
cronicizzarsi, diventare sistemica e le norme emergenziali venire utilizzate
consapevolmente nel futuro prossimo, sfruttando la passività di massa.
Al tempo del corona virus
le libertà collettive ed individuali sono state messe fortemente in discussione
e sembra proprio che questo disegnerà uno scenario molto inquietante per il
prossimo futuro.
video degli interventi
https://www.youtube.com/watch?v=U11aebbXj3s
https://www.youtube.com/watch?v=GmGXGwkY0Fc
https://www.youtube.com/watch?v=mz3q-jjDhuk