sabato 25 luglio 2020

DALL'INTERVISTA SUL RECOVERY FUND AD ANDREA FUMAGALLI

        - rassegna news  -

                                        «può finanziare un reddito di base che aiuti donne, giovani e working poors»                  

sono misure di sostegno temporaneo 
che coinvolgono poco più di 1 milione di famiglie 
contro un fabbisogno sociale stimato in oltre 5 milioni di persone. 
Secondo Andrea Fumagalli  (Università di Pavia e vicepresidente di BIN-ITALIA)  
 il  sistema degli  ammortizzatori sociali vigente nel nostro Paese 
è il caos» incapace di risolvere il dramma della  povertà.
«Oggi il tema del reddito di base si impone come 
una prova di coraggio fondamentale. 
Si tratta di una possibilità di rilancio vero e proprio che aiuterebbe 
l’inclusione sociale e l’inserimento nel mondo del lavoro 
delle categorie attualmente e storicamente più deboli» 


Professor Fumagalli, sarebbe possibile usare i soldi del Recovery Fund per finanziare un reddito di base?


«Stando agli accordi raggiunti al Consiglio europeo e alla cifra che è stata riservata all’Italia, direi che i fondi sono più che sufficienti. Sicuramente la questione del reddito è diventata centrale per pensare a come affrontare l’emergenza socio-economica. Tra gli effetti del parziale lockdown che abbiamo avuto in Italia – dico parziale perché molte imprese non si sono mai fermate – c’è stata una carenza nel reddito dei cittadini che li ha portati spesso a rischiare la povertà».


Di cosa si tratterebbe esattamente?


«Si tratterebbe di un ammortizzatore sociale destinato, ora come ora, a chi non è in cassa integrazione. Cioè, invece del pacchetto di sussidi frammentato per categorie di lavoratori, ci sarebbe un reddito più universale e generalizzato che prescinde dall’impiego e dal contratto. 600 o 700 euro che coprirebbero tutti incondizionatamente e per tutta la durata dell’emergenza. Subordinati, parasubordinati, professionisti sotto una certa soglia, inoccupati, partite Iva. Insomma, un Reddito di Cittadinanza allargato e più efficace».



Cosa c’è che non funziona nel nostro sistema di welfare?



«Il nostro sistema è il caos. Abbiamo una serie di Cig, abbiamo la Naspi, la vecchia Aspi, il Reddito di emergenza, il Reddito di cittadinanza, i 600 euro per le partite iva e alcuni autonomi, eccetera eccetera. Come detto, ragionare per categorie rallenta ulteriormente tutto il sistema burocratico e c’è la possibilità (certezza, vista l’esperienza) di dimenticarci di gran pare delle persone in difficoltà economica
».