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«può finanziare un reddito di base che aiuti donne, giovani e working poors»
sono misure di sostegno temporaneo
che coinvolgono poco più di 1 milione di famiglie
contro un fabbisogno sociale stimato in oltre 5 milioni di persone.
Secondo Andrea Fumagalli (Università di Pavia e vicepresidente di BIN-ITALIA)
il sistema degli ammortizzatori sociali vigente nel nostro Paese
è il caos» incapace di risolvere il dramma della povertà.
«Oggi il tema del reddito di base si impone come
una prova di coraggio fondamentale.
Si tratta di una possibilità di rilancio vero e proprio che aiuterebbe
l’inclusione sociale e l’inserimento nel mondo del lavoro
delle categorie attualmente e storicamente più deboli»
Professor Fumagalli, sarebbe possibile usare i soldi del Recovery Fund per finanziare un reddito di base?
«Stando agli accordi raggiunti al Consiglio europeo e alla cifra che è stata riservata all’Italia, direi che i fondi sono più che sufficienti. Sicuramente la questione del reddito è diventata centrale per pensare a come affrontare l’emergenza socio-economica. Tra gli effetti del parziale lockdown che abbiamo avuto in Italia – dico parziale perché molte imprese non si sono mai fermate – c’è stata una carenza nel reddito dei cittadini che li ha portati spesso a rischiare la povertà».
Di cosa si tratterebbe esattamente?
«Si tratterebbe di un ammortizzatore sociale destinato, ora come ora, a chi non è in cassa integrazione. Cioè, invece del pacchetto di sussidi frammentato per categorie di lavoratori, ci sarebbe un reddito più universale e generalizzato che prescinde dall’impiego e dal contratto. 600 o 700 euro che coprirebbero tutti incondizionatamente e per tutta la durata dell’emergenza. Subordinati, parasubordinati, professionisti sotto una certa soglia, inoccupati, partite Iva. Insomma, un Reddito di Cittadinanza allargato e più efficace».
Cosa c’è che non funziona nel nostro sistema di welfare?
«Il nostro sistema è il caos. Abbiamo una serie di Cig, abbiamo la Naspi, la vecchia Aspi, il Reddito di emergenza, il Reddito di cittadinanza, i 600 euro per le partite iva e alcuni autonomi, eccetera eccetera. Come detto, ragionare per categorie rallenta ulteriormente tutto il sistema burocratico e c’è la possibilità (certezza, vista l’esperienza) di dimenticarci di gran pare delle persone in difficoltà economica».