per un potere diffuso
e democratico
«Non possiamo continuare a vivere così.»
È il paradosso della nostra epoca: non si può non essere contro se si ama
davvero la vita. Quanto più grande è il nostro amore per gli uomini e per le
cose belle di questo mondo, tanto più grande è il desiderio di cambiarlo, il
mondo. Perché questo «sistema sociale ed economico» non è più compatibile con i
diritti umani. Con l’esistenza stessa dell’uomo su questo pianeta
(...)
la prima battaglia da vincere è quella per cambiare noi stessi. Liberandoci
dalle credenze, dalle pigre ovvietà solo apparentemente vere: come l’ossessione
di andare al governo. Un’ossessione che dà forma a tutti gli altri obiettivi
politici (personali e collettivi): che sarebbero la visibilità mediatica, il
successo, la vittoria. Il potere del capo. La verità è che si tratta di falsi
dèi: di idoli da abbattere perché sono altrettanti ostacoli alla costruzione di
una sinistra che da troppo tempo non si chiede invece perché vuole arrivare al
governo, cioè per fare che cosa.
La consapevolezza davvero cruciale è che governare è solo una parte della
politica: e non la più importante. Ciò che vogliamo non è il potere sulla società, ma
il potere nella società: il potere, dato a tutte e tutti, di salvare le proprie
vite dal dominio del mercato. Il potere nei luoghi di lavoro, nelle lotte per
le donne, per la difesa dell’ambiente, il potere della conoscenza e del
pensiero critico aperto a tutti: questo potere diffuso e democratico è il vero
obiettivo di una sinistra che voglia cambiare il mondo e non solo le vite dei
suoi rappresentanti ... La reciproca incomprensibilità tra le lotte quotidiane e diffuse della
democrazia di ogni giorno e la “politica del governo” è, ancora oggi, alla base
dello scollamento tra la sinistra che esiste e resiste per le strade del Paese
e la sua rappresentanza politica. Quello scollamento non è solo un problema da
risolvere, è la chiave per comprendere cosa coltivare, dove cercare, in cosa
sperare.
Non è dall’alto, neanche oggi,
che si può ripartire: ma dal basso delle associazioni, dei comitati spontanei
di ogni tipo, dei centri sociali, dei preti di strada, delle scuole di
periferia, del lavoro ben fatto di chi vive in comunione con la terra e con le
cose. Dal basso delle lotte quotidiane, delle vertenze, delle “intelligenze
contro” che accendono, nonostante tutto, il Paese. È solo battendo strade come
queste che si può evadere dalla stanza senza porta e senza finestre in cui il
discorso pubblico italiano ha murato il futuro della sinistra politica ... Perché un partito, le elezioni, il governo sono le possibili conseguenze
di una esistenza nella realtà: non ne sono il presupposto. E, più
profondamente, perché “un partito occupato nella conquista o nella
conservazione del potere governativo non può discernere in queste grida altro
che rumore”: le grida di cui parla Simone Weil sono quelle di coloro a cui
“viene fatto del male”.