mercoledì 12 febbraio 2020

FALSI DÈI E IDOLI DA ABBATTERE


 per un potere diffuso 

 e democratico 


«Non possiamo continuare a vivere così.» È il paradosso della nostra epoca: non si può non essere contro se si ama davvero la vita. Quanto più grande è il nostro amore per gli uomini e per le cose belle di questo mondo, tanto più grande è il desiderio di cambiarlo, il mondo. Perché questo «sistema sociale ed economico» non è più compatibile con i diritti umani. Con l’esistenza stessa dell’uomo su questo pianeta


(...)
la prima battaglia da vincere è quella per cambiare noi stessi. Liberandoci dalle credenze, dalle pigre ovvietà solo apparentemente vere: come l’ossessione di andare al governo. Un’ossessione che dà forma a tutti gli altri obiettivi politici (personali e collettivi): che sarebbero la visibilità mediatica, il successo, la vittoria. Il potere del capo. La verità è che si tratta di falsi dèi: di idoli da abbattere perché sono altrettanti ostacoli alla costruzione di una sinistra che da troppo tempo non si chiede invece perché vuole arrivare al governo, cioè per fare che cosa.
La consapevolezza davvero cruciale è che governare è solo una parte della politica: e non la più importante. Ciò che vogliamo non è il potere sulla società, ma il potere nella società: il potere, dato a tutte e tutti, di salvare le proprie vite dal dominio del mercato. Il potere nei luoghi di lavoro, nelle lotte per le donne, per la difesa dell’ambiente, il potere della conoscenza e del pensiero critico aperto a tutti: questo potere diffuso e democratico è il vero obiettivo di una sinistra che voglia cambiare il mondo e non solo le vite dei suoi rappresentanti ... La reciproca incomprensibilità tra le lotte quotidiane e diffuse della democrazia di ogni giorno e la “politica del governo” è, ancora oggi, alla base dello scollamento tra la sinistra che esiste e resiste per le strade del Paese e la sua rappresentanza politica. Quello scollamento non è solo un problema da risolvere, è la chiave per comprendere cosa coltivare, dove cercare, in cosa sperare.
Non è dall’alto, neanche oggi, che si può ripartire: ma dal basso delle associazioni, dei comitati spontanei di ogni tipo, dei centri sociali, dei preti di strada, delle scuole di periferia, del lavoro ben fatto di chi vive in comunione con la terra e con le cose. Dal basso delle lotte quotidiane, delle vertenze, delle “intelligenze contro” che accendono, nonostante tutto, il Paese. È solo battendo strade come queste che si può evadere dalla stanza senza porta e senza finestre in cui il discorso pubblico italiano ha murato il futuro della sinistra politica ... Perché un partito, le elezioni, il governo sono le possibili conseguenze di una esistenza nella realtà: non ne sono il presupposto. E, più profondamente, perché “un partito occupato nella conquista o nella conservazione del potere governativo non può discernere in queste grida altro che rumore”: le grida di cui parla Simone Weil sono quelle di coloro a cui “viene fatto del male”.