giovedì 16 gennaio 2020

L’INGANNO SOVRANISTA

 A PROPOSITO DEL GREEN DEAL EUROPEO 


 -Carlo Cuccomarino-

contrastare i cambiamenti climatici in corso richiede una conversione ecologica di tutto l’apparato produttivo per lo meno a livello continentale perché l’Europa possa fare – come un tempo – da “traino” al resto del mondo


La grande questione del clima non può essere affrontate, o addirittura “risolta”, recuperando una presunta “sovranità nazionale” è un inganno: è una questioni di dimensioni per lo meno europea.
Sul clima è ridicolo anche solo pensare che una politica nazionale possa incidere in qualche modo. Abbiamo bisogno dell’Europa e dell’Unione Europea, con le sue pessime istituzioni che non cambieranno certo da sole le loro politiche, come controparte unica per creare un movimento di respiro continentale capace di imporre politiche molto diverse, con lotte, mobilitazioni e le più diverse iniziative locali, ma anche con un programma unitario e radicali cambi di rotta.
Sì. Abbiamo bisogno del Parlamento Europeo imbelle e perciò impotente; della sua Commissione dai culi di pietra; del suo Consiglio che la dilania inseguendo non “l’interesse nazionale” (che cos’è?) di ogni Stato membro, ma il tornaconto elettorale dei rispettivi governi; della sua Banca Centrale che coordina attività e interessi della finanza mondiale che ci governa tutti; e persino dei banditi che si annidano nell’Eurogruppo. Non saranno queste istituzioni a cambiare le politiche dell’Unione, ma è necessario averla come controparte unica per creare un movimento di respiro continentale capace di imporle, con lotte, mobilitazioni e le più diverse iniziative locali, ma anche con un programma unitario, radicali cambi di rotta.
Vogliamo ribadire tutto ciò dopo che il Parlamento Europeo ha approvato il piano promosso dal presidente della Commissione-Ue Von der Leyen,che prevede mille miliardi per i prossimi 10 anni per trasformare l'Europa nel primo continente verde del globo e si punta ad andare oltre,ad avvicinarsi ad una cifra intorno ai 3mila miliardi per quella che è stata definita la quarta rivoluzione industriale europea.
Una strategia,dunque,che coinvolgerà tutte le politiche comunitarie e punterà a convogliare una enorme massa di soldi.
Contrastare i cambiamenti climatici in corso richiede infatti una conversione ecologica di tutto l’apparato produttivo per lo meno a livello continentale perché l’Europa possa fare, come un tempo, da “traino” al resto del mondo.
Ma la conversione non nascerà da un “Gosplan” centralistico messo a punto da uno o più organi dell’Unione, bensì da migliaia e migliaia di progetti sostenuti da mobilitazioni e iniziative a livello locale: per le fonti rinnovabili e l’efficienza nell’uso di energia e materiali, per un’agricoltura e un’alimentazione ecologiche, per una mobilità che affidi la transizione non al mercato – aumentando il prezzo dei carburanti, che non è che un’imposta per chi ora non può fare a meno dell’auto – bensì alla graduale messa in opera di modalità di trasporto condiviso e accessibile, per un’edilizia sostenibile e la salvaguardia di suoli e territori.
Tutte queste cose richiedono risorse che solo una politica economica e monetaria dell’Unione radicalmente diverse potranno – e dovranno – mettere a disposizione delle iniziative locali; e che solo la moltiplicazione delle mobilitazioni in difesa dei territori e delle condizioni di vita delle comunità che le abitano potrà imporre ai suoi organi centrali.