-toni casano-
L'Uomo Vitruviano resterà nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia (almeno per ora)
Orbene, agli esperti del MIBACT non può sfuggire un passaggio
fondamentale. Dal “Decreto-Cassese” in poi la Pubblica Amministrazione è stata
radicalmente riformata, sancendo il principio della separazione tra la
“responsabilità politica” (indirizzo e controllo) e azione amministrativa
(attuazione e gestione). Ecco perché, in uno con la sospensiva pronunciata dal
giudice amministrativo sull’azione intentata dall’Associazione Italia
Nostra, il Tar ha sospeso anche il
“memorandum d'intesa” firmato tra il Ministero dei Beni culturali e il Museo
del Louvre, ove è previsto uno scambio di opere sull’asse Leonardo\Raffaello.
Nella fattispecie la sospensiva riguarda la parte "in cui viola il
principio dell'ordinamento giuridico per cui gli uffici pubblici si distinguono
in organi di indirizzo e controllo da un lato, e di attuazione e gestione
dall'altro".
In altri termini, è inutile e fuorviante da parte del
Ministro invocare la “trasparenza”: il principio evocato, atto a prevenire
degenerazioni amministrative di rilevanza penale, in questo caso non è
ovviamente oggetto dell’impugnativa del ricorso di Italia
Nostra (sul quale il TAR ne discuterà il 16 ottobre prossimo venturo). Quel che si eccepisce, invece, a
pena di nullità o annullabilità dell’atto, rientra nel quadro della tutela
giurisdizionale dei diritti avverso provvedimenti amministrativi posti in essere
dalla P.A. che si ritengono “legittimamente viziati”.
Ma veniamo al petitum
sollevato da
Italia Nostra, relativo al viaggio parigino dell'Uomo Vitruviano. Sulla questione è stata ravvisata la violazione
dell'art. 66, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Nella fattispecie la
precitata norma legislativa stabilisce che non possono comunque uscire dal
territorio della Repubblica: “i beni che costituiscono il fondo principale di
una determinata ed organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio
o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica”.
La risposta del Ministro -così come segnalato in questi
giorni dalla stampa quotidiana, in audizione sulle linee programmatiche del suo
dicastero alle commissioni Cultura riunite di Camera e Senato - a nostro avviso
parrebbe alquanto elusiva, poiché piuttosto che contestare l’incontestabile norma si è limitato soltanto a precisare
(trincerandosi dietro lo scudo della “trasparenza”) che, per quanto
concerne i prestiti di opere d'arte,
tiene in principale considerazione (quasi avesse un sostanziale potere
discrezionale) solo "la valutazione scientifica che dice se un'opera è
trasportabile o non è”. Quindi l’unico criterio adottato dal
Ministero guidato da Franceschini è quello sancito dal comma 1 dell’art. 66, tralasciando
sbadatamente la lettura integrale dell’articolato della norma. Infatti, lo
stesso ministro conferma indirettamente di essersi informato solo sul summenzionato
comma 1, allorquando dichiara: “così ho fatto per l'Uomo Vitruviano, su cui c'è
stato un parere positivo”, mentre per altre opere “su cui ci sono stati pareri negativi”
il MIBACT – bontà sua - non ha autorizzato il trasloco temporaneo per la valorizzazione del bene culturale di
turno.
In tutta questa contro arringa ministeriale, ciò che scompare
è l’oggetto specifico del contenzioso sollevato giustamente da Italia Nostra.
Nessuna risposta, nemmeno sfiorato l’argomento sul “comma 2, lett. B, Art. 66
del D.Lgs. n. 42/2004 -Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio-. Sul punto Ministro e gli esperti del MIBACT glissano.
articolo pubblicato in contemporanea anche su OSSERVATORIO MEDITERRANEO DI PACE