di Officine Zero / CLAP
È possibile
che tra le macerie industriali del vecchio continente si stia diffondendo il
virus anticapitalista dell'autogestione produttiva? Il meeting internazionale
di Marsiglia è stato un primo confronto tra esperienze europee e
latinoamericane di fabbriche recuperate, utile per condividere analisi,
potenziare conflitti, interrogarsi attorno alle sfide di un nuovo sindacalismo
all'altezza della crisi.
“La nuova rivoluzione francese sarà costretta
ad abbandonare immediatamente
il terreno nazionale e a conquistare il terreno europeo,
sul quale soltanto la rivoluzione sociale del XIX secolo può attuarsi”.
(K.Marx, F. Engels, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850)
il terreno nazionale e a conquistare il terreno europeo,
sul quale soltanto la rivoluzione sociale del XIX secolo può attuarsi”.
(K.Marx, F. Engels, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850)
Fin dagli
albori del movimento operaio, la Francia è stata il termometro dello stato
della lotta di classe in Europa, anticipando spesso processi e conflitti
sociali. Più recentemente, sul finire degli anni 90, le lotte dei disoccupati,
dei precari e degli intermittenti hanno fornito indicazioni fondamentali per i
movimenti del precariato sociale che si sono sviluppati negli anni 2000 in
tutta Europa. Così il fatto che il meeting internazionale “Economia dei
lavoratori” si sia svolto in una fabbrica occupata a Gemenos, nella zona
industriale di Marsiglia, è stato un segnale simbolico e politico molto forte.
Gli eventi
politici davvero importanti sedimentano oltre l’immediato e si verifica la loro
importanza a distanza di tempo. Questo è il caso del meeting che tra il 31 gennaio
e il primo febbraio ha visto riuniti oltre duecento tra attivisti, ricercatori
e operai delle fabbriche recuperate nella fabbrica occupata Fralib, ex
Unilever. Su un muro, accanto allo stencil del Che, c’è scritto “Fralib ai
Fralibbiens”, ovvero la fabbrica appartiene ai propri lavoratori. Questo il
messaggio chiaro all’ingresso del complesso industriale della Unilever,
multinazionale di cibi, bevande e prodotti per la casa che ha scelto di
delocalizzare in Polonia licenziando decine di operai negli stabilimenti
marsigliesi e non solo.
Proprio in
questi giorni in Italia si moltiplicano gli scioperi negli stabilimenti
Unilever, dove 121 lavoratori (di cui 108 a Roma) sono a rischio mobilità.
Esternalizzazione dove i salari sono ancora più bassi, in questo caso in
Polonia, è sempre la stessa storia. Che a Gemenos ha incontrato la fiera
resistenza degli operai, che hanno occupato la fabbrica e hanno ripreso la
produzione di the in forma autogestita e temporanea, ma puntano a tornare a
produrre senza padroni in maniera continuativa. Oggi sono in lotta per
mantenere il marchio “Elephant The” e hanno lanciato una campagna di
boicottagio del the Lipton.
Le
fabbriche recuperate tra Europa e America Latina
Proprio in
questo enorme complesso industriale, tra le linee dei macchinari, si è tenuta
la due giorni di dibattiti che ha visto una ampia partecipazione: dai
lavoratori della Textil Piguè, fabbrica tessile autogestita da dieci anni in
provincia di Buenos Aires (pochi giorni fa i festeggiamenti del decennale di
occupazione), agli operai della VioMe di Salonicco, alla Fabrique du Sud di
Carcassonne, agli operai e precari della Ri Maflow di Milano. Da Roma siamo
partiti da Officine Zero, portando l’esperienza di occupazione e autogestione
della fabbrica di Portonaccio e la sperimentazione delle Camere del Lavoro
Autonomo e Precario. L’incontro, costruito attarverso diverse riunioni e
incontri internazionali, è stato preceduto dall’importante passaggio a Novembre
2013 di Agora99, quando a Roma si erano incontrate diverse fabbriche occupate e
autogestite per iniziare a costruire campagne di solidarietà e scambio.
Motore
organizzativo di questo prezioso meeting sono stati senza dubbio gli Argentini
che, dopo aver organizzato in Sud America tre incontri internazionali dal
titolo “Economia de los trabajadores”, hanno deciso di "conquistare
l'Europa". Grazie a questa sorta di cooperazione allo sviluppo al
contrario movimenti europei e sudamericani si sono confrontati forse per la
prima volta su domande cruciali. È possibile tessere reti tra le forme di
resistenza alla crisi in America Latina, per vent’anni laboratorio delle
politiche neoliberiste, e i conflitti che sorgono nei paesi del sud
dell’Europa, in quella lunga crisi dei “paesi sviluppati” che potremmo anche
definire come fase di “nuova accumulazione originaria” del capitalismo?
Assieme agli
operai e agli attivisti delle reti di solidarietà con le fabbriche, anche tanti
e tante che animano progetti di ricerca e collaborazione tra università,
organizzazioni popolari, movimenti sociali e fabbriche recuperate in America
Latina e in Europa. Il progetto Facultad Abierta dell’Università di Buenos
Aires, le reti di appoggio politico e tecnologico alle fabbriche recuperate in
Brasile, le esperienze venezuelane e messicane ci segnalano la ricchezza di un
percorso decennale con cui risulta decisivo costruire relazioni e scambi nel
tempo, interrogandosi sulla traduzione delle esperienze di lotta, sulla
riproducibilità o meno di specifiche forme di organizzazione e di conflitto.
Un incontro,
nonostante la partecipazione di docenti e ricercatori di mezzo mondo, per nulla
accademico, ma orientato alla costruzione di un fare comune, oltre le
differenti biografie politiche e geografiche. Così ad esempio il sito workerscontrol.net, presentato dal
ricercatore Dario Azzellini, è sembrato a tutti strumento utile per avere un
punto di riferimento transnazionale. Il sito è un interessante spazio di
inchiesta e approfondimento multilingue sul tema dell’autogestione operaia, sia
nella fase attuale, sia in chiave storica, individuando specifici momenti in
cui il “controllo operaio” ha avuto la capacità di costituire egemonia e
contropotere.
Prospettive
di conflitto e inchiesta
Le due
giornate, al contrario di come avviene spesso negli incontri tra movimenti a
livello internazionale, sono riuscite a intrecciare i momenti di analisi con
quelli di proposte concrete di campagne e di lavoro comune. Così il tavolo per
organizzare le campagne di solidarietà con la Fralib/Unilever e con la Vio.Me è
terminato con la proposta di realizzare una carovana internazionale che
trasporti le lotte e i prodotti delle fabbriche autogestite da Salonicco fino a
Marsiglia, passando per Roma e Milano. Il pragmatismo delle fabbriche occupate
nella discussione ha corso più veloce dei gruppi politici, perché l’urgenza di
estendere e rafforzare le lotte in Europa è una priorità assoluta per la
sopravvivenza delle poche esperienze di autogestione operaia.
Il tema
dell’inchiesta ha avuto grande importanza. Molti attivisti, ricercatori e
operai sono interessati a costruire una mappatura delle esperienze di
autogestione di fabbriche ed imprese in Europa. A partire dalla ricerca
sviluppata in Argentina ed in Brasile, è nata l’idea di un lavoro di inchiesta
capace di mettere in connessione energie, saperi e competenze differenti per
potenziare i percorsi di autogestione del lavoro, con uno sguardo particolare
alle nuove e conflittuali esperienze di coworking e alle sperimentazioni di
nuovo sindacalismo metropolitano.
In Francia, così come in Italia e in Grecia siamo allo stato embrionale, per questo Francois, operaio della Fralib, nelle sue conclusioni si scusa per i problemi organizzativi: "Scusate per il freddo, ma non avevamo una sala abbastanza grande per contenere tutte le persone arrivate, e vi abbiamo dovuto ospitare qui, nel reparto centrale, tra le macchine. Vi promettiamo che la prossima volta ci sarà molto più calore, perché le macchine saranno accese e produrranno calore sotto controllo operaio."
In Francia, così come in Italia e in Grecia siamo allo stato embrionale, per questo Francois, operaio della Fralib, nelle sue conclusioni si scusa per i problemi organizzativi: "Scusate per il freddo, ma non avevamo una sala abbastanza grande per contenere tutte le persone arrivate, e vi abbiamo dovuto ospitare qui, nel reparto centrale, tra le macchine. Vi promettiamo che la prossima volta ci sarà molto più calore, perché le macchine saranno accese e produrranno calore sotto controllo operaio."
Il meeting
di Marsiglia apre ad una scommessa avvincente e necessaria: connettere e
potenziare le esperienze di lotta ed autogestione del lavoro, per creare un
vero e proprio movimento che in Europa vada al contrattacco dei diktat della
Troika e della nuova divisione del lavoro all’interno dello spazio
continentale. Rispetto alle lotte latinoamericane siamo agli inizi di un
processo, che con la crisi industriale del sud Europa potrebbe vedere un
accelerazione. L’intreccio con i movimenti d’oltreoceano rafforza
reciprocamente lotte che se isolate sono sconfitte, se invece sono capaci di
generare un contagio forte, possono ridisegnare la geografia, i linguaggi e gli
obiettivi in chiave offensiva della lotta di classe in Europa e nel mondo.
Prossimo appuntamento internazionale: Venezuela 2015.
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