SU MOLECULOCRACY E CRONACHE DEL BOOMERNAUTA --Daniele Gambetta-
L’accelerazione del capitalismo digitale e la proliferazione dei suoi linguaggi nella sfera sociale ci hanno portato sempre più a vedere all’immaginario cibernetico come confinato alla logica del controllo e del dominio antropocentrico, quindi vettore della crisi ecologia. Così facendo rischiamo di perdere un’opportunità: quella di cercare nuove mappature del reale che utilizzando un linguaggio sistemico, senza approccio riduzionista o determinista, provino a descrivere nuove forme di organizzazione e relazione tra agenti, umani e non, all’interno della crisi di Gaia. Per fornire prospettive in questa direzione, tra le tante, esistono due possibilità: una è immaginare mondi futuribili o ucronie in cui la forme della tecnica e dei saperi hanno preso anche altre strade, l’altra è suggerire nuove teorie dell’organizzazione basandosi su esperienze reali vissute all’interno di contesti sociali. Entrambe queste strade, negli ultimi mesi, sono state percorse da due testi, rispettivamente la fabula speculativa Cronache del Boomernauta di Giorgio Griziotti (Mimesis, 2023) e il saggio artistico Moleculocracy di Emanuele Braga (Nero, 2023)
Come riportato da Juan Martinez Alier in Ecological Economics, commentando le teorie dell’ucraino, Engels scrisse a Marx che “Dopo la sua scoperta assai preziosa [sic!] Podolinski ha smarrito la via giusta, perché voleva trovare nel campo delle scienze naturali una nuova prova della giustezza del socialismo e ha mischiato quindi cose della fisica con cose d’economia.”
Secondo Martinez però questo passaggio rappresentò “una cruciale occasione perduta nel dialogo tra marxismo ed ecologia”, e forse, mi verrebbe da dire, anche un’occasione persa di dibattito sulle possibilità e i limiti delle analogie fisico-biologiche nel campo sociale e politico.
In questo senso, credo che entrambi i testi appena usciti si muovono in una direzione interessante. Il linguaggio dalla fisica e dalle scienze dure nella descrizione di fenomeni sociali non deve trarre in inganno: non siamo dalle parti della sociofisica accademica che tenta di trovare un modellino matematico che spieghi tutto, ma invece siamo davanti a tentativi di produzione di glossario, di immaginario, di nuove parole che suscitino concatenamenti di pensieri utili a elaborare il nostro stare nelle cose e nella crisi. A riecheggiare non a caso è la parentela harawayana, il fare kin dentro il problema, quindi la sua stessa ricerca di dizionario. “Nonostante il passato umano fosse ancora rilevante, l’aspetto cruciale era la formazione di alleanze multispecie che aprissero la strada alla biocenizzazione. Le drammatiche origini della situazione di collasso erano meno importanti della direzione verso cui si stava dirigendo un futuro in cui la biomacchina neghentropica si sarebbe occupata delle popolazioni umane rimaste”.
A venire alla mente è anche quel tentativo bogdanoviano di costruire una scienza dell’organizzazione adatta ad essere applicata ai fenomeni reali, addirittura ai processi di innesco e/o collasso dei movimenti, costruendo un lessico formale per descrivere i processi senza per forza essere riduzionisti, non a caso proprio Bogdanov usava un neologismo che ora diremmo più vicino alla scienza delle reti che alla fisica. Potremmo, ad esempio, descrivere la potenzialità di engagement di un processo collettivo, in termini di feedback che un* attivista potrebbe trovare, da quel determinato processo? Se le grandi mobilitazioni di inizio millennio, fino ai primi anni ’10, vedevano ancora una possibilità di azione sul reale tramite l’operato di un governo, la crisi della democrazia ha anche portato all’allontanarsi di quella possibilità di azione (vedi referendum greco), portando a mancare la possibilità di feedback derivante da un’azione politica. In un certo senso, questo feedback nuovi movimenti (ecologisti, transfemministi e non solo…) l’hanno ricreato su una scala diversa, tramite costruzione di processi territoriali dal basso o grazie a momenti di condivisione, cura, e supporto psichico nelle piazze e nei momenti di aggregazione stessa. Provare a sviluppare concetti adeguati a spiegare i processi di decisione e organizzazione è una sfida che entrambi i testi qui citati sembrano lanciare.
Altri elementi comuni dei testi sono la centralità delle relazioni con il non umano e quindi l’urgenza di una nuova teoria dell’agentività, il riconoscimento dei processi di sussunzione e i loro meccanismi, l’ideologia di rete e l’individuazione del soggetto tramite gli interscambi di relazione.Se, come ricorda Spagnul nella prefazione del Boomernauta, la fantascienza è lo sforzo di un’intelligenza collettiva per cogliere ciò per cui non è ancora pronta, allo stesso modo si può dire che la forma di saggio pseudo-autobiografico di Moleculocracy sembra una raccolta di appunti che lasciano aperta una possibilità di elaborazione in divenire. Forse allora entrambi i testi, con uno sforzo perpendicolare, esprimono la necessità di trovare forme espressive per questa fase storica, una nuova scienza-letteratura della speculazione, che potrebbe nascere dall’esperienza di una fabbrica autogestita così come da un movimento di giovani ecologisti o ancora dalle interazioni impensate tra queste e l’alieno, tra la nostra storia militante e un’alterità ancora oggi sconosciuta o impensata all’interno di Gaia.
Questo articolo pubblicato su euronomade.info è uscito anch in versione ridotta per il Manifesto l’8 febbraio 2024.