- Antonio Negri -
la continuità dell’idea dell’estinzione dello Stato
A chi mi chiede quale libro possa meglio introdurlo al marxismo, rispondo: Stato e rivoluzione di Vladimir Ilich Lenin. Perché? Perché se Marx è il cervello, Lenin è il corpo del marxismo, e per i materialisti è nel corpo che risiede anche il cervello. Il marxismo non è infatti una teoria economica ma una critica dell’economia politica, laddove critica significa in primo luogo capacità d’analisi nell’immergersi in un mondo caotico e conflittuale, materialmente dominato da padroni che ti sfruttano e da un sovrano che ti comanda. Quel “ti sfrutta” e quel “ti comanda” significano che il comando ha a che fare con il tuo corpo, cioè con i corpi, le energie, le passioni, i valori di chi abita e lavora questo nostro pianeta. Lenin, con Stato e rivoluzione, mette i corpi all’interno della lotta quotidiana dove si annodano rivendicazione economica e passione politica, sforzo di emancipazione e potenza di liberazione. In questo primo approccio, Stato e rivoluzione significa: i corpi in lotta contro la materialità del comando capitalista.
Questo rapporto svela un primo significato del marxismo come critica: significa esserci dentro all’economia politica, starci dentro a quell’avviluppo di atti di sfruttamento e di mezzi di potere (di capitalismo e di sovranità), dentro alla connessione inscindibile che ne fa uno Stato. Lo Stato è sfruttamento dei corpi dei lavoratori ed è comando sui cervelli dei sudditi. Rivoluzione è la critica che i corpi esercitano contro quello sfruttamento e quel potere sovrano.
All’investimento del dentro, la critica fa dunque seguire, in contemporanea, la potenza del contro. Dire contro significa infatti comprendere come i corpi possano muoversi contro il capitale: significa dunque tradurre Il Capitale – libro inesauribile della critica marxista – in esperimento materialista di una rivoluzione possibile. Perché la coniugazione “dentro-contro” segue e determina la mutazione materialista dell’insieme dei corpi in classe e costituisce così il filo rosso di soggettivazione della lotta di classe. È su questo punto altissimo del discorso di Lenin che va piantata la pedagogia del marxismo che non è scienza se non in quanto critica e non è critica se non in quanto soggettivazione: non è possibile essere marxisti se non dentro questo paradosso leninista della totalità e del punto di vista di parte. Ed ecco allora come Il Capitale venga qui, per così dire, soggettivato – che non significa abbandonato ai piaceri di una filologia sempre curiosa, talora dissoluta, né alle cerimonie di un dogmatismo ribelle. Significa piuttosto riarticolato nel rapporto storico con le lotte, nelle differenti composizioni tecniche e politiche delle due classi. Nello schema iniziale de Il Capitale era previsto un capitolo sullo Stato, ci ricorda Rosdolsky. Marx non ha avuto la possibilità di scriverlo come prosieguo dei grandi capitoli di critica economica che aveva redatto – ma negli scritti storici e negli interventi all’Internazionale e sugli uomini e sui partiti che ne facevano parte, un quadro teorico fu allora da lui tratteggiato. Lenin lo riprende qui e gli dà una muscolatura che solo l’esperienza di una lotta di classe vittoriosa poteva sovrapporre alle vicende confuse ed alle occasionali quanto vulcaniche polemiche di partito. Ecco dunque dove “soggettivazione” esprime interamente il suo significato. Vale come pedagogia, vale anche come punto più alto di quella sintesi operativa del “dentro e contro” che fin qui abbiamo riconosciuto nelle pagine di Stato e rivoluzione.
Dentro e contro bastano forse per mettere in prosa sia Il Capitale sia gli scritti storici di Marx. Ma in Stato e rivoluzione si va più avanti. La rivoluzione è cominciata, dice Lenin – dove andremo? Qual è l’oltre cui tendiamo? E qui l’agire soggettivo di Lenin si torce verso la realtà – dall’utopia alla scienza, dalla scienza alla concretezza della forza rivoluzionaria. Sembra che si sia ritornati all’inizio e che il gusto dello starci “dentro” e del lottare “contro” il capitale, sia maturato tal quale in un movimento perpetuo. Non è così: qui la soggettivazione permette di elencare in positivo i passaggi che il “fare rivoluzionario” deve compiere per costruire l’oltre, per andare oltre l’oltre – dal socialismo al comunismo. E il cammino è disegnato con l’intelligenza e la forza della prassi costituente.
L’utopia viene ricondotta nella realtà e messa in forma negli stessi modi nei quali l’attacco al presente dominio di classe era stato condotto. In questo modo l’utopica “estinzione dello Stato” viene compresa in termini materialisti come processo costituente. E lo si vede compiuto questo processo, perché non è più un ideale ma una prova per la soggettività che trasforma il reale: Marx e Lenin sono definitivamente ricomposti – quale forza ne viene! Distruggere lo Stato e ricostruire quell’insieme di istituzioni che permettono una vita libera, diventa un compito che si svolge in comune. Al termine della lettura di Stato e rivoluzione i nostri corpi sono impegnati in quel compito.