- Giso
Amendola-
ARTICOLI E MATERIALI
Questo
quaderno di EuroNomade, dedicato al tema del Contropotere, vuole contribuire alla riapertura di un
orizzonte complessivo dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il
vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista
ricco di tensione progettuale
il contropotere rompe l’unità politica, e si
costituisce come figura della transizione
Riconquistare un orizzonte. Questo
quaderno apre una serie di interventi monografici che il Collettivo EuroNomade
intende dedicare ai nodi, teorici e politici, più rilevanti nei conflitti del
nostro tempo. Ogni numero avrà una parte dedicata ai saggi, e una seconda parte
antologica, che propone materiali utili a ricostruire le genealogie che fanno
capo al tema. L’ambizione è abbastanza trasparente. Se non è proprio una
rivista (secondo un modello che, dalle parti nostre, ha sempre costituito non
un semplice supporto all’azione politica, ma forse il suo principale
strumento), della rivista conserva qualche ambizione. Si tratta di rilanciare
l’impresa della riflessione teorica, almeno nelle intenzioni, programmatica.
Contribuire, mantenendo la consapevolezza dell’insufficienza dei nostri mezzi,
a riaprire un orizzonte complessivo. Non perché questo orizzonte sia bell’e
fatto, e pronto per essere riproposto: anzi, si tratta proprio di ripensarlo,
ben radicato nelle contingenze dell’attualità. Ci sembra urgente, però,
riaprire il rapporto, dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il
vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista
ricco di tensione progettuale.
Gli
interventi che presentiamo qui sono stati elaborati in gran parte prima della
pandemia COVID-19: proprio questa nuova contingenza globale – e l’apertura di
una crisi che si annuncia particolarmente dura e lunga – ci ha rafforzato nel
riproporre questa esigenza di legare analisi del presente e ricerca di
programma e di prospettiva. Dal mondo del lavoro alle istituzioni del welfare,
dalla sanità alla scuola, alle campagne per il reddito cosiddetto “di
quarantena”, sino a tutto il multiverso mutualistico che ha attraversato le
città, la crisi sanitaria è stato tutt’altro che un tempo sospeso di silenzio:
è stato essenzialmente un tempo di lotte. Lotte puntuali, e sicuramente
eterogenee, attraversate da soggettività impossibili da ricondurre a sintesi.
Allo stesso tempo però hanno indicato una direzione: la centralità della
riproduzione sociale, della vita e delle sue infrastrutture, come terreno di
lotta contro l’imperativo della riaffermazione delle condizioni del profitto e
dell’accumulazione. Significativamente, questo terreno di lotta è precisamente
quello indicato come prioritario, ormai da tempo, dall’affermazione su scala
globale dei movimenti femministi ed ecologisti. Un pluriverso segnato dalle
lotte, una indicazione precisa di direzione: momenti assembleari on line (un
buon esempio è lo spazio #ilmondocheverrà) hanno già espresso l’esigenza di elaborazione
comune, sperimentando una prima pratica di scrittura collettiva di un programma.
La posta in
gioco cui accenna questa diffusione di pratiche assembleari, non è però
semplicemente quella di rafforzare spazi comuni e di riflessione. Ancora
l’esperienza della pandemia l’ha fatto vedere bene: il moltiplicarsi delle
lotte è evidente. La domanda però che non si può eludere è come provare ad
esercitare potere. Anche qua, i movimenti femministi ed ecologisti hanno forse
già offerto un’indicazione chiave: si sono dati nella forma dello sciopero
globale. Hanno cioè provato a rispondere – e su una scala transnazionale – a
una domanda che non può essere aggirata: come possiamo incidere, come possiamo
far male al nemico. La “traduzione” globale dell’arma dello sciopero, nelle
forme dello sciopero sociale, indica come dentro i movimenti contemporanei, ci
si stia riappropriando della questione del potere: più in generale, rompendo le
trappole della riduzione a società civile e ad opinione pubblica, gli scioperi
globali hanno rimesso in agenda la questione della efficacia dell’azione dei
movimenti sociali.
Contropotere come potere diviso. Fuori dall’Uno. L’indicazione che Michel Foucault trasse dal
Sessantotto, dall’esperienza di rovesciamento radicale delle dinamiche di
potere che quell’evento aveva fatto irrompere, è che per porre produttivamente
la questione del potere occorre innanzitutto “tagliare la testa al re”: in
altre parole, sottoporre a critica la tradizione politica che legge il potere
dentro la grammatica della riduzione all’unità, della sovranità e dello stato.
Il potere va interrogato nella sua autonomia, nelle sue articolazioni
molteplici, nel suo distendersi attraversando la pluralità delle pratiche e
relazioni.
Allora:
interrogare il potere, come modo di porre la questione della riappropriazione
collettiva dell’efficacia dell’azione politica, richiede la rilettura di quei
concetti che hanno alluso a modalità di esercizio e di organizzazione del
potere che sfuggono alla riduzione moderna a comando/rappresentanza/stato.
Il contropotere è, quando appare nelle diverse genealogie che
qui proviamo a ricostruire, sempre potere al di fuori di questa coazione
all’unità: contropotere è, in prima battuta, potere diviso. Ce
ne sono le tracce nella tradizione del costituzionalismo, che contro la
riduzione all’unità “sovrana”, prova appunto a giocare l’idea di una divisione
dei poteri: vince però, su quel versante, la riconduzione dei poteri ad
un’ipotesi di equilibrio. Che è appunto quello che i processi contemporanei di
“decostituzionalizzazione” hanno radicalmente messo in discussione. Nella
tradizione marxista e rivoluzionaria, la figura del contropotere assume la
figura, ben più decisa, del dualismo di potere: il contropotere rompe l’unità
politica, e si costituisce come figura della transizione. È
evidente che rispetto a questa figura “classica” del contropotere, è difficile
oggi pensare qualsiasi semplice continuità: difficile immaginare il dualismo di
potere come una fase di uno sviluppo rivoluzionario lineare, come un
“passaggio” destinato ad essere superato definitivamente dalla sintesi rivoluzionaria.
estratto dall’editoriale del
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