di
Luciano Gallino
l’agenda
elettorale del professore bocconiano si guarda bene dal dover spiegare come
intenda coniugare l’annunciata fase2, quella della crescita e del rilancio
dell’economia, e la misura e i tempi prescritti per la riduzione del
debito pubblico italiano richiesti dal Trattato Europeo sulla Stabilità. Nella
fattispecie l’art. 4, punto 2, comma c, prescrive delle condizioni capestro che
se rispettate provocherebbero –come dice Gallino- “una generazione o due
di miseria per l’intero Paese”. Ma anche il centrosinistra dovrebbe spiegarci
le compatibilità del suo programma di crescita e sviluppo economico con il
mantenimento degli impegni assunti con l’Europa, ricordandosi di avere già
approvato la ratifica parlamentare del Trattato sulla stabilità in questione
di Fabio Milazzo
“nella
storia dell’economia-mondo capitalista, i lunghi periodi di crisi,
ristrutturazione e riorganizzazione- in breve, di cambiamento discontinuo- sono
stati molto più comuni dei brevi momenti di espansione generalizzata lungo un
ben definito percorso di sviluppo”. Lo stato di crisi della società capitalista
è una sorta di condizione permanente, ovvero una costante che secondo Arrighi
si manifesta come un “eterno ritorno” che -in particolare nella storia del XX
secolo- ha accompagnato lo sviluppo del capitale. Su questa costante ci sembra
opportuno rimarcare l’influenza decisiva della lotta di classe. L’eterno
ritorno della crisi non va infatti inteso semplicemente come causalità di
quelle sproporzioni cicliche oggettuali riequilibrabili "naturalmente"
dalla legge di mercato. La crisi è stata ed è agita dalla conflittualità
sociale dentro il rivolgimento autovalorizzante della soggettività antagonista
nel corso dei suoi processi di scomposizione-ricomposizione. L’adozione
dell’accumulazione flessibile, i cui esperimenti ristrutturanti hanno avuto
inizio dalla fine degli anni 70, è stata la risposta su cui la nuova
razionalizzazione capitalistica ha giocato la partita per eternizzare
lo status dominante, sottraendosi così dalla morsa del conflitto innervato
nella produzione materiale dell’era fordista. La flessibilità è stata quindi la
soluzione immaginata dal sistema di accumulazione oltre la legge del
valore. Come dice David Harvey, si tratta di un nuovo regime che “gli attori
politico-finanziari hanno escogitato per oltrepassare le rigidità di una crisi
strutturale che rischiava di far collassare un certo ‘ordine delle cose’ ”
Ugo
Marani e Nicola Ostuni
gli
autori presentano un’analisi sulle mutazioni storiche della dinamica debitoria
tra lo Stato e i suoi cittadini nella doppia veste di contribuente/creditore,
partendo dall’evoluzione del rapporto fra Sovrano e Suddito, passaggio questo
che contrassegna il trasferimento del carico delle garanzie sul debito sovrano
dal monarca ai sudditi-contribuenti: "il re non offre più garanzie
personali, ma, in favore di ciascun singolo banchiere-garante, impegna
specifiche entrate dello stato”. Tuttavia fino a quando il debito statale
veniva contratto con i propri cittadini-creditori i saldi di bilancio, mediante
l’azione della leva fiscale sui cittadini-contribuenti, potevano mantenersi
invariati, giacché coloro che percepivano una rendita più alta venivano colpiti
da una tassazione aggiuntiva: “Introiti ed esborsi non sono altro che una
partita di giro per i medesimi soggetti” (così come avviene ancora attualmente
in Giappone, dove è fatto espresso divieto di contrarre il debito sovrano con
creditori esteri. Per la cronaca ricordiamo che il debito pubblico nipponico è
pressoché il doppio dell’Italia, eppure non c’è spread che tenga nel paese del
Sol Levante). Nella determinazione storica in corso, dove la gran parte del
debito pubblico nostrano è detenuto per la maggior parte da creditori-banchieri
esteri “L’incremento dello spread e della sottoscrizione esterna
rimane, quindi, un meccanismo, nell’ossessione del pareggio del disavanzo
pubblico, doppiamente vessatorio: per i cittadini residenti che non detengono
titoli la partita di giro interna è a duplice saldo negativo – introiti da
cedola nulli ma tassazione negativa - sia rispetto ai detentori nazionali di
titoli sia rispetto a quelli esteri”
di
RADIO UNINOMADE
“mi sembra che in Europa si riproduce la
situazione di crisi di governabilità statunitense. Quello che succede in
Italia, almeno visto da fuori, sembrerebbe confermare questa impossibilità di
formare un governo che sia all’altezza della situazione. Anche questa
strutturalità della crisi della governamentalità è uno degli aspetti di questa
fase che stiamo attraversando, con tutti i problemi che restano sul tappeto,
perché comunque il reddito reale sta diminuendo, la disoccupazione – sempre parlando
dell’Europa – sta aumentando, si sta cronicizzando in un modo spaventoso. C’è
distruzione di capitale, proprio nel senso classico della crisi, di know-how,
di capacità di innovazione”
Questo non è un manifesto
di Nicolas Martino
nel segnalare il pamphlet di 112 pagine pubblicato da Michael Hardt e Antonio Negri, per i tipi della Feltrinelli (2012), proponiamo la breve recensione che ne porta il titolo apparsa su alfabeta2 e la presentazione del libro estratta dalle pagine online del sito dell’editore
Una recensione su David Harvey
di Redazione Connessioni
La crisi, per Harvey, è definita come una condizione dove c'è un eccesso di capitale che non è capace di trovare opportunità di re-investimento profittevoli. Se la crescita non riprende, allora il capitale sovra-accumulato è distrutto, per permettere alla accumulazione di ricominciare. La crisi è vista dall'autore come un processo di aggiustamento strutturale che razionalizza le contraddizioni del capitalismo
Insistiamo: la critica della costituzione è necessaria
di Collettivo Uninomade
Quando diciamo che la Costituzione del 1948 è esangue e non restaurabile, ci trattano da nemici della patria. Recitate un De Profundis non solo di quella Carta ma della democrazia, ci ripetono. Davvero? Non sarà invece che proprio attorno al ripetersi di quelle difese (ormai puramente ideologiche) si consuma quel po’ di democrazia che resta in Italia?
Acciaio, servizi locali, finanza: il degrado del sistema Italia
di Vincenzo Comito
L’accaieria Ilva, la multiutility Hera, la Cassa Depositi e Prestiti hanno in comune una deriva pericolosa nei rapporti tra grandi imprese e territori in cui operano, tra potere economico e potere politico. Promemoria per una nuova politica industriale
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