sabato 15 settembre 2012

Logistica e circolazione delle merci, come linee tendenziali di sviluppo strategico del capitalismo italiano. Introduzione

di CSA Vittoria

partendo dalla narrazione delle lotte condotte in questi anni dalle cooperative della logistica che operano nella rete di circolazione delle merci, vertenze dentro le quali è stato impegnato il Centro Sociale Autogestito Vittoria di Milano, il contributo esamina le coordinate strategiche e la valenza del settore della logistica, dei trasporti, delle comunicazioni nel sistema produttivo paese, un’analisi che tenta di declinare le ragioni del conflitto nel comparto in antitesi  al ragionamento concertativo politico-sindacale
Per uscire dalla crisi che ha colpito il sistema di produzione capitalista negli anni '70 e per il conseguente rilancio di un nuovo ciclo di valorizzazione (e di accumulazione dei profitti), diverse e articolate sono state le misure adottate dal capitale che si sono, in estrema sintesi, mosse lungo due direttrici di massima: in primis, l'esternalizzazione e lo snellimento della produzione nonché l'implementazione del ricorso agli strumenti offerti dalla finanza e, poi, la deregolamentazione del mercato del lavoro (e la conseguente precarizzazione dei rapporti di lavoro) e la compressione dei salari.
Da un lato, infatti, pur mantenendo e conservando una forma fortemente centralizzata del comando negli stati a capitalismo avanzato, si sono sfruttate e create intere filiere transnazionali alla costante ricerca di luoghi ove produrre a costi inferiori (e con maggiori profitti) rispetto a quelli di origine, in virtù soprattutto dello sfruttamento di amplissimi bacini di forza lavoro senza diritto alcuno, né sindacalizzazione e con salari miserevoli (nonché di un esercito di riserva potenzialmente illimitato).
Riduzione dei costi del lavoro e snellimento della produzione (con esternalizzazione degli ulteriori “costi di gestione” della forza lavoro) perseguiti, in un contesto di ricerca continua di flessibilità, anche riducendo le dimensioni delle imprese non delocalizzatesi in altri territori attraverso appalti e sub-appalti o cessioni di interi rami.
Ciò con l'ulteriore obiettivo politico, di non secondaria importanza, di riuscire a disgregare e indebolire la classe operaia (e l'ampio movimento rivoluzionario che ha espresso) che, nel centro capitalista sempre in quegli anni (e soprattutto in Italia), aveva posto all'ordine del giorno l'alternativa sistemica conquistando nel contempo diritti e condizioni salariali fino ad allora impensabili, rappresentandosi quale vera e propria variabile indipendente rispetto alla produzione (e quindi all'antagonista di classe).
Questo rinnovato processo di accumulazione è stato poi alimentato da nuove possibilità di profitti “drogati” su scala mondiale, non più reinvestiti nella produzione sempre più delocalizzata (né tantomeno redistribuiti al lavoro), tanto di origine eminentemente finanziaria e speculativa quanto quale diretta conseguenza della creazione di un sistema di credito, che ha permesso di sopperire alla carenza di domanda indotta dall'imposizione di bassi salari, che ha costretto all'indebitamento milioni di lavoratori liberando denaro per la rendita e il capitale.
Dall'altro lato, come detto sempre con la medesima finalità, si sono progressivamente sgretolate le garanzie contrattuali e salariali conquistate dai lavoratori nel corso del ciclo di lotte degli anni '60 e '70 del secolo scorso.
Un processo lungo, e di cui non si vede ancora la fine compiuta, ma che è stato – e tutt'ora viene – perseguito con scientifica meticolosità da parte di tutti governi che si sono succeduti in questi ultimi trent'anni (dietro espresso impulso delle rappresentanze padronali) e che sta modificando strutturalmente dalle fondamenta le regole che disciplinano il mercato del lavoro. Tale operazione è stata avallata e sostenuta dalle centrali del sindacalismo confederale che, per il tramite della concertazione, hanno permesso lo smantellamento in corso sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici solo formalmente rappresentati.
Un processo che è il frutto, materiale e ideologico, della feroce guerra di classe dichiarata e condotta dal padronato e che ora, con Monti e Fornero, ha prodotto una controriforma che mira nella sostanza a flessibilizzare totalmente la forza lavoro in entrata e in uscita riportando così le “lancette dell'orologio” ai tempi in cui il lavoro era senza tutela alcuna.
Questa ulteriore tappa non può essere poi in alcun modo separata dalle ulteriori misure (privatizzazioni e riduzione delle spese sociali, aumenti delle tariffe dei servizi, ecc.) che hanno colpito, e colpiscono, il salario (indiretto) dei lavoratori da consegnare alle imprese e al grande capitale finanziario.
Questa introduzione, che ne descrive la genesi e la formazione, è resa necessaria per un corretto inquadramento del nuovo ruolo assunto dalla struttura dell'economia italiana nel contesto mondiale.

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