sabato 11 febbraio 2012

Dal forno di Manzoni ai nuovi movimenti anti-crisi

di Mario Minarda


Creare è resistere. Resistere è creare
Stèphane Hessel, Indignatevi!


Nel dodicesimo capitolo dei Promessi sposi si assiste al noto episodio dell’assalto al «forno delle grucce», in cui, nel giorno di San Martino del 1628, la popolazione cittadina del comune di Milano, stremata per le condizioni di vita e soprattutto per il rincaro del prezzo del pane, si auto-organizza in «crocchi» spontanei e prende di mira i forni della città, creando scompiglio e devastazione. Il tumulto coglie di sorpresa persino lo stesso Renzo, sopraggiunto nel capoluogo lombardo dalle campagne circostanti. Già l’incipit del capitolo palesa un atto di realtà inequivocabile, ovvero uno stato di crisi cogente in cui si sprofonda senza scampo alcuno, come denuncia l’aggettivo («Era quello il secondo anno di raccolta scarsa»). Nel preambolo che apre la vicenda e immette il lettore nel vivo dei fatti successivi, il narratore esterno cerca di spiegare quindi,con precisa e al contempo stringente risoluzione, tutte le cause della crisi agraria in apparenza sopraggiunta all’improvviso. In realtà essa, definita come «una repentina esacerbazione di un mal cronico», è frutto di un vulnus che proviene da lontano, e che è da addebitare sia alla ovvia carestia dei raccolti, sia alla condotta spesso imprudente degli uomini, oltre che allo «sperperìo della guerra». Conseguenza immediata della penuria sono gli atteggiamenti di sconforto da parte della popolazione, alimentati a loro volta dall’ondivaga opinione pubblica e da «supposizioni che non stanno né in cielo, né in terra», ma che «lusingano ad un tempo la collera e la speranza». E proprio la rabbia esplode in maniera esplicita allorquando un clima di grave ristagno politico spinge verso provvedimenti estremi quali appunto un nuovo rincaro dei prezzi, imposto da una giunta tecnica di magistrati, decisa a non scontentare nessuno. La rivolta divampa ugualmente ed è preparata da tutta una fitta congerie di umori e sentimenti che serpeggiano tra la gente, creando intricati veicoli di comunicazione. I rumores popolari mutano ben presto la parola sediziosa in azione violenta e disperata. «La persuasione e la passione»,scrive l’autore, cioè, l’eccitazione e l’accorato senso collettivo contro l’ingiustizia virano in un baleno verso la sovversione drastica.  Il volto della protesta emerge così in tutta la sua vibrante spontaneità, inglobata nei colori vivaci della folla in movimento e rappresentata nella teatrale pagina manzoniana attraverso l’uso di efficaci metafore acquatiche («l’acqua si andava intorbidando»; «spinti anch’essi da altri come flutti da flutti»; «egli fendeva l’onda del popolo», ecc.). Il momento culmine poi, dell’appropriazione indebita del pane da parte della gente affamata, somiglia ad una irrigazione di canali mal controllata, o piuttosto ad una cieca caccia furiosa:
Il furore accrebbe le forze della moltitudine: la porta fu sfondata, l’inferriate, svelte; e il torrente penetrò per tutti i varchi. (…) La vista della preda fece dimenticare ai vincitori i disegni di vendette sanguinose. Si slanciano ai cassoni; il pane è messo a ruba. (…) La folla si sparge ne’magazzini. Metton mano ai sacchi, li strascinano, li rovesciano(…) chi va, chi viene: uomini, donne, fanciulli,spinte, rispinte, urli, e un bianco polverìo che per tutto si posa, per tutto si solleva, e tutto svela e annebbia. Di fuori una calca composta di due processioni opposte, che si rompono e s’intralciano a vicenda, di chi esce con la preda, e di chi vuol entrare  a farne.



Il brano appena illustrato rappresenta forse uno dei più pittoreschi e grandi espropri ‘proletari’ di tutta la letteratura italiana moderna, e alcuni aspetti del capitolo in questione, (come l’indignazione del popolo, la sua clamorosa dimostrazione contro provvedimenti governativi giudicati iniqui) potrebbero alludere anche a certe situazioni di protesta interne alla nostra attuale crisi economico-finanziaria. 
Adottando lo specchio della letteratura come importante mezzo metaforico per leggere la realtà e le cose, e trasponendo ai nostri giorni, è singolare notare come eventi di cronaca recente, quali facili licenziamenti, governi tecnici di emergenza, improvvise manifestazioni di massa confermino le immagini letterarie contenute nei libri (mettendoci in guardia «sugli scrupoli della fantasia», per dirla con Pirandello) e propongano una lettura  drammatica del reale.  Cominciamo dai fatti riportati sui giornali. Proprio in Lombardia , il quotidiano «La Repubblica», nella sua edizione milanese informava in data 22 novembre 2011 a proposito della seguente notizia:
Una cinquantina di operai licenziati da Innova Service, l'azienda che gestisce le portinerie sull'area dell'ex Alfa Romeo di Arese, hanno organizzato un presidio all'interno di un supermercato Iper in piazzale Accursio a Milano. Sono entrati e hanno riempito i carrelli della spesa con generi alimentari, mentre alcuni colleghi si sono radunati fuori dai cancelli con bandiere e striscioni. "Chiediamo di uscire dal supermercato con i carrelli pieni - ha spiegato Corrado Delle Donne, coordinatore dello Slai-Cobas - perché i lavoratori hanno bisogno di mangiare. E' un gesto dimostrativo per chiedere che i dipendenti che hanno perso il posto vengano ricollocati sull'area.
Ancora più recentemente, a Bologna, lunedì 19 dicembre 2011, avveniva uno shopping natalizio a dir poco sui generis. Gli ex-occupanti del cinema Arcobaleno nel pomeriggio si sono presentati alle casse del supermercato Coop del centro commerciale Meraville chiedendo uno sconto simbolico del 23‰. Hanno inoltre inondato le casse di finti sconti, generando confusione e parapiglia.
 Domenica 18 dicembre a Palermo, gli studenti dello studentato autogestito Anomalia sono stati protagonisti di alcuni blitz nei negozi del centro storico cittadino, dove, vestiti da babbo natale, distribuivano ai passanti pacchetti vuoti sulla cui etichetta erano scritte le varie misure facenti parte dell’ultima manovra finanziaria del governo dei super tecnici presieduto da Monti, come l’aumento dell’i.v.a., la nuova tassa sulla prima casa, l’aumento di prezzo del carburante ecc. Ancora: in Sicilia il movimento degli autotrasportatori e degli impiegati nel settore agricolo (il cosìdetto “movimento dei Forconi”solo in apparenza a-partitico e a-politico) organizzano blocchi nelle autostrade, nelle stazioni ferroviarie, in vari punti nevralgici causando il mancato approvvigionamento del carburante e delle forniture alimentari di prima necessità. Tutto ciò potrebbe incrementare alla lunga un nuovo rincaro dei prezzi (vista la scarsità dei prodotti in circolazione) nonché numerose ribellioni a catena, anche da parte dei comuni cittadini semplici consumatori.
Dall’assalto dei forni a  quello dei supermercati dunque; dalla fragranza del pane all’odore dei soldi, passando per le piazze, le fabbriche, le navi, i camion e le banche. Il tutto mentre l’Italia fa i conti con la fredda morsa dei licenziamenti collettivi: dagli operai della FIAT di Termini Imerese, ai lavoratori delle ferrovie dello stato e dei cantieri navali. Tuttavia i modi e le forme della ribellione attuale in Italia più che avere i caratteri di spontaneismo e praticità (come i cittadini inferociti ritratti da Manzoni, meno organizzati e fantasiosi forse, ma di certo più concreti ed efficaci) sembrano assumere paradigmi simbolici che vengono da lontano. Il «Movimento 15 M» in Spagna, meglio noto come movimento degli “Indignados”, e il movimento “Occupy Wall street” negli Stati Uniti d’America (nato nelle contestazioni svoltesi a Zuccotti Park,presso New York con grande risonanza e ridondanza mediatica) si ispirano con buona probabilità alle teorie morali espresse nel libro-manifesto di Stèphane Hessel, Indignez-vous!
In Italia, come sempre, tutto arriva in arci-ritardo, direbbe il Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie, e in maniera distorta (vedi Manifestazione nazionale degli indignati italiani a Roma, il 15 Ottobre scorso…); e nonostante ciò non manca neppure nel nostro paese una adeguata letteratura di riferimento a questi ‘fenomeni’. Sia Luciana Castellina infatti, storica redattrice de «il manifesto», sia Pietro Ingrao, indiscusso leader di ferro del vecchio PCI,  hanno risposto volentieri al saggio del collega partigiano francese rispettivamente con Ribelliamoci. L’alternativa va costruita e Indignarsi non basta, pubblicati entrambi nel 2011 per la casa editrice Aliberti. Questi autori si preoccupano sì di denunciare il problema diagnosticando la malattia, ma esortano anche alla cura indicando per bene la prognosi.
Se però lo stesso Hessel scrive che «l’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze create dal mondo del lavoro prevalere sul potere del denaro» si capisce come l’obiettivo centrale, il bersaglio delle ‘nuove’(si fa per dire, a questo punto) rivendicazioni sia la giustizia sociale, la sicurezza del lavoro e sul lavoro, il contratto non precario, i fondi e gli spazi per l’editoria, l’apertura (anche serale) delle biblioteche, la ricerca e la scuola pubblica. Spazi di reale democrazia diretta e partecipata. Modi, forme e soluzioni per combattere la crisi (o le crisi) dall’interno delle nervature della società civile, con più consapevole spirito critico.
Ecco: questo sembrerebbe il nuovo pane tradotto in termini moderni; il nuovo cibo di cui abbiamo urgentemente bisogno; questa è la fame contemporanea. Qualcosa di immateriale forse, ma che ha, o dovrebbe avere, più consistenza almeno nella forza delle idee, nel coraggio delle pretese per i più elementari diritti civili e costituzionali, nella coerenza degli impegni sociali da condividere in maniera più larga possibile. Exit strategies alternative all’impostura (altra parola manzoniana, non a caso) giuridica, legislativa o ‘tecnica’ che sia, mascherata da libertà, da equità o da lacrime ‘sacrificali’ provenienti dai dicasteri, ahimè sempre più lontani, dell’istituzione.