venerdì 23 dicembre 2011

Indebitamento studentesco di importazione USA

di Gennaro Giorgione (Facoltà di Sociologia, Urbino)


Oggi gli studenti universitari italiani lo possono fare: studiare e specializzarsi senza ostacoli
conomici. Finalmente il sogno democratico e americano di studiare e conseguire un titolo di studio universitario si concretizza nelle mani di ogni giovane. Ognuno può aspirare a costruirsi una carriera professionale, sebbene tuo padre è disoccupato e tua madre è casalinga o sebbene tutti e due non arrivano alla quarta settimana del mese. La prassi è semplice, basta recarsi in una banca e chiedere un prestito finanziario per studiare.
Ma tutto ciò, più che rallegrare fa scender le lacrime. Un’altra bolla sta per esplodere negli Stati Uniti.
In America, per tali motivi gli studenti hanno contratto un debito da quasi mille miliardi di dollari. La somma dei debiti accumulati per l’iscrizione ai corsi universitari ha superato le carte di credito come maggior fonte di debito del Paese.
Nel sistema accademico americano, come in molti altri Paesi, le tasse universitarie sono molto alte e salgono col crescere della qualità dell’insegnamento. Per questo, ottenuta l’ammissione al college, gli studenti iscritti contraggono un mutuo per pagare le rette, consapevoli poi che l’istruzione universitari garantirà loro un lavoro abbastanza remunerativo da poterlo estinguere nel giro di pochi anni, una volta ottenuta la laurea. Ma questo meccanismo funziona così solo sulla carta, e la contrazione dell’economia e del mercato del lavoro negli USA ha molto complicato le cose. Una laurea non è più garanzia di occupazione, tanto meno di un’occupazione soddisfacente e redditizia e i tassi d’interesse dei mutui diventano sempre più difficili da sostenere.
La mancanza di opportunità lavorative causa un prolungamento del percorso formativo nei costosi atenei. I neolaureati frequentano ulteriori corsi, si specializzano sempre di più, entrando in un’aspettativa perenne, ma indebitandosi progressivamente, anche perché nonostante la crisi le rette universitarie aumentano invece di diminuire.
Se c’è un’esagitazione per assicurarsi i prestigiosi laureati delle università dell’East Coast, questo non accade per gli atenei meno ambiti, che peraltro impongono tasse come quelle di Harvard. A questa situazione si ricollegano i prestiti fatti a studenti di basa estrazione sociale, quindi si mischiano scarsa capacità iniziale di rimpinguare il debito e scarse prospettive di essere assunti. In pratica è lo stesso meccanismo dei subprime che scatenarono la crisi del 2007.
In questo quadro, i dati registrano un aumento delle tasse universitarie di 650 punti più dell’inflazione. La bolla immobiliare USA è stata solo 50 punti in più rispetto all’indice dei prezzi al consumo. Ma la cosa più denigrante è che al di fuori del mercato gonfiato della finanza i salari dei laureati sono rimasti fermi o addirittura diminuiti. I neolaureati saranno i primi bersagli della disoccupazione e il responso recita che la generazione più indebitata della storia americana non trova un lavoro che le permetta di estinguere i suoi debiti. E’ come se si creasse una sorta di circolo vizioso nel quale uomini della finanza continuano a concedere somme a cinque zeri a giovani che vanno incontro a uno dei tassi di disoccupazione più alti degli ultimi decenni e a un mercato del lavoro globale sempre più competitivo.
Nel caso della bolla immobiliare, le banche si sentivano protette perché potevano trasformare i prestiti a rischio in titoli garantiti dai mutui ipotecari, facili da vendere in un mercato convinto che i prezzi potessero solo salire. Distribuendo il rischio le banche riuscivano a convincere le agenzie di rating che i loro prodotti finanziari erano sicuri. Ovviamente non lo erano, ma considerata la macchina capitalista americana, costruita per monetizzare anche i destini umani, nel settore dell’istruzione quei prodotti esistono ancora. I nuovi servizi mutuali ad hoc si presentano negli States con diciture come: “Student loan asset backed Securities” o “Slubs”.
Cosa succede in Italia?


Una pratica di prestito tutta italiana prende d’esempio Banca Marche e ciò che sta offrendo agli studenti dell’Università di Urbino “Carlo Bo”. Tale offerta è incentrata sul prestito d’onore, denominato sarcasticamente “Magna Charta”.
Le quote in questione arrivano a un totale di 36000 euro, rimborsabili in un massimo di 84 mesi, sull’onore. Esse sono finalizzate a sostenere le spese di formazione per gli iscritti al biennio della laurea magistrale o specialistica, al dottorato di ricerca, al master o corso di specializzazione, agli ultimi due anni di una laurea a ciclo unico e agli ultimi due di una scuola di specializzazione postlaurea triennale.
Il prestito è concesso sull’onore, ovvero senza la presenza di alcuna garanzia accessoria, anche se la richiesta del prestito rimane comunque soggetta alla valutazione della banca. L’apertura del credito consta poi di un primo periodo di “erogazione”, in cui l’affidamento si incrementa automaticamente e un secondo periodo di “mantenimento”, in cui l’affidamento rimane costante, in due anni fissi, al massimo della quota concessa. Infine c’è un ultimo periodo, detto di “rimborso”, con l’affidamento che decresce automaticamente in cinque anni fissi fino ad azzerarsi.
La durata massima del prestito si articola in nove anni, con un importo erogato che non può essere superiore ai 6000 euro annui (12000 per i dottorandi) per tutte le tipologie di corso elencate.
Inoltre, per facilitarsi l’accesso al credito, Banca Marche ha stipulato convenzioni con altri enti formatori, come la LUISS “Guido Carli” di Roma, prevedendo forse che anche chi può permettersi un percorso di studio alquanto privilegiato faticherà ad andare avanti.
Così come negli Stati Uniti, le stesse problematiche socio-economiche si manifestano da tempo nel nostro sistema universitario. Lo sfasamento della connessione tra formazione e mondo del lavoro ha assunto livelli allarmanti, in uno scenario dove regna un drastico sfaldamento dell’istruzione universitaria pubblica, attaccata in modo smisurato dai tagli delle manovre economiche e dai giochi tecnocratici di rettori e figure esterne.
La campagna di Banca Marche per la pubblicizzazione del prestito fiduciario si ricollega tristemente a questa situazione, apparendo agli occhi degli studenti come un colpo basso. La banca, una volta fiutata la possibilità di far cassa, non esita, nel caso dell’ateneo urbinate, a costruirsi un’immagine che in cui appare meschinamente vicina alle esigenze degli studenti. Gli stessi che in questo ateneo pagano in tasse molto più del dovuto.
I falsi slogan di convenienza non si fanno attendere: “Finanziamenti pensati appositamente per sostenere i giovani che investono nel proprio futuro”, o ancora “L’ideale per lo studente che desidera affrontare il proprio percorso formativo senza pesare eccessivamente sul bilancio familiare. Entrare in modo non affrettato nel mondo del lavoro”.
È inutile e non affatto convincente rivolgersi agli studenti universitari in questa maniera, promettendo falsi traguardi e aprendo derive finanziarie e sociali molto preoccupanti in un paese come l’Italia, dove il fantasma dell’indebitamento studentesco è ancora sottaciuto.
Alle banche forse non interessano che gli studenti annaspino nel sistema del diritto allo studio e in welfare cittadino del tutto inesistenti ed espropriati dei loro principali obiettivi. Così chi non riesce a garantirsi una tranquilla formazione universitaria e qualora si affidasse a tali istituti di credito si ritroverebbe in una condizione di insolvenza crescente. L’indebitamento da prestito ha da tempo colonizzato vaste aree sociali e lo spettro del modello americano aleggia oramai sul diritto allo studio del nostro Paese.
È facile evincere che ora chi si affida ad una banca per completare gli studi ha una probabilità di trovare subito un impiego, che gli permetta di ripianare il prestito, ridotta ai minimi termini, il che farebbe prospettare allo studente anni di precariato misti ad un forte indebitamento. Banca Marche ad Urbino marcia su queste problematiche, con servizi mutuali che sfruttano la permanenza forzata, oltre la media europea, nei disparati corsi specializzanti post-laurea. Il nuovo modello italiano di diritto allo studio sta prendendo forma: da oggi puoi aprirti un mutuo per iscriverti alla specialistica.