Elisabetta Ambrosi
consentire ad uomini e donne di vivere un’esistenza meno sotto ricatto, meno miserevole, meno disperata
Basta con la dipendenza dal partner o dalla famiglia di origine
"con tutti i significati che questa dipendenza comporta"
La forza del reddito di cittadinanza sta nel suo carattere universalistico: uno “zoccolo” di base per tutti, che sostenga chi non ha alcun reddito, ma anche chi lavora e non guadagna abbastanza a causa di stipendi bassi e ormai sempre più precari e saltuari. Non fa differenze tra giovani e anziani, sposati e non sposati, maschi e femmine: il reddito di cittadinanza è per tutti, il che significa che tutti possono contare su di esso come strada per tentare, ad esempio, un cambio di lavoro senza finire nella povertà, o crescere dei figli riuscendo a garantire loro una vita buona, con i giochi e gli strumenti di cui i bambini hanno naturalmente bisogno. Ma l’universalità del reddito di cittadinanza non gli impedisce di andare a colmare alcuni divari specifici, cioè di intervenire laddove ci siano ingiustizie e dislivelli profondi: ad esempio, ancora oggi, specialmente in Italia, quelli di genere, tra uomo e donna. In questo senso, il reddito di cittadinanza si configura come uno strumento formidabile per rendere le donne un po’ più uguali agli uomini. E dunque più libere di fare scelte consone ai loro desideri e aspirazioni, cosa che oggi non avviene, visto che le donne del nostro paese, come indicano molte statistiche sulla felicità del genere femminile nei singoli paesi, sono tra le ultime nella scala della soddisfazione delle singole vite.
[...] Il reddito di cittadinanza è l’unico strumento che consenta di raggiungere questo obiettivo. Riuscendo al tempo stesso a rendere uomini e donne più eguali. E soprattutto a far sì che queste ultime, in un paese ancora nascostamente cattocomunista ma senza più alcuna protezione sociale né welfare solidaristico che quella visione portava con sé, considerevolmente più libere. E molto meno infelici.
estratto da Bin-Italia