Oggi gli studenti universitari italiani lo possono fare: studiare e specializzarsi senza ostacoli
conomici. Finalmente il sogno democratico e americano di studiare e conseguire un titolo di studio universitario si concretizza nelle mani di ogni giovane. Ognuno può aspirare a costruirsi una carriera professionale, sebbene tuo padre è disoccupato e tua madre è casalinga o sebbene tutti e due non arrivano alla quarta settimana del mese. La prassi è semplice, basta recarsi in una banca e chiedere un prestito finanziario per studiare.
Ma tutto ciò, più che rallegrare fa scender le lacrime. Un’altra bolla sta per esplodere negli Stati Uniti.
In America, per tali motivi gli studenti hanno contratto un debito da quasi mille miliardi di dollari. La somma dei debiti accumulati per l’iscrizione ai corsi universitari ha superato le carte di credito come maggior fonte di debito del Paese.
Nel sistema accademico americano, come in molti altri Paesi, le tasse universitarie sono molto alte e salgono col crescere della qualità dell’insegnamento. Per questo, ottenuta l’ammissione al college, gli studenti iscritti contraggono un mutuo per pagare le rette, consapevoli poi che l’istruzione universitari garantirà loro un lavoro abbastanza remunerativo da poterlo estinguere nel giro di pochi anni, una volta ottenuta la laurea. Ma questo meccanismo funziona così solo sulla carta, e la contrazione dell’economia e del mercato del lavoro negli USA ha molto complicato le cose. Una laurea non è più garanzia di occupazione, tanto meno di un’occupazione soddisfacente e redditizia e i tassi d’interesse dei mutui diventano sempre più difficili da sostenere.
La mancanza di opportunità lavorative causa un prolungamento del percorso formativo nei costosi atenei. I neolaureati frequentano ulteriori corsi, si specializzano sempre di più, entrando in un’aspettativa perenne, ma indebitandosi progressivamente, anche perché nonostante la crisi le rette universitarie aumentano invece di diminuire.
Se c’è un’esagitazione per assicurarsi i prestigiosi laureati delle università dell’East Coast, questo non accade per gli atenei meno ambiti, che peraltro impongono tasse come quelle di Harvard. A questa situazione si ricollegano i prestiti fatti a studenti di basa estrazione sociale, quindi si mischiano scarsa capacità iniziale di rimpinguare il debito e scarse prospettive di essere assunti. In pratica è lo stesso meccanismo dei subprime che scatenarono la crisi del 2007.
In questo quadro, i dati registrano un aumento delle tasse universitarie di 650 punti più dell’inflazione. La bolla immobiliare USA è stata solo 50 punti in più rispetto all’indice dei prezzi al consumo. Ma la cosa più denigrante è che al di fuori del mercato gonfiato della finanza i salari dei laureati sono rimasti fermi o addirittura diminuiti. I neolaureati saranno i primi bersagli della disoccupazione e il responso recita che la generazione più indebitata della storia americana non trova un lavoro che le permetta di estinguere i suoi debiti. E’ come se si creasse una sorta di circolo vizioso nel quale uomini della finanza continuano a concedere somme a cinque zeri a giovani che vanno incontro a uno dei tassi di disoccupazione più alti degli ultimi decenni e a un mercato del lavoro globale sempre più competitivo.
Nel caso della bolla immobiliare, le banche si sentivano protette perché potevano trasformare i prestiti a rischio in titoli garantiti dai mutui ipotecari, facili da vendere in un mercato convinto che i prezzi potessero solo salire. Distribuendo il rischio le banche riuscivano a convincere le agenzie di rating che i loro prodotti finanziari erano sicuri. Ovviamente non lo erano, ma considerata la macchina capitalista americana, costruita per monetizzare anche i destini umani, nel settore dell’istruzione quei prodotti esistono ancora. I nuovi servizi mutuali ad hoc si presentano negli States con diciture come: “Student loan asset backed Securities” o “Slubs”.
Cosa succede in Italia?